SCIENZA E RICERCA

Un nuovo tipo di gesso per i due calchi di Pompei

Un ritrovamento, definito “incredibile”, è avvenuto qualche giorno fa a Pompei, più precisamente all’interno dello scavo di Civita Giuliana. Attraverso la tecnica dei calchi è stato possibile riempire i vuoti lasciati dai corpi di due vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e quindi avere accesso a una serie di dettagli che li riguardano. Questo luogo, teatro di un altro ritrovamento fuori dal comune lo scorso anno, è in realtà ciò che rimane di un’antica villa in stile, e nel corso dei secoli è stato più volte saccheggiato dai cosiddetti “tombaroli”. Lo scavo della villa è frutto di un protocollo di intesa con la procura di Torre Annunziata. Si tratta di un’enorme villa rustica, che è stata oggetto di una serie di scavi clandestini negli ultimi 30-40 anni. Da gennaio il team di ricerca ha lavorato in ambienti che erano già stati scavati agli inizi del Novecento, concentrandosi nelle ultime due settimane su un criptoportico (vale a dire una via di passaggio coperta). Una volta trovata la via di accesso al criptoportico, ancora mai analizzato, hanno iniziato a scavare e, arrivati all’altezza di ciò che corrisponde alla seconda corrente piroclastica, hanno rinvenuto dei fori. Con l’antropologo hanno accertato la presenza di ossa all’interno del vuoto e hanno deciso di fare il calco.

Intervista alla dottoressa Luana Toniolo, direttrice operativa dello scavo di Civita Giuliana - Servizio di Elisa Speronello

La tecnica dei calchi è rimasta sostanzialmente immutata da quando è stata inventata, negli anni Sessanta dell’Ottocento da Giuseppe Fiorelli. Consiste nel riempire con una miscela di gesso i vuoti che un tempo erano occupati dai corpi delle vittime dell’eruzione. Non tutti gli abitanti di Pompei, infatti, sono morti perché arrivati a contatto con la lava, alcuni sono stati sorpresi dai lapilli, pomici, crollo di tetti, e dalla cenere che, come una coltre nera, ha sepolto ogni cosa sul suo cammino. In questo strato compatto e resistente creato dal depositarsi dei materiali si sono creati, appunto, dei vuoti, laddove i corpi delle vittime si sono decomposti. 

“Ciò che è diverso rispetto alla tecnica di Fiorelli”, sottolinea la dottoressa Luana Toniolo, direttrice operativa dello scavo di Civita Giuliana, “è tutta la fase di studio precedente, che ha permesso di recuperare una serie di informazioni che nei calchi precedenti sono andate perse”.

Ci è voluta una settimana prima di decidere di fare il calco, perché nel frattempo sono stati portati avanti alcuni accertamenti. L’antropologa ha estratto varie ossa, che saranno sottoposte all’analisi del dna, contemporaneamente è stata effettuata un’endoscopia, per verificare lo stato di conservazione del vuoto. Proprio grazie all’endoscopia è stato possibile capire in anticipo che il vuoto era ben conservato, al punto di presentare tracce delle vesti, e anche delle vene del corpo. Al termine di queste operazioni è stato effettuato anche un laser scanner che ha permesso la ricostruzione di un modello 3D con le ossa in situ, per entrambe le vittime. Sono stati raccolti così molti dati che possono essere utilizzati per analisi successive.

Dal canale Youtube Pompeii sites

Anche la mistura di gesso è stata scelta accuratamente, dopo una serie di prove, per testare la composizione migliore che fosse sufficientemente attenta ai dettagli. In questo modo è stato possibile scoprire l’ordito e la trama delle vesti, oltre che altri dettagli che riguardano le due vittime. Per esempio lo schiacciamento di alcune vertebre di uno dei due ha portato all’ipotesi che si trattasse di uno schiavo. La particolarità dei tessuti, invece, suggerisce l’alto rango dell’altra vittima. Per il momento si tratta solo di ipotesi, non verificate. Un’altra particolarità di questo ritrovamento è stata la multidisciplinarietà: hanno collaborato diverse professionalità scientifiche, dal vulcanologo, all’antropologa, fino all’archeozoologo, tutti a lavorare al fianco del restauratore. Poi è stata presente anche una specialista dei tessuti perché, oltre ai calchi dei due umani, sono stati realizzati anche quelli di alcuni ammassi di tessuti che erano presenti nel sito.

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