CULTURA
"Venezia e le epidemie": una storia dal passato raccontata al futuro

"Quello che colpisce è la politica sanitaria: efficace, di difesa e prevenzione nei confronti delle epidemie, sviluppata quando le conoscenze di medicina erano ben lontane da quelle a cui siamo abituati oggi. Venezia veniva considerata all'avanguardia proprio nella prevenzione e nel controllo delle epidemie. Era un punto di riferimento per tutto il Mediterraneo", spiega Egidio Ivetic, direttore dell'Istituto per la Storia della società e dello Stato veneziano della Fondazione Cini, docente di Storia moderna all’Università di Padova, curatore della sezione storica di Venezia e le epidemie, piccola ma significativa mostra allestita negli spazi della Biblioteca del Longhena della Fondazione Giorgio Cini, sull'isola veneziana di San Giorgio Maggiore. Testi rari e libri antichi, editti, disegni, carteggi, “fedi di sanità" sono stati accuratamente selezionati, attingendo dal patrimonio della Cini, e infine esposti per definire un essenziale e coerente percorso tematico dedicato al ruolo di Venezia come modello nella gestione delle pestilenze nel corso del tempo. "Oggi, dopo l’esperienza del Covid, noi capiamo meglio cosa poteva essere un'epidemia nel passato. Come avviene con le guerre, così con l'epidemia la società va su di giri perché deve affrontare un'emergenza. La normalità della vita quotidiana subisce una trasformazione, un'accelerazione".
Tra la metà del Trecento e la metà del Seicento le pestilenze colpiscono Venezia, l'Italia e le coste del Mediterraneo. Tre le principali: la peste del 1348-1349, quella del 1576-1577 e quella del 1630-1631. In laguna arriva anche l'epidemia del 1423 e, in generale, oltre alle ondate più devastanti, "dal 1348, con la peste nera, l’incidenza delle epidemie diventa quasi cronica: ogni due o tre anni, in Italia, se ne presenta una - commenta Ivetic -. La quarantena viene sperimentata dapprima in Dalmazia, ma Venezia la perfeziona portandola da trenta a quaranta giorni, mentre l’istituzione del lazzaretto è prettamente veneziana: un luogo di preventiva decontaminazione. Un processo normale nei luoghi di mare. Quando la situazione è sotto controllo, chi arriva a Venezia passa per il lazzaretto per avere la sicurezza di non essere infetto, quando scoppia una epidemia, invece, il lazzaretto diventa il luogo della morte". Nel testo redatto per la rivista Lettera da San Giorgio (n.52, 2025) della Cini, Ivetic presenta i numeri che rendono la gravità, l'impatto e il prezzo in termini di vite umane, stimando tra le 38 e le 70mila vittime su 120mila abitanti nel biennio 1348-1349 e ritenendo più attendibili i dati per il 1576-1577: secondo i Provveditori alla Sanità, 46.700 deceduti su una popolazione di 180mila abitanti. Nel 1630-1631 si calcolano circa 50mila morti su 140mila abitanti.
"Per la mostra ho preparato una cronologia delle pestilenze - spiega Ivetic a Il Bo Live -. Nel 1576 Venezia subisce il penultimo grande colpo, con picchi e code negli anni successivi. I veneziani fanno un voto e, alla fine dell’epidemia, costruiscono il Redentore per ringraziare della avvenuta guarigione. Poi attraversano un lunghissimo periodo di normalità, fino alla peste del 1630 di manzoniana memoria. Quando non ci sono emergenze, vuol dire che il sistema funziona. Questo vale per questioni militari, per la sicurezza e per la politica sanitaria [...] Nel 1630 il nord Italia è di nuovo colpito dalla peste, Venezia applica un controllo rigoroso ma la peste arriva con il Marchese de Strigis, diplomatico al servizio del duca di Mantova, in viaggio per Vienna: passa per Venezia e lì si comprende subito la gravità della situazione e si cerca di isolarlo, purtroppo senza riuscirci perché un falegname, entrato in contatto con de Strigis prima dell’isolamento, viene contagiato. Così si diffonde l'ultima grande pestilenza. Nei mesi autunnali, tra settembre e ottobre, i veneziani fanno un altro voto, questa volta alla Madonna della Salute. Dopo questa ondata, Venezia non verrà più colpita da pestilenze proprio perché il sistema funzionerà”. In altri luoghi e altre terre invece la peste tornerà ancora, nel Settecento, provocando molti morti: "In Francia, partendo da Marsiglia e poi in tutta la Provenza, a Messina e Reggio Calabria, in Dalmazia. Eppure, Venezia si salva, pur essendo un luogo aperto al mare, un approdo per moltissime persone, e pur essendo collegata con l'impero ottomano, dalla Dalmazia".

Joseph Heintz il Giovane, La processione del Redentore, Venezia, Museo Correr, inv. cl. I n. 2058. Foto M. De Fina © Archivio Fotografico - Fondazione Musei Civici di Venezia
Ritornando alla mostra, ai lati della sala della biblioteca, trovano posto teche che custodiscono libri antichi, aperti per mostrare pagine di particolare interesse, e documenti storici che raccontano pratiche passate ma non del tutto superate: le fedi di sanità ricordano i nostri Green Pass, certificazioni di avvenuta guarigione, una sorta di lasciapassare per riprendere la vita di tutti i giorni dopo la malattia e rientrare ufficialmente in società. "Oltre alle fedi di sanità, ci sono altri pezzi forti - racconta Ivetic -, penso alle terminazioni a stampa dei Provveditori alla Sanità, con le norme da seguire per evitare il contagio, e la carta del capitano Gabriel Rivanelli (Incombenze del Capitano Gabriel Rivanelli reggimento di Verona, come Direttore della Linea di Sanità nel Quarner in Istria, stesa nell'anno 1783 per il Fatal Morbo che affliggeva la Dalmazia. Venezia, 1783, Biblioteca Nazionale Marciana, ndr): una mappa di incredibile precisione, in cui si vede la punta dell'Istria con il blocco militare della costa mantenuto per un anno e mezzo con l’obiettivo di impedire la diffusione del contagio: la peste infatti si consuma solo intorno a Spalato. In questo senso, colpiscono l'efficienza e l'efficacia delle soluzioni applicate”. E gli abitanti? Quale la loro reazione di fronte a restrizioni e divieti? “La popolazione, che sa insorgere con forza per altre ragioni, per esempio legate alle restrizioni attuate per prevenire il contrabbando del tabacco, accetta invece le restrizioni durante le emergenze sanitarie: di fronte all'epidemia esiste collaborazione. Dopo le epidemie, per gratitudine, vengono erette chiese: la consapevolezza rispetto al pericolo non arriva dalla scolarizzazione ma dalla fede".

Incombenze del Capitano Gabriel Rivanelli, reggimento di Verona, come Direttore della Linea di Sanità nel Quarner in Istria, stesa nell'anno 1783 per il Fatal Morbo che affliggeva la Dalmazia. Venezia, 1783, Biblioteca Nazionale Marciana
Oltre alla selezione dei pezzi storici, la mostra propone l’installazione multimediale realizzata dallo studio camerAnebbia - collettivo milanese, cresciuto nel contesto di Studio Azzurro, formato da Lorenzo Sarti, Marco Barsottini e Matteo Tora Cellini - con l'intelligenza artificiale applicata ai dati storici di Venice Long Data, un progetto, quest'ultimo, nato dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Università Ca’ Foscari, con l’obiettivo di trasformare e migliorare l’accesso alle fonti archivistiche per offrire una visione integrata della storia e una lettura del presente attraverso il passato.
Sistemata in fondo alla sala, al centro, l'installazione sembra la conclusione del percorso espositivo ma è in realtà il punto di partenza, fondamentale per avviare l'indagine e giungere a una piena comprensione della storia e del tema specifico proposto. Partendo dai materiali digitalizzati del centro digitale ARCHiVe della Cini, attraverso ricostruzioni tridimensionali in altissima risoluzione, la video-installazione permette ai visitatori di sfogliare digitalmente i volumi ed entrare in mappe e dipinti presentati come pop-up virtuali. Una immersione nella società del passato.
Per approfondire il contributo di Venice Long Data, che applica i Big Data e la Scienza delle Reti agli archivi e ai documenti storici, abbiamo intervistato Alessandro Codello: fisico teorico, responsabile del progetto e ricercatore a Ca' Foscari, si muove in un territorio di indagine dinamico, dove convivono felicemente storia e scienza, con l'obiettivo di "esplorare il passato per creare scienza nuova, proiettandosi verso il futuro". Long Data e Archivio di Stato di Venezia (ASVe), con oltre un millennio di documenti: un incontro felice, è l'applicazione perfetta del progetto.
"I Long Data sono dati scritti prima dell'avvento dell'era digitale. Noi viviamo nell’era dei Big Data, in cui le grandi aziende registrano ogni singolo movimento, ogni singola azione che facciamo - spiega Codello -. I Big Data sono estesi, si tratta di una quantità immensa di dati, ma sono brevi, orizzontali, più andiamo indietro nel tempo e meno dati ci sono: se torniamo agli anni Novanta, questi iniziano a non esistere più. Al contrario, i Long Data vanno in profondità nel tempo ma sono in quantità minore, quindi sono più preziosi: tutte le modalità di analisi devono tener conto di questo aspetto”. Meno dati, più lontani nel tempo, più preziosi, “scritti in altri tempi, in altre lingue, da altre società. Esplorano il passato e una nuova categoria di dati di cui l’Italia è ricchissima. Se dobbiamo pensare a un posto dove far nascere i Long Data, questo è proprio Venezia, con un archivio straordinario prodotto da una società altrettanto straordinaria. Venezia possiede alcune delle serie archivistiche più pregiate del mondo: noi stiamo studiando quelle del Senato veneziano con serie di documenti che ora dobbiamo trascrivere. La piattaforma di Venice Long Data (attualmente in lavorazione, ndr) permetterà di fare ricerche direttamente sui documenti d'archivio: una svolta per superare la barriera linguistica e tra discipline permettendo a tutti gli studiosi di accedere”.
Dal punto di vista scientifico, "combinare gli elementi per comprendere il comportamento collettivo è molto difficile. Come la biologia, la storia stessa ha senso in luce dell'evoluzione. Gli archivi sono come fossili - spiega Codello a Il Bo Live -. Noi stiamo studiando il fossile di Venezia, perché dentro l'archivio ci sono la storia e il funzionamento della società: la prima cosa che abbiamo fatto è stata una mappatura dell'archivio per capirne la struttura, supportati da Raffaele Santoro, nostro consulente ed ex direttore dell'Archivio di Stato di Venezia. Se vogliamo studiare la storia di una società dobbiamo capirne la struttura". Per la mostra Venezia e le epidemie sono state ricostruite le vicende personali di veneziani vissuti durante la peste del Trecento: utilizzando l’intelligenza artificiale, le tracce d’archivio sono diventate biografie e storie da ascoltare. "Collaborando con camerAnebbia, ci siamo resi conto che ogni delibera è una storia. Abbiamo sfruttato l’intelligenza artificiale generativa per superare le barriere e le distanze con il documento antico: processando la delibera abbiamo creato una storia che rompe il ghiaccio con quel documento. Ne abbiamo selezionate cinque partendo da delibere secondarie, meno note e quasi mai lette".
Tra le storie da scoprire e ascoltare c'è quella del conte di Duino, scampato alla peste perché prigioniero in carcere, proprio a San Giorgio. "Strano destino il mio. Rinchiuso come un criminale, eppure queste mura mi hanno salvato. Fuori la peste infuriava - l'ho sentita nei lamenti che attraversavano la laguna nella notte. Ma in questa cella di San Giorgio, la morte non è entrata. Sei guardie a turno, una barca che pattuglia. Mi hanno recluso a Venezia e mi hanno protetto dalla peste. Il mio carcere è diventato il mio rifugio. Ho sentito dire ai carcierieri che là fuori intere famiglie morivano in tre giorni. Loro abbracciati ai loro cari, io solo in questa prigione dorata [...] Ora che il morbo sta cessando, chi è stato punito? Io, che sono sopravvissuto, o loro morti liberi?".


Tavola dell’Uomo Zodiacale e Tavola della Chirurgia. Johannes de Ketham, Fasciculus medicinae, Venezia, Giovanni e Gregorio de’ Gregori, 1491. Venezia, Biblioteca Fondazione Giorgio Cini
Democrazia e pandemie
Organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini, allestita alla Biblioteca del Longhena, la mostra Venezia e le epidemie è visitabile fino al 19 dicembre prossimo e si inserisce nel percorso tematico Democrazia e pandemie con un calendario di eventi, seminari, convegni, concerti e un simposio internazionale. Tra le iniziative, a cinque anni dalla pandemia di Covid-19, un convegno di approfondimento storico e storiografico curato dall’Istituto per la Storia della Società e dello Stato Veneziano, in programma il 17 ottobre, a seguire il simposio internazionale Democrazia e pandemie, dal 13 al 15 novembre 2025, per capire come i sistemi democratici possano sostenere le sfide dei contagi, affrontando il tema con studiosi di medicina, economia, politica, sociologia, filosofia e diritto.


L'allestimento della mostra. Venezia, Fondazione Giorgio Cini