SCIENZA E RICERCA

La matematica? È per tutte

Il titolo è sobrio, ma chiaro: Gender similarities in the brain during mathematics Development. Significa non più e né meno che non ci sono differenze di genere nel cervello di ragazze e ragazzi nel corso dello sviluppo nel confrontarsi con i numeri. Femminucce e maschietti sono ugualmente abili in matematica, all’interno una variabilità che è assolutamente omogenea. 

A confermare la teoria della Gender Similarities Hypothesis – l’ipotesi della similarità di genere – sono le ricerche realizzate da tre studiose americane – Alyssa J. Kersey, Kelsey D. Csumitta e Jessica F. Cantlon – i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista inglese Nature. Le tre autrici hanno utilizzato la fMRI (functional magnetic resonance imaging) per “vedere” come si comporta il cervello di 104 bambini (55 femminucce e 49 maschietti) di età compresa fra i 3 e i 10 anni e hanno verificato che non ci sono differenze di genere nell’apprendimento e nell’uso della matematica. «I dati mostrano – scrivono le tre studiose – che le funzioni neurali connesse alla comprensione della matematica sono simili tra i generi e che i bambini in esame costituiscono un’unica popolazione eterogenea piuttosto che due gruppi distinti».

Se differenze si manifestano dopo e più maschietti si iscrivono a matematica e vincono la Medaglia Fields, esse non sono dovute a cause genetiche, ma a cause socioculturali. 

La ricerca realizzata da Alyssa J. Kersey, Kelsey D. Csumitta e Jessica F. Cantlon conferma ancora una volta un risultato atteso: il cervello di maschi e femmine non è diverso nella cognizione della matematica e delle scienze naturali. 

Ormai questa dovrebbe essere un’acquisizione generale. 

Quello che invece resta è un pregiudizio radicato in molti maschi, compresi non pochi ricercatori, secondo cui la creatività scientifica nell’ambito della matematica e delle scienze naturali è solo degli uomini. È scritto nei geni. Quelli maschili sono geni matematici, quelli femminili no. Le donne brave in matematica o in fisica o in chimica sarebbero una rara eccezione che conferma questa regola aurea.

In questo pregiudizio senza fondamento alcuno sono caduti e tuttora cadono molti scienziati maschi. Quando, per esempio, il grande fisico Max Planck accolse a Berlino l’austriaca Lise Meitner – eravamo all’inizio del Novecento – le disse con sincero affetto paterno: non illuderti, la fisica, in particolare quella teorica, è una faccenda da maschi. Tu potrai essere al massimo una discreta fisica sperimentale. Ma sarai comunque un’eccezione.  

La povera Lise Meitner dovette vedersela anche con un grande chimico, Emil Fischer, lì a Berlino, che le impedì a lungo di frequentare il suo istituto. Non voleva donne in laboratorio perché, diceva non senza sarcasmo, portano lunghi capelli facili a incendiarsi. Ma Fisher, finché ha potuto, non ha consentito alle donne neppure di registrarsi per seguire da semplici uditrici le sue lezioni: la chimica non è cosa da donne.

Lise Meitner ha smentito sia Max Planck che Emil Fischer, perché è diventata una grande fisica – è quella che ha spiegato il fenomeno della fissione nucleare ottenuta nel dicembre 1938 con un esperimento da lei progettato, anche se portato a termine da Otto Hahn e dal giovane Fritz Strassmann perché lei, ebrea, era dovuta fuggire rocambolescamente dalla Germania nazista – e ha lavorato fianco a fianco con un chimico. 

Il pregiudizio non appartiene solo al passato: dura anche ai nostri tempi. Nei primi anni del XXI secolo, per esempio, il rettore di una delle più importanti università del mondo, quella di Harvard, Lawrence Summers, ha affermato che le donne non hanno né possono avere le medesime abilità matematiche degli uomini. Ha dovuto dimettersi per le sue incaute affermazioni.

È notizia attualissima – e Il Bo Live ne ha parlato qualche giorno fa – il fatto che il fisico italiano Alessandro Strumia ha scritto un report per cercare di dimostrare che la fisica non è fatta per le donne. Una serie di esempi lo smentiscono in maniera persino clamorosa, a iniziare dal fatto che a dirigere il più grande laboratorio di fisica del mondo, il CERN di Ginevra, è stata confermata per la seconda volta una donna, Fabiola Gianotti. Nessuno aveva mai avuto questa opportunità. Ma, è vero, non è con gli aneddoti che su può fare scienza. Ecco, dunque, che con grande tempestività arriva il nuovo lavoro di Alyssa J. Kersey, Kelsey D. Csumitta e Jessica F. Cantlon a dimostrare che quelle di Planck o Fischer e quelle più recenti su Summers e Strumia sono affermazioni semplicemente sbagliate. La scienza è di e per tutti, a prescindere dal genere. 

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