SCIENZA E RICERCA

Il premio Nobel per la Chimica alle inventrici di Crispr

Era il 22 dicembre 2015 quando su Nature usciva il commento Genome-editing revolution: My whirlwind year with CRISPR. A firmarlo, e a definire il 2015 l’anno più intenso della sua carriera, era Jennifer Doudna, oggi docente di Chimica molecolare al dipartimento di Chimica e Ingegneria chimica dell'Università della California, a Berkeley, e da qualche ora Premio Nobel 2020 per la chimica proprio “per avere sviluppato un sistema di editing del genoma”: la tecnica CRISPR. Insieme a lei è premiata anche Emmanuelle Carpenthier, dal 2015 direttrice del Max Planck Institute for Infection Biology a Berlino, in Germania, e dal 2018 fondatrice e direttrice di un istituto di ricerca indipendente, il Max Planck Unit for the Science of Pathogens.

“Un riconoscimento che attendevamo da anni” afferma Carlo Alberto Redi, professore ordinario di Zoologia presso l’università di Pavia e membro dell’Accademia dei Lincei. “Dopo la PCR (Polymerase Chain Reaction, quella tecnica che permette di moltiplicare frammenti di acidi nucleici), CRISPR è la tecnica che letteralmente rivoluziona le scienze della vita”.

Ma cos’è CRISPR? E perché è così importante? La Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, il cui acronimo è appunto “CRSPR”, è una tecnica di editing genetico, molto facile, economica e oggi diffusa in moltissimi laboratori di tutto il mondo. Di questa tecnica abbiamo parlato in diversi articoli e proprio l’anno scorso se n’è parlato molto, dopo che il genetista cinese He Jiankui aveva dichiarato in un video su Youtube di aver fatto nascere due gemelle con il DNA modificato grazie a tecniche di editing genetico, un caso poi condannato dalla comunità scientifica. 

“Al di là dei casi che fanno più dibattere, vanno prima di tutto riconosciuti il valore e la potenzialità della tecnica CRISPR” spiega il professor Redi. “Possiamo definirla una tecnica di ‘taglia e cuci’ del genoma di qualsiasi cellula, sia di piante che di animali, con cui è possibile fare correzioni o sostituire parti della sequenza genomica.” 

Riprendendo un editoriale a cura del professor Telmo Pievani possiamo di fatto vedere CRISPR come un fattore di modificazione “interno” dell’evoluzione umana ad opera di Homo sapiens.

“Il potenziale della tecnica è veramente grande e viene già utilizzata per diverse applicazioni nei laboratori di tutto il mondo.” racconta il professor Redi. “Tutto questo non significa che non dobbiamo valutare i rischi di una scoperta come quella di CRISPR, vanno considerati e dobbiamo agire con responsabilità. Jennifer Doudna stessa si è a lungo interrogata sulle applicazioni e il futuro di una tecnica così potente e non ha mai nascosto i suoi pensieri e le sue preoccupazioni in merito”.

Interessante è il documentario Human Nature, uscito nel 2019, in cui Jennifer Doudna racconta in particolare di un sogno: Adolf Hitler, con una maschera da maiale, andava da lei chiedendole con tono agitato cosa avesse appena inventato. 

“L’episodio del sogno è significativo, come il fatto che la Doudna lo racconti. È un episodio che ci dice molto della personalità della Doudna”. Lei stessa racconta che con il suo lavoro si è trovata a uscire dalla sua “comfort zonescientifica”, imbattendosi in comunità di ambiti molto diversi dal suo che l’hanno fatta riflettere molto sulle sue scoperte. 

“Molto curioso e significativo è anche come è avvenuta la scoperta della tecnica CRISPR” racconta il professor Redi. “La scoperta è avvenuta grazie a una ricerca di base sul sistema immunitario, dallo studio di come i batteri si difendono dall’attacco dei virus, ad esempio di infezioni casearie.” Infatti i batteri utilizzano proprio la tecnica CRISPR per tagliare il DNA del virus: usano in particolare la proteina Cas9 per il taglio del DNA. “Il fatto che la scoperta di una tecnica così rivoluzionaria con applicazioni straordinarie derivi da uno studio di base fa capire il forte potenziale che ha la ricerca di base per settori anche molto diversi tra loro.” afferma il professor Redi.

“C’è qualcos’altro dietro questo Premio Nobel su cui è interessante mettere l’accento, anche se in realtà non deve stupirci poi molto” conclude il professor Redi. “Può apparire curioso che un Premio Nobel di questo tipo sia assegnato per la chimica e non per la medicina. Non è certo il primo caso: la stessa cosa è successa, ad esempio, per il Premio Nobel per la PCR assegnato nel 1993 a Kary Banks Mullis e Michael Smith. La scelta è fatta per dare maggiore universalità alla scoperta. Cioè per non vincolare la scoperta alle sue applicazioni, ad esempio a quelle in campo medico, e quindi a quelle applicazioni che possono apparirci evidenti, ma per lasciare aperto il campo di applicazioni più ampie e universali. Il Premio inoltre riconosce e mette in luce i meccanismi e i processi alla base della scoperta, spesso sono svincolati dall’applicazione finale e che si basano su principi chimici.”

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