Foto: yrjö jyske via Flickr (CC BY 2.0), particolare
Mare tra le terre, mare nostrum, gran crocevia delle vicende umane, specchio d’acqua che unisce tre continenti e infiniti mondi: “Il Mediterraneo – scrive Fernand Braudel – non si è mai rinchiuso nella propria storia, ma ne ha sempre rapidamente superato i confini”. “Il più dinamico luogo di interazione tra società diverse sulla faccia del pianeta” secondo David Abulafia, grazie alle sue sponde “abbastanza vicine da agevolare i contatti, ma abbastanza lontane da consentire lo sviluppo di società con caratteri diversi”.
Luogo centrale, fondativo della storia dell’umanità, eppure oggi spesso ridotto a nonluogo, terra di vacanzieri ma anche di profughi, “il cimitero più grande d’Europa” nelle parole di Papa Francesco. Trascurato, spesso ignorato nella sua grandezza e nelle sue peculiarità proprio da chi vive sulle sue sponde. Forse soprattutto per questo Egidio Ivetic, storico presso l’università di Padova, fieramente istriano e polese, ne traccia la storia nel suo ultimo libro: Il grande racconto del Mediterraneo (Il Mulino, 2022). Il volume segue in parte le tracce della precedente fortunata Storia dell'Adriatico, pubblicata tre anni prima (e vincitrice del prestigioso Premio per la Cultura Mediterranea e del Premio Galasso), allo stesso tempo differenziandosene.
Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Barbara Paknazar
Se infatti anche nell’ultima opera lo storico ci parla del mare come se fosse un personaggio storico, protagonista di una saga che dalle antiche ere geologiche arriva fino ai giorni nostri, ancora più forte in questo caso è l’intento di parlare davvero a tutti: spariscono dunque le note e si accentua il tono narrativo, quasi letterario del ‘racconto’, mentre grande spazio viene dato al ricco apparato di 260 immagini, in particolare di opere d’arte, che illustrano come questo mare nel corso dei secoli è stato visto e soprattutto sentito. Anche se a parlare alla fine è pur sempre uno storico, e sarebbe davvero superficiale catalogare il volume come opera meramente divulgativa.
“La grande questione oggi è come comunicare la storia, soprattutto quando come in questo caso si tratta un tema noto, apparentemente scontato ma in realtà misconosciuto e comunque sempre aperto a nuove riflessioni", spiega Ivetic a Il Bo Live. "Oltre quindi a studiare e a insegnare storia del Mediterraneo all'università di Padova – insegnamento che non ha molti omologhi in Italia, nonostante il nostro Paese sia come noto al centro del Mediterraneo – è importante anche partecipare alla vita culturale di questo mare, comprendere il contesto in cui viviamo. Certo il Mediterraneo può essere confine ma è anche qualcos'altro: su scala planetaria è il luogo con la storia più profonda accanto alla Cina o all'India, con una continuità e una sedimentazione culturale che oggi più che mai è importante comunicare”.
Mediterraneo luogo quindi della storia ma anche dell’anima, e non solo perché non lontano dalle sue sponde sono sorte e si sono diffuse le grandi religioni monoteiste. Tutto il mondo conosce il Mediterraneo e in qualche modo lo brama: per questo nell’Ottocento i Paesi del Nord Europa e dell’America si riempiono di edifici e di monumenti neoclassici, e sempre per questo in ambito anglosassone nasce nel secondo dopoguerra il mito della dieta mediterranea, per non parlare delle torme di turisti che ancora oggi scendono periodicamente verso i mari caldi e l’aria buona. “Pochi luoghi al mondo stimolano l’immaginazione come il Mediterraneo – continua Ivetic –. Il rito mediterraneo delle vacanze, che porta milioni di persone da Paesi diversi a vivere ogni anno fianco a fianco, ha in qualche modo contribuito a costruire la nostra stessa idea di Europa e di europei. Lo stesso discorso sulla cucina nasce anche come esigenza di vacanza, di fermarsi e di sospendere le cose: pensiamo solo al successo della pizza e del kebab nelle metropoli di tutto il mondo”.
Una sorta di desiderio misto a nostalgia che non maschera tutti i problemi che oggi riguardano questa parte di mondo, con un Medio Oriente periodicamente in fiamme, un Nord Africa che prova ancora a cercare una propria via verso la modernità e un’Europa del Sud perennemente ai margini rispetto a un centro che si è spostato a Bruxelles. Un Mare che oggi è più luogo di passaggio che fulcro, ma che comunque continua a suscitare appetiti soprattutto da parte di potenze extramediterranee. “Nonostante tutto l’Europa non ha una politica mediterranea: che io sappia neanche un commissario appositamente competente”, commenta amaro lo storico.
Eppure nulla riesce ad offuscare il fascino del cuore incandescente dell’unico continente afro-euro-asiatico, straordinaria “pianura fluida” che da secoli attrae e mescola come venti e correnti popoli, culture e tante storie, da quella di Odisseo a Paolo di Tarso. Perché, come scrive un altro grande mediterraneo e mediterraneista come Predrag Matvejević, "Il mare non lo scopriamo da soli e non lo guardiamo solo con i nostri occhi. Lo vediamo anche come lo hanno guardato gli altri, nelle immagini e nei racconti che ci hanno lasciato: veniamo a conoscerlo e lo riconosciamo al tempo stesso".