CULTURA

Gli octopus e la loro complessità mentale

Il 22 aprile scorso, dopo un mese e un giorno dall'equinozio di primavera, si è celebrata la giornata internazionale della Terra e della sua salvaguardia che, negli ultimi 49 anni è diventato Il Problema. Ce lo ha dovuto ricordare la sedicenne attivista Greta Thunberg che ha sollevato il mondo al Global Climate Strike e ora è candidata al Nobel per la Pace, che a nessuno si nega e sarebbe bello lo avesse lei.

Quando si parla del nostro pianeta sarebbe appropriato riferirsi ad esso come al Mare più che alla Terra: lo ricorda lo scrittore norvegese Morten Stroksnes nel suo " Il libro del mare", tale è non solo la prevalenza dell'acqua sulla terraferma ma anche il suo ruolo di culla della vita e ora, ahinoi, anche di sinistro marcatore della sua disfatta.

Ne parla diffusamente anche il filosofo della scienza australiano Peter Godfrey-Smith nel suo Altre menti tradotto da Isabella C. Blum per Adelphi nella collana “Animalia”, saggio poetico dedicato ai cefalopodi - seppie, calamari ma soprattutto  polipi - e alla loro complessità mentale. Gli octopus rappresentano infatti un'anomalia nel mondo  degli invertebrati per il percorso evolutivo del loro dotatissimo cervello in una storia che prende le mosse in acqua "La mente evolse in mare: fu l'acqua a renderla possibile" ricorda Godfrey-Smith che sottolinea anche come ciò che accade negli oceani sia spesso pericolosamente non visibile: gli aspetti che fecero del mare un ambiente favorevole alla vita e della mente si sono manifestate infatti  su scala microscopica. E allo stesso modo il mare non mostra platealmente e subito le ferite e le conseguenze dei colpi che gli vengono inferti come fa invece una foresta. Le isole di plastica le vediamo quando sono ormai troppo ingombranti. Ciò fa e ha fatto della questione ecologica marina una faccenda apparentemente meno urgente di altre istanze ambientali.

Il mare assorbe lo stress in modo silente ma alla fine si arrende, ne è riprova la comparsa in acqua di "zone morte", divenute tali perlopiù per la perdita di ossigeno, che sono l'antitesi della fecondità di un ambiente che è liquido amniotico di tutti noi. Il filosofo che è anche diver esperto ricorda che immergersi in esso è nuotare in una comune origine ed è anche per questo irrimandabile la messa  in pratica di azioni per tutelarlo. È proprio durante le sue lunghe immersioni che Godfrey-Smith ha studiato le "altre menti", altre rispetto a quelle dell'animale Uomo, segnatamente dei polipi creature dai 500 milioni di neuroni (i cani ne hanno solo 100 milioni in più) e dalla vita complessa e breve (un paio d'anni). 

Un giro di vita nell'esistenza dei polipi, racconta il filosofo nell’excursus sulla parabola evoluzionistica di questi animali, è avvenuto con la perdita dell'esoscheletro, una conchiglia a cappuccio, di cui si erano muniti durante il favoloso  Cambriano: privi di ossa e parti dure, a parte becco e occhio, sono divenuti gli esseri che conosciamo, flessibili e capaci di infilarsi in pertugi del diametro della loro pupilla, sostanzialmente privi di forma e per questo capaci di assumerne di ogni tipo, come un Barbapapà. La perdita della corazza ha significato per questi cefalopodi  aumento della vulnerabilità e sprone per potenziare cervello, attitudine al problem solving e all’organizzazione del futuro; i loro numerosi neuroni sono andati a collocarsi soprattutto nelle braccia, i famosi tentacoli che non dispongono solo del senso del tatto ma anche della capacità di percepire sostanze chimiche, di capacità olfattive e gustative. Sono capaci di movimenti coordinati ed eleganti grazie alla presenza di circuiti neurali che conferiscono al singolo braccio una forma di memoria a breve termine. Coi tentacoli esplorano, assaggiano l'esterno in tutti i sensi e sembra persino che i polipi, peraltro creature tendenzialmente abbastanza asociali, si salutino con una sorta di give me five.

Godfrey-Smith li ha studiati  ad Octopolis, un insediamento a circa cinque metri di profondità sulla costa orientale australiana scoperto nel 2009 da Matthew Lawrence, non lontano dal quale un paio di anni fa è stata rinvenuto un sito analogo ancora più interessante battezzato Octlantis, l'Atlantide cefalopoda.

Queste bizzarre comuni sembrano quelle vagheggiato dai Beatles in "Octopus Garden", rifugi tra rocce e conchiglie dove i molluschi hanno offerto a chi è andato a trovarli anche  lo spettacolo d'arte varia dell'esibizione cromatica: la cute dei cefalopodi, infatti, è uno schermo ad alta risoluzione dove gli animali, grazie a dispositivi di controllo del colore sotto lo strato le derma, creano pattern colorati, cangianti e luminosi. Tale sfoggio caleidoscopico non ha, solo, la funzione di attrarre partner, mimetizzarsi o reagire ad una presenza: il flusso cromatico, prodotto anche dall'animale che crede di essere solo (ma è stato ripreso da videocamere nascoste) potrebbe avere a che fare con un flusso quasi di coscienza, un'incessante lavorio interiore del cefalopode impegnato nella disamina di informazioni. Qualcosa di - vagamente e idealmente - simile alla funzione umana dell'inner speech, un medium espressivo autoriferito ma  non inseribile, nel caso dei cafalopodi, in circuiti a feedback

È straniante ravvisare nella creatura più vicina all'iconografia dell'alieno che si possa immaginare (otto zampe, tre cuori, sangue blu e un becco), una tale complessità e possibile familiarità. Da qualche tempo e sempre più spesso si legge e vede su youtube di polipi giocherelloni e dispettosi, capaci di svitare barattoli, orientarsi in labirinti, spegnere la luce degli acquari spruzzando acqua nottetempo su impianti elettrici, mettere in atto comportamenti ragionevolmente coerenti. Quello che Godfrey-Smith fa in più, oltre a documentare e approfondire l'aneddotica da web, è riflettere  da par suo sulla nostra coscienza di umani di fronte alla possibilità che esistano menti sufficientemente complesse e consapevoli anche in esseri che nell'albero della vita occupano un posto tanto lontano dal nostro.

In particolare il fatto che nei cefalopodi una grande quantità di neuroni sia negli arti e non nel cervello, commenta il filosofo della scienza, fa del polipo una creatura che vive al di fuori della nota divisione mente e corpo e ci fa immaginare la coscienza animale come un'entità potenzialmente erratica.

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