SOCIETÀ
Norme e pratiche contro la violenza maschile sulle donne in Veneto
Il sistema di contrasto alla violenza maschile sulle donne, sia a livello nazionale che a livello territoriale, sulla base delle normative nazionali e internazionali, ha il compito di dare certezza e uniformità a modalità di intervento in grado di fornire concretamente protezione, tutela e sostegno per l'autonomia alle donne che decidono di chiedere aiuto.
Compito delle istituzioni è, in primo luogo, quello di attuare pratiche e modalità operative che mettano al centro la persona e i suoi diritti, riconoscendo che i diritti delle donne vanno inseriti a pieno titolo nella prospettiva dei diritti umani e che anche le donne hanno diritto alla sicurezza, all'inviolabilità del proprio corpo e di poter decidere della loro vita.
E che questi principi non vengano vanificati da meccanismi, procedure e tempistiche che non tengono conto della vita delle persone, delle donne, dei loro figli che anche in situazioni così estreme intanto devono poter continuare ad andare a scuola, a giocare con gli amici, avere se possibile una vita normale.
Il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017- 2020, approvato 23 novembre 2017, si muove in questa direzione delineando l’identità, le caratteristiche e i compiti delle Reti territoriali, gli attori che ne caratterizzano il funzionamento, attraverso la stesura di un Protocollo che identifichi ambiti, competenze e relazioni.
Le Regioni nel corso degli anni, in supplenza di un potere centrale decisamente poco attivo su questo tema, hanno promulgato leggi, svolto una funzione di indirizzo, dato vita e supportato reti territoriali formate dai molti soggetti impegnati nell’accoglienza e nelle altre azioni di tutela delle donne, coinvolte con i figli soprattutto in situazioni di violenza nelle relazioni affettive, per accompagnarle verso una vita sicura e autonoma.
È la Provincia autonoma di Bolzano ad adottare la prima legge regionale in materia di violenza nel 1989, mentre fino al 2013 il Veneto rimaneva una delle ultime Regioni a non disporre di una normativa ad hoc, pur avendo dati molto alti percentualmente rispetto a tale fenomeno. Infatti, secondo i dati Istat, il 34,3% delle donne venete hanno subito violenza almeno una volta nella vita, dato nettamente al di sopra della media nazionale del 31,2%.
È del 2013 la L.R. n 5 della Regione del Veneto contro la violenza sulle donne: un traguardo importante fortemente voluto dai Centri antiviolenza, che hanno supportato e seguito con attenzione il dibattito in Commissione, partecipando attivamente alla stesura della proposta, giunta in un momento in cui le sollecitazioni internazionali e nazionali si erano fatte sempre più importanti. Nello stesso anno, infatti, l’Italia aveva ratificato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (2011) e avrebbe adottato, a pochi mesi dall’adozione della legge regionale, il cosiddetto decreto legge “femminicidio”. La Legge regionale riconosce l’importanza dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio e di accoglienza come luoghi dedicati alle donne che vivono situazioni di violenza, finanziando le loro attività. Inoltre promuove la creazione di una Rete territoriale dei servizi che si occupano di sostenere le donne vittime di violenza anche e soprattutto attraverso accordi tra servizi pubblici e privato sociale. Organo di garanzia e promozione di politiche, volte alla protezione e al sostegno delle donne, è il Tavolo di coordinamento regionale per la prevenzione ed il contrasto della violenza sulle donne di cui fanno parte enti territoriali, centri antiviolenza e istituzioni.
Uno strumento fondamentale previsto dalla Legge regionale è la mappatura delle strutture di sostegno alle donne vittime di violenza, che si rifà ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, sanciti nell’Intesa tra governo, le regioni, le province autonome e le autonomie locali nel 2014.
Dal 2014 ad oggi, le politiche della Regione si sono concentrate nel garantire una copertura uniforme nel territorio, stanziando finanziamenti per l’apertura di nuove strutture. Ad oggi nel complesso ne esistono 43, divisi in 22 Centri antiviolenza e 12 Case rifugio e 9 Case di secondo livello. Esaminando questi dati, si può affermare che esiste un Centro antiviolenza ogni 120.000 donne residenti (“indice di copertura”), in linea con le indicazioni del Consiglio d’Europa. Considerando anche gli sportelli dei Centri antiviolenza, l’indice di copertura è, invece, di un punto di accesso ogni 63 mila donne. Occorre però precisare, che in seno ad un dibattito all’interno del Tavolo di coordinamento, è emerso che questo indice di copertura territoriale necessita di essere riconsiderato, introducendo altri parametri quali la morfologia e l’urbanizzazione del territorio, la presenza dei trasporti pubblici per i collegamenti tra diversi comuni.
Nell’anno 2017 il numero totale delle donne prese in carico dai Centri antiviolenza del Veneto ammonta a 3.107 donne (2.711 nel 2016). L’aumento del numero di donne che chiedono aiuto è un segnale positivo perché significa che sempre più donne escono dal silenzio e si affidano ai Centri antiviolenza. Più della metà delle donne prese in carico hanno età compresa tra i 31 e i 50 anni, e c’è una prevalenza di donne italiane (69%). Più del 58% delle donne ha un’istruzione medio alta, il 51% sono occupate. La violenza più frequentemente riferita è quella psicologica (2232), seguita da quella fisica (1705). Gli abusanti sono per l’80% partner o ex partner della donna. Solo il 25% delle donne denuncia alle forze dell’ordine la violenza subita.