SOCIETÀ

La Norvegia è il primo Paese al mondo ad approvare il deep sea mining

I fondali oceanici sono delle vaste aree potenzialmente ricche di minerali e, in quanto tali, oggetto delle mire di chi cerca materiali preziosi. Come avevamo già analizzato, rappresentano il 50% della crosta terrestre e sono ricchi non solo di minerali ma anche, com’è logico, di biodiversità. C’è un Paese però che ora ha approvato, per la prima volta al mondo, il deep sea mining, cioè l’estrazione mineraria sui fondali oceanici.

Stiamo parlando della Norvegia che con un disegno di legge approvato il 9 gennaio scorso ha di fatto accelerato l'esplorazione mineraria in acque profonde, nonostante gli allarmi di scienziati ed organizzazioni ambientaliste. Sul deep sea mining la ricerca scientifica è ancora relativamente limitata ma sappiamo che gli impatti ecologici non sono indifferenti. Il rapporto di  Planet Tracker, organizzazione indipendente che da tempo si occupa di questi temi, ha dichiarato che “tentare di riparare ai danni causati dall’estrazione mineraria nei fondali oceanici costerebbe talmente tanto che né le aziende né i governi pagherebbero per farlo. Le istituzioni finanziarie quindi non dovrebbero supportare il deep sea mining”.

 

Ora però la Norvegia di fatto ha deciso di accelerare tale pratica dandosi l’opportunità di rilasciare permessi che consentirebbero alle imprese di esplorare circa 281.000 chilometri quadrati del fondale marino. L'autorizzazione all'estrazione di minerali per attività prettamente commerciali dovrà richiedere un ulteriore voto parlamentare, ma la decisione del 9 gennaio sembra aver creato un precedente importante. 

Lo stesso  governo norvegese ha respinto le polemiche dichiarando di procedere con cautela, rilasciando le  licenze per l’estrazione solo dopo ulteriori studi ambientali. Nonostante tutte le cautele del caso però la notizia è che tali licenze ora possono essere rilasciate per esplorare un’area interna alle acque nazionali norvegesi ma che di fatto è più grande dell’intero Regno Unito.

I minerali che potrebbero essere cercati ed estratti dai fondali oceanici sono il litio, lo scandio e il cobalto, tutti minerali essenziali per la produzione di tecnologie, in primis di batterie. Minerali che per altro sono anche inseriti nella lista dei minerali considerati critici e di cui abbiamo ampiamente parlato anche su Il Bo Live. 

Una decisione quindi, quella del governo norvegese, che ancora una volta mette il Paese in una situazione controversa e di contrasto con l'UE e il Regno Unito, che da diverso tempo hanno chiesto un divieto temporaneo della pratica proprio a causa delle preoccupazioni per i danni ambientali.

Nel novembre scorso, come riportato dalla BBC, 120 legislatori dell'UE hanno scritto una lettera aperta chiedendo proprio al parlamento norvegese di respingere il progetto a causa "del rischio di tale attività per la biodiversità marina e dell'accelerazione dei cambiamenti climatici". La lettera ha anche affermato che la valutazione dell'impatto condotta dalla Norvegia aveva troppi vuoti di conoscenza.

Come abbiamo visto la letteratura scientifica sul tema non è ancora così ampia, ma sappiamo che tecniche per raccogliere i minerali dal fondo del mare infatti potrebbero generare sia inquinamento acustico che luminoso significativo, oltre naturalmente ai danni all'habitat degli organismi presenti.

Lo stesso Istituto norvegese di ricerca marina (IMR) ha dichiarato che il governo aveva fatto supposizioni da una piccola area di ricerca e le aveva applicate all'intera area prevista per la perforazione, stimando che siano necessari almeno altri cinque-dieci anni di ricerca per conoscere a fondo sugli impatti sulle specie.

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