SOCIETÀ

Giornata mondiale del rifugiato: oltre 122 milioni di profughi

Eccoci di nuovo a contabilizzare quanti concittadini sono dovuti scappare via dal proprio paese inospitale, non sono morti nella fuga (prima interna poi eventualmente internazionale) e risultano ancora sopravvissuti, altrove. Dopo l’invasione da parte della Russia, la sanguinosa guerra in Ucraina continua; dopo quasi otto decenni i palestinesi continuano a vivere e nascere da rifugiato o rifugiata, ancor oggi cacciati pure dai territori assegnati dalle Nazioni Unite e dai campi profughi; dopo il recente attacco di Israele, è iniziata anche la guerra con l’Iran che sta producendo non solo morti, ma nuovi senzatetto e sfollati. Altre guerre continuano senza clamore e con terrore in altre zone del globo terracqueo (come in SudanMyanmar), altre persecuzioni contro i diritti umani universali producono ogni giorno nuovi profughi. Una volta l’anno, in occasione della giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno, si vedono le statistiche dell’anno precedente, ora nel 2025 quelle dell’intero 2024, comparate agli anni precedenti e, se possibile, aggiornate. 

I numeri dell’UNHCR Global Trend

Abbiamo più volte ricordato i dati storici e gli aggiornamenti progressivi su queste pagine. Il recentissimo rapporto annuale 2024 Unhcr Global Trend indica che la popolazione globale di veri e propri Refugees è diminuita dell'1% nel 2024 rispetto al 2023, raggiungendo comunque 42,7 milioni nel corso dell'anno. Questa cifra include 36,8 milioni di Refugees sotto il mandato dell'UNHCR, tra cui 4 milioni di persone in una situazione simile e 5,9 milioni di altre persone bisognose di protezione internazionale, nonché 5,9 milioni di rifugiati palestinesi sotto il mandato dell'UNRWA. 

Rispetto a dieci anni fa, il numero totale di rifugiati sotto il mandato dell'UNHCR è più che raddoppiato, raggiungendo appunto i 36,8 milioni al termine dello scorso anno. Il numero di rifugiati afghani e siriani è diminuito nel 2024 e sono state aggiornate le segnalazioni relative ai rifugiati ucraini. Il numero di venezuelani rifugiati (370.200) o altre persone bisognose di protezione internazionale (5,9 milioni) è aumentato del 2% rispetto all'anno precedente. La maggior parte dei rifugiati rimane nei pressi del proprio Paese di origine; alla fine del 2024, il 67% era ospitato nei Paesi limitrofi. Contrariamente alla percezione diffusa nelle “nostre” regioni più ricche, il 67% dei rifugiati rimane “vicino casa”, i Paesi a basso e medio reddito ospitano il 73% dei rifugiati del mondo. 

Complessivamente, a fine 2024 si stima che 123,2 milioni di persone in tutto il mondo siano divenute o confermate “profughi”, costrette a sfollare a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani ed eventi che hanno gravemente turbato l'ordine pubblico. Si tratta di un aumento di 7 milioni di persone, pari al 6%, rispetto alla fine del 2023. Sebbene gli spostamenti forzati siano quasi raddoppiati a livello globale nell'ultimo decennio, il tasso di crescita ha subito un rallentamento nella seconda metà del 2024. Entro la fine di aprile 2025, l'UNHCR stima che il numero globale di persone costrette alla fuga sia probabilmente diminuito leggermente, dell'1%, attestandosi a 122,1 milioni, il primo calo in oltre un decennio. Anche nel 2024 si era verificato un leggero calo nei primi mesi dell’anno rispetto alla fine del 2023.

I principali fattori di fuga

I principali fattori che determinano la fuga rimangono i grandi conflitti e la continua incapacità dei governi e delle istituzioni internazionali di fermare i combattimenti e di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici antropici globali. Il numero di persone “fuggite” a causa di guerre, violenze, persecuzioni e disastri in tutto il mondo è insostenibilmente alto, in parte pure a causa dell'evaporazione dei finanziamenti umanitari, con l'unico elemento positivo rappresentato dalla ripresa dei ritorni a casa, in particolare in Siria. Tra le persone costrette alla fuga ci sono quelle sfollate all'interno del proprio Paese a causa di un conflitto o di un disastro, internally displaced people, che sono cresciute bruscamente di 6,3 milioni fino a 73,5 milioni alla fine del 2024, accanto a loro i veri e propri Refugees, i profughi dai loro Paesi (42,7 milioni di persone). Con 14,3 milioni di rifugiati e sfollati interni, il Sudan rappresenta ora la maggiore crisi di sfollati e rifugiati al mondo, prendendo il posto della Siria (13,5 milioni), seguita da Afghanistan (10,3 milioni) e Ucraina (8,8 milioni). I Paesi a basso reddito rappresentano il 9% della popolazione mondiale e solo lo 0,6% del prodotto interno globale, eppure ospitano il 19% dei rifugiati. A titolo di esempio vi sono popolazioni di rifugiati molto numerose in Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda.

Il 60% delle persone costrette a fuggire non lascia mai il proprio Paese. In totale, 9,8 milioni di persone sono tornate a casa nel 2024, fra loro 1,6 milioni di rifugiati (il numero più alto da più di due decenni) e 8,2 milioni di sfollati interni (il secondo numero più alto di sempre). Molti di questi ritorni, tuttavia, sono avvenuti in un clima politico o di sicurezza sfavorevole. Per esempio, un gran numero di afghani è stato costretto a tornare in Afghanistan nel 2024, arrivando a casa in condizioni disperate. In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar e il Sud Sudan, si sono verificati nuovi e significativi flussi di persone in fuga contemporaneamente al ritorno di rifugiati e sfollati interni. La guerra in Siria ha causato una delle più grandi crisi di sfollamento forzato al mondo. Entro la fine del 2024, un quarto della popolazione era sfollata, inclusi 6,1 milioni di rifugiati e richiedenti asilo siriani e 7,4 milioni di sfollati interni. 

La caduta del governo l'8 dicembre 2024, ha riacceso la speranza di un ritorno in patria, ma la situazione resta instabile, con il rischio costante di ulteriori nuovi espatri. A metà maggio, si stima che oltre 500.000 siriani siano rientrati in Siria dalla caduta di Assad e che 1,2 milioni di sfollati interni siano tornati nelle aree d’origine. La sostenibilità di questi ritorni dipenderà da molti fattori, tra cui l'evoluzione complessiva della situazione della sicurezza in Siria, nonché la disponibilità di alloggi, servizi pubblici, infrastrutture e la rivitalizzazione dell'economia. Entro fine 2025 potrebbero rientrare fino a 1,5 milioni di siriani provenienti dall'estero e 2 milioni di sfollati interni. L'UNHCR continua a esortare gli Stati a non rimpatriare forzatamente i siriani. Molte famiglie al loro ritorno trovano case danneggiate o distrutte e affrontano ostacoli significativi nella ricostruzione delle loro esistenze. In questo momento cruciale, appare fondamentale sostenere la ripresa della Siria.

La Palestina

Una chiara sottolineatura riguarda i rifugiati palestinesi, sotto il mandato non dell’UNHCR bensì di un’altra agenzia dell’Onu. Dal 1948! Non si può che restare sgomenti di fronte agli eccidi e ai crimini di guerra dell'attuale governo di Israele contro i civili palestinesi, una popolazione che, secondo la stessa definizione dell'UNRWA, considera rifugiati palestinesi quelle persone "la cui normale residenza era in Palestina nel periodo compreso tra il 1° giugno 1946 e il 15 maggio 1948" compresi "i discendenti dei rifugiati palestinesi di sesso maschile". Operazioni militari, di privazione di acqua e cibo, quotidianamente crudeli e mortifere, odiose e inutilmente vendicative, proseguono ormai da oltre venti mesi dopo l'esecrabile massacro compiuto da Hamas con l'orrida presa di ostaggi, decine di migliaia di delitti del governo dell'inquisito Netanyahu da tempo denunciati anche da tanti ebrei nel mondo, dalla maggioranza dell'opinione pubblica israeliana, dalle stesse famiglie degli ostaggi e da molti pure in Italia. 

Alcuni di noi non siamo mai stati, non siamo e mai saremo antisionisti, per storia o identità o cultura personale. E purtroppo conosciamo le persecuzioni degli ebrei, sappiamo l'odio criminale che hanno dovuto sopportare da nazisti e fascisti nel Novecento. E abbiamo apprezzato alcune leggi approvate da parlamenti e governi dello Stato di Israele in quasi 80 anni. Altre leggi ci sono apparse sbagliate. Altre ancora irresponsabili e crudeli verso un popolo e tante comunità che da quasi 80 anni sono rifugiati (e basta). Generazioni di rifugiati senza altra identità che rifugiato o rifugiata. Alcuni rifugiati palestinesi sotto il mandato dell'UNRWA a Gaza sono stati anche sfollati interni. In questi dati, vengono conteggiati sia nel totale degli sfollati interni, sia nel totale globale dei rifugiati. Tuttavia, vengono conteggiati solo una volta nel numero totale degli sfollati (123,2 milioni di persone). 

In Italia, alla fine del 2024, c'erano circa 150.000 beneficiari di protezione internazionale, 207.000 richiedenti asilo e oltre 163.000 cittadini ucraini che beneficiavano di protezione temporanea, mentre il numero di apolidi è stimato intorno ai 3.000. L'Italia, uno dei principali Paesi donatori dell’Agenzia ONU per i Rifugiati, continua a sostenere l'UNHCR nelle emergenze umanitarie, nel fornire protezione e nel promuovere iniziative di sviluppo con l'obiettivo di proteggere e stabilizzare le popolazioni lungo le rotte migratorie in Africa e in altre regioni colpite da crisi. La collaborazione con l’Italia è discreta anche per la tutela dei gruppi più vulnerabili, per il lentissimo sviluppo di canali legali d’ingresso e per la complicata integrazione dei rifugiati. Mentre il numero di persone in fuga è quasi raddoppiato nell'ultimo decennio, i fondi per rispondere ai bisogni umanitari sono ora all'incirca allo stesso livello del 2015, in un contesto di tagli brutali e continui agli aiuti umanitari. 

La giornata mondiale del rifugiato

Il 20 giugno si “celebra” la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per riconoscere la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire sul pianeta Terra a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Vi saranno incontri, manifestazioni e appuntamenti in varie parti d’Italia, anche nel 2025. In molti comuni e poche regioni durante la decina dei giorni precedenti si svolgono iniziative di documentazione e partecipazione ed eventi diffusi: incontri, mostre, proiezioni e laboratori, organizzati dal Comune insieme a realtà del terzo settore e al Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), per esempio a Genova e a Bologna. Una Refugee Week si svolge anche a Padova, per sensibilizzare la cittadinanza sul tema del diritto d'asilo e valorizzare i percorsi di accoglienza e integrazione. L’amministrazione ha inoltre promosso in diversi luoghi della città momenti di convivialità, pensati per raccontare le migrazioni forzate, attraverso un linguaggio fatto di immagini, parole, musica, e presentare esperienze e vissuti delle persone rifugiate e richiedenti asilo accolte nel progetto Sai-Rondine del Comune di Padova. 

Nell’ultimo secolo calcoliamo il numero presunto di coloro che hanno chiesto o trovato rifugio fuori dall’organizzazione statuale precedente. Fin dall’inizio del secolo scorso e, comunque, da quasi 80 anni vi è appunto l’UNHCR, un apposito Alto Commissariato che certifica e ufficializza lo status personale di rifugiato, sulla base delle disposizioni di trasparenti norme internazionali. Pure nel nuovo millennio il numero effettivo è molto superiore a quello dei censiti, internazionali e interni, sulla base della Convenzione di Ginevra. Oltre ai conflitti e alla violazione dei diritti umani, tra le grandi cause che costringono alla fuga un numero sempre più alto di persone in fuga vi è la crisi climatica. Per il 2025 l’UNHCR ha lanciato la campagna di raccolta fondi e sensibilizzazione #TorniamoASentire, un invito a mettersi in ascolto e a provare empatia nei confronti di chi è costretto a fuggire. Possiamo poi trovare in onda lo spot con l’attore e testimonial Alessandro Gassman, sulle principali emittenti radiotelevisive nazionali e locali e nei circuiti pubblicitari a bordo di treni e autobus, nelle stazioni, nei cinema, e nel circuito autostrade.

Confermiamo che vi sono due limiti diffusi e strutturali nel modo in cui si discute privatamente e pubblicamente, si subiscono i “miti” e si cercano le “chiavi” del fenomeno migratorio contemporaneo. Il primo è di qualità: fa riferimento alla convinzione che sia un comportamento molto condizionabile da regole giuridiche nazionali, mentre invece si tratta prevalentemente di un insieme di scelte e atti, individuali e collettivi, con un certo grado di libertà, che richiedono fra l’altro l’attuazione dei Global Compact votati dall’Onu a fine 2018 e ovviamente in vigore. Il secondo è di quantità: fa riferimento alla convinzione che sia in qualche modo possibile (con o senza quelle regole giuridiche nazionali) ridurre significativamente il numero dei migranti internazionali, mentre invece si tratta di un numero che continuerà inevitabilmente a crescere nei prossimi decenni, anche se finalmente si riducesse il numero di rifugiati e profughi.  

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