SCIENZA E RICERCA

Un neutrino rivela l'origine dei raggi cosmici

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana... Nasceva un neutrino da una sorgente di raggi cosmici ad altissima energia.

Non è l'inizio di un altro episodio della saga di Star Wars ma la storia dell'high-energy neutrino event riportata in un articolo pubblicato oggi su Science, importante forse quanto la rivelazione delle onde gravitazionali. L'annuncio è stato dato in anteprima mondiale dal quartier generale della Nsf (National Science Foundation) in Virginia, negli Usa. Per la prima volta infatti un neutrino ad altissima energia è stato associato alla sua possibile sorgente: si tratta di un blazar, un nucleo di galassia attivo (Agn) con al suo centro un gigantesco buco nero (centinaia di milioni di volte la massa del sole) distante più di 4 miliardi di anni luce, che emette raggi gamma, ovvero fotoni ad altissima energia.

Questa osservazione senza precedenti può essere considerata un manifesto dell’ultima frontiera dell’astronomia, quella a “molti messaggeri”: sono stati incrociati dati forniti non solo dalla radiazione elettromagnetica (sia luce visibile sia raggi gamma), ma anche dai raggi cosmici e dai neutrini. Si è così ottenuto un solido indizio verso la spiegazione di uno dei maggiori enigmi ancora irrisolti dell’astrofisica: l’origine dei raggi cosmici ad altissima energia.

La ricerca è il frutto di un lavoro congiunto di gruppi di ricercatori coordinati a livello internazionale: sono più di 1000 gli scienziati firmatari dell'articolo. La compagine italiana è stata di grande rilievo e tra gli altri sono stati coinvolti diversi ricercatori dell’università di Padova, in stretta collaborazione con la comunità dei ricercatori italiani dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).

Ai microfoni de Il Bo Live sono venute a parlare di questa scoperta due coautrici del lavoro: Elisa Prandini, assegnista di ricerca a Padova e coordinatrice del gruppo di fisica extra-galattica dell'esperimento Magic, e Simona Paiano, dottorata a Padova e assegnista di ricerca all'Inaf.

Elisa Prandini e Simona Paiano, ricercatrici di astrofisica, raccontano la scoperta dell'origine dei raggi cosmici grazie a un neutrino ad altissima energia

Il neutrino rivelato si genera a energie estremamente elevate, maggiori di quelle che siamo in grado di riprodurre sulla Terra con acceleratori come l'Lhc del Cern di Ginevra. Sappiamo poco di quello che succede a queste condizioni estreme, se non che le radiazioni cosmiche hanno in prevalenza carica elettrica positiva, sono composte cioè da protoni, anche grazie alle idee e agli esperimenti di Bruno Rossi (professore di fisica sperimentale a Padova) negli anni '30 del '900. Questa composizione dei raggi cosmici fa sì che questi vengano deviati dai campi magnetici che permeano lo spazio, rendendo molto difficile l'individuazione della loro sorgente.

I neutrini invece sono particelle dotate di una massa piccolissima che interagiscono poco con la materia circostante. Questo li rende estremamente elusivi, difficili da rivelare, ma proprio questa loro scarsa capacità di interazione rende i neutrini dei piccoli messaggeri che portano preziose informazioni sulla loro sorgente, e dunque sull'universo, sulla sua nascita e sulla sua evoluzione, sulle particelle e sugli oggetti cosmici che lo abitano e sulle dinamiche che ne regolano il comportamento.

Il neutrino è il protagonista iniziale di questa storia Elisa Prandini

La storia della rivelazione di questo neutrino (IC-170922A) comincia il 22 settembre 2017 sotto i ghiacci dell'Antartide, dove ha sede l'esperimento Icecube. Qui viene registrata l'interazione con un neutrino (EHE 170922A) dell’energia di 290 TeV (TeraElettronVolt, mille miliardi di eV).

Come accade in questi casi la comunità mondiale di astronomi e astrofisici inizia a brulicare: parte un “allerta neutrino” a tutti i telescopi disseminati nello spazio e sulla Terra, che mettono a fuoco in direzione della provenienza del segnale nella speranza che le loro osservazioni possano aiutare a individuarne con precisione la sorgente.

Sul satellite Fermi, lanciato in orbita intorno alla Terra nel 2008 dalla Nasa, è montato un telescopio, Fermi-Lat (Large area telescope), dedicato alla rivelazione della radiazione gamma. È proprio Fermi-Lat il primo a individuare la sorgente da cui proviene il neutrino. Fa parte di questa collaborazione internazionale che ha analizzato i dati prodotti da Fermi-Lat anche Sara Buson, dottoratasi a Padova e ora ricercatrice al Goddard space flight center della Nasa.

Magic (Major atmospheric gamma imaging Cherenkov telescopes) è invece un sistema di due telescopi situato a Roque de los Muchachos sull'Isola di La Palma, alle Canarie, a 2200 metri di altitudine, che rivela i lampi di luce generata dalle cascate (o sciami elettromagnetici) innescate dall'impatto tra fotoni ad altissima energia (o raggi gamma) e atmosfera terrestre. Magic comprende ricercatori provenienti da tutto il mondo e vede una nutrita partecipazione italiana. Il gruppo di Padova è sempre stato particolarmente attivo sin dalle fasi di progetto di questo esperimento ed è attualmente coordinato da Mosè Mariotti, professore associato a Padova. Magic in particolare si imbatte in una radiazione di very-high-energy gamma rays, compatibile con la direzione da cui proveniva il neutrino registrato in Antartide da Icecube.

Non sono molti gli oggetti cosmici che possono produrre una radiazione a energie così elevate e proprio nella porzione di cielo individuata, entro circa un decimo di grado (GCN Circular #21916), ve n'è uno noto. Qui è infatti presente un blazar (Txs 0506+056), uno dei fenomeni più energetici che esistano nel cosmo: si tratta di un nucleo galattico attivo (Agn) che produce in modo discontinuo getti di radiazione e materia puntati nella nostra direzione, il cui motore principale è un buco nero supermassiccio, la cui massa è equivalente a diverse centinaia di milioni di volte quella del Sole.

Ma a che distanza si trova questa sorgente? Questa informazione non era nota. Ecco allora che con un’osservazione dedicata del Gtc, il Grande telescopio delle Canarie, con un’analisi spettrografica della luce visibile emessa dalla sorgente e con la misura dello spostamento verso la luce rossa (red shift) di particolari righe di emissione, viene misurata con precisione la distanza dalla Terra: oltre 4 miliardi di anni luce. Simona Paiano, ospite ai microfoni del Bo Live, si è occupata proprio di ricavare la misura di questa distanza (e ha già pubblicato il suo lavoro).

È stato il telescopio spaziale Fermi a dare per primo nome e cognome alla sorgente Simona Paiano

Nell'arco dei due mesi successivi alla rivelazione del neutrino, con in mano l'informazione della distanza, vengono studiati i dati di osservazione della sorgente forniti dai telescopi Magic. Il lavoro è stato coordinato da Elisa Bernardini, attualmente presso il laboratorio Desy-Zeuthen dell'università von Humboldt di Berlino, mentre ha contribuito all’analisi dei dati Luca Foffano, dottorando in fisica dell’Università di Padova, con la supervisione di Elisa Prandini, anche lei ospite del Bo Live, che ha lavorato a un altro paper ancora (pubblicato dalla rivista Astrophysical Journal Letters) dove viene presentato un modello teorico dell'emissione osservata: con piccole modifiche alla teoria corrente sulle emissioni dei blazar si riesce a spiegare anche l'emissione del neutrino e a prevedere la presenza dei protoni ad altissima energia.

Questo importante e complesso risultato segna una tappa fondamentale nell’astronomia basata su radiazioni di diversa natura (multi messaggeri) e indica la direzione per gli sviluppi sperimentali da intraprendere nel futuro in questo settore di ricerca.

Senza però dimenticare i meriti passati: è doveroso ricordare l’opera e la lungimiranza di Milla Baldo Ceolin, la “signora del neutrino”, che ha dato contributi importanti fino all’ultimo, unendo alla sua attività di scienziata quella di infaticabile coordinatrice e organizzatrice di incontri per fare il punto sulle ricerche svolte e per discuterne le prospettive. Memorabile in questo senso la serie di “International Workshop on Neutrino Telescopes” organizzati all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti a Venezia fin dal 1988, e portati avanti ancora oggi dai suoi allievi e collaboratori.

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