CULTURA

La natura e noi: Munari e il design dell'arancia

Nel quinto episodio della serie La natura e noi, ideata da Il Bo Live in collaborazione con l'Orto botanico di Padova e dedicata alla relazione tra le piante e diversi ambiti di studio e ricerca, esploriamo i territori del contemporaneo, spostando l'attenzione verso il design raccontato da Guido Bartorelli, docente di Storia dell'arte contemporanea. Qui il grande protagonista è Bruno Munari (Milano, 1907-1998).

"Nel corso del Novecento, a partire dalla ricerche delle Avanguardie - racconta Bartorelli -, gli architetti e i designer a un certo punto si rendono conto che l'osservazione della natura ci insegna che le forme decorative non sono necessarie: la natura, modello di bellezza e armonia, in realtà non ha nulla di decorativo, la forma che ha è data dall'evoluzione, dalla vita, dall'adattamento. Tutto deve essere assolutamente funzionale, anche economico, per affrontare le sfide dell'esistere. E allora si inizia a ragionare sul fatto che le forme del design possano essere funzionali e di conseguenza giuste, esatte: quando questo accade la bellezza viene da sé, perché la bellezza segue l'esattezza della funzione. Questo è un discorso ripreso dal grandissimo Bruno Munari".

Munari prende a esempio il bambù, che vede in Giappone, e su questo ragiona, notando la sua perfezione di profilato naturale, pronto per l'uso.

Il bambù è quasi come un profilato vegetale, un tubo verde con ogni tanto una chiusura interna, indicata all’esterno da uno spigolo circolare, quasi a segnare un ritmo di crescita. La natura ce lo offre gratis, in qualunque dimensione, già verniciato (da Arte come mestiere, Bruno Munari, 1966)

"Osservare la natura e vedere come è fatta e funziona diventa un insegnamento straordinario per chi si occupa delle forme del nostro universo industriale e artificiale perché le forme vanno utilizzate nel modo più logico, senza imporre nulla, senza forzare. Perché fare qualcosa in ferro se quella cosa sembra funzionare perfettamente in legno? Bisogna adattarsi ai materiali, non imporre la nostra volontà di stile".

Dopo aver attraversato il corridoio d'edera, passaggio tra orto antico e serre nuove dell'Orto botanico di Padova, offrendo un racconto che torna per un attimo all'Ottocento di Owen Jones, autore de La Grammatica dell'ornamento, Bartorelli riporta l'attenzione al Novecento di Munari, dedicandosi alla lettura di un libriccino dedicato all'arancia, scritto nel 1963, e oggi riedito da Corraini.

un oggetto quasi perfetto dove si riscontra l’assoluta coerenza tra forma, funzione e consumo (Good design, Bruno Munari, 1963)

Munari prova a trattare l'arancia come fosse un oggetto di design, descrivendo esattamente come è fatto il frutto ma usando la terminologia che appartiene al mondo dell'artificio. Il risultato è questo:

L'oggetto è costituito da una serie di contenitori modulati a forma di spicchio, disposti circolarmente attorno a un asse centrale verticale, al quale ogni spicchio appoggia il suo lato rettilineo, mentre tutti i lati curvi volti verso l'esterno, danno nell'assieme come forma globale, una specie di sfera. L’insieme di questi spicchi è raccolto in un imballaggio ben caratterizzato sia come materia sia come colore: abbastanza duro alla superficie esterna e rivestito con un’imbottitura morbida interna di protezione tra l’esterno e l’assieme dei contenitori. Il materiale usato è tutto della stessa natura, in origine, ma si differenzia in modo appropriato secondo la funzione. L’apertura dell’imballaggio avviene in modo molto semplice e quindi non si rende necessario uno stampato allegato con le illustrazioni per l’uso (Good design, Bruno Munari, 1963)


Riprese e montaggio: Elisa Speronello

Responsabile produzione: Francesca Boccaletto

Consulenza per i contenuti: Lidia D'Angelo

Location: Orto botanico di Padova

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