CULTURA

Natura e montagna: il sublime secondo i romantici

Ottocento: secolo della scienza, della rivoluzione industriale e delle nazioni. Ma anche della borghesia, dello sport e del tempo libero, della filosofia idealista e dell’arte romantica. E della natura: non più solo oggetto di studio e di tentativi di conquista e di dominio, ma anche porta di accesso all’interiorità e al mistero.

Una sensibilità che oggi è al centro della nuova mostra Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne, aperta presso il Centro San Gaetano di Padova fino al 5 giugno. Un percorso di 75 opere dipinte nell’arco di circa 150 anni, dalla fine del Settecento agli inizi del secolo scorso, provenienti in particolare da autori svizzeri e tedeschi e raccolte nell’arco di una vita dal mecenate svizzero Oskar Reinhart (1885-1965).

Erede di una famiglia di finanzieri e di mecenati, nella sua attività di collezionista Reinhart fu influenzato dalle teorie sull’arte di Julius Meier-Graefe, espresse in una Storia dell’arte moderna del 1904 e soprattutto nella grande esposizione centenaria di Berlino nel 1906. In oltre 40 anni accumulò circa 600 quadri e sculture e oltre 7000 tra disegni, acquerelli e stampe, trasformando la sua Winterthur in uno dei poli artistici di più importanti della Svizzera. Una collazione aperta al pubblico fin dal 1951 e che lascia molto raramente le valli elvetiche: l’ultima volta quasi trent’anni fa, quando una selezione di opere fu esposta in alcuni dei maggiori musei americani ed europei, dal County Museum di Los Angeles al Metropolitan di New York, dalla Nationalgalerie di Berlino alla National Gallery di Londra.

Nel suggestivo allestimento al piano nobile dell’antico convento dei Teatini, progettato da Vincenzo Scamozzi, emergono come isole di luce nell’oscurità i quadri di pittori come Albert Anker, Caspar Wolf, Cuno Amiet, Giovanni Giacometti, padre del grande scultore Alberto, e Arnold Böcklin. Protagonisti assoluti sono soprattutto Ferdinand Hodler (14 le opere presenti), pittore ‘nazionale’ svizzero e tra i più importanti della sua epoca, capace di influenzare artisti del calibro di Munch e Picasso, e soprattutto i cinque quadri di Caspar David Friedrich, considerato uno dei massimi esponenti della pittura romantica tedesca.

Un’estetica dalla forte tensione spirituale, quella Di Friedrich, rappresentata meravigliosamente nella mostra da Le bianche scogliere di Rügen del 1818, uno dei suoi quadri più famosi. Nel quadro i tipici viandanti ritratti di spalle (in questo caso, oltre all’autore, sono raffigurati la giovane moglie Caroline e l’amato fratello Christian) si protendono verso una parete al picco su un Baltico torbido e sconfinato: prefigurazione della morte ma anche di una speranza che la trascende, come indicano due minuscole barchette che veleggiano silenziose al largo. Come in molti artisti romantici successivi in Friedrich il paesaggio è lo strumento per trasmettere emozioni e riflessioni più profonde: “Il compito dell’artista non consiste nella fedele rappresentazione del cielo, dell’acqua, delle rocce e degli alberi – scrive in una celebre pagina –; la sua anima e la sua sensibilità devono al contrario rispecchiarsi nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e tutta l’anima è il compito di un’opera d’arte”.

Di qui anche il grande spazio dato nel percorso espositivo alla montagna, a cominciare dalle tre opere di Caspar Wolf poste proprio all’inizio: ghiacciai e cascate innevate dalla luce quasi turneriana, dipinte nella seconda metà del Settecento ma già squisitamente romantiche nello spirito. Un filo tematico sviluppato attraverso le opere di Alexandre Calame, Robert Zünd Rudolf Koller e, appunto, Ferdinand Hodler, nel quale “Le montagne connettono l’esperienza umana con l’eternità del tempo, come racconta Thomas Mann ne La Montagna incantata”. Che non a caso è stato scritto e ambientato in Svizzera. A parlare è il curatore della mostra marco Goldin, che aggiunge: “È come se Hodler si ponesse sulla cima di una di queste montagne innevate per guardare con serenità ai drammi del suo tempo”, dalla prima guerra mondiale in Europa (siamo nel 1916) all’agonia dell’amata Valentine, che gli ha appena dato una figlia.

Non manca al San Gaetano uno spazio dedicato al ritratto, in cui spiccano soprattutto le tele di Albert Anker, che dedica alla figlia Louise un’opera in cui si avvertono gli influssi di un intenso periodo parigino: “Ritratti incantevoli e incantati – dice sempre Goldin –, non celebrativi ma veri come uno sfregamento ruvido con la vita”. Un cammino che prosegue idealmente con Giovanni Segantini, che scelse di trasferirsi in Svizzera nell’ultima parte della sua carriera e che qui trovò la morte nel 1899, ad appena 41 anni: il suo Paesaggio alpino con donna all’abbeveratoio evidenzia una ricerca estetica che trascende in un isolamento quasi mistico. Chiude la mostra il solito Hodler con lo Sguardo verso l’infinito del 1916, tela dalle dimensioni monumentali in cui cinque figure femminili si protendono verso lo spettatore, osservandolo e allo stesso tempo superandolo con lo sguardo.

L’evento promosso dal Comune di Padova e da Linea d’ombra è fortemente connesso con l’ultimo libro di Marco Goldin, Il giardino e la luna. Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo (La nave di Teseo 2021), e rappresenta il primo capitolo di un nuovo, ampio progetto espositivo, concepito dallo storico dell’arte trevigiano con il titolo complessivo di Geografie dell’Europa. La trama della pittura tra Ottocento e Novecento: una serie di grandi esposizioni che, spiega il Goldin, intendono dar vita a “un vasto scenario artistico e storico che darà conto della situazione della pittura in Europa lungo tutto il corso del XIX e parte del XX secolo, secondo una divisione nazionale o in aree contigue”.

DAI ROMANTICI A SEGANTINI. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart

Padova, Centro San Gaetano
29 gennaio - 5 giugno 2022

www.lineadombra.it

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