SOCIETÀ

Osservatorio permanente per la raccolta dati sui beni confiscati: un'occasione da non perdere

Sono passati 40 anni dall’omicidio di una delle persone che più si erano spese per combattere a mafia. 40 anni dall’uccisione di Pio La Torre, che fu tra i primi a capire che per sconfiggere la criminalità organizzata l’Italia avrebbe dovuto dotarsi di leggi diverse. La legge legge 646 del 1982, nota proprio come la “Rognoni-La Torre”, aveva preso  spunto da una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 31 marzo 1980 da Pio La Torre e che di fatto introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso”, cioè il “famoso” articolo 416 bis. Non solo però, perché la Rognoni-La Torre introdusse anche le prime misure di sequestro e confisca dei beni ai mafiosi. Per la prima volta quindi, si andava ad intaccare anche il patrimonio del mafioso e non solo la libertà personale.

Una legge postuma, come purtroppo spesso è accaduto in quegli anni. Il secondo passaggio fondamentale quando parliamo di confisca dei beni ai mafiosi è il 1996. Una legge di iniziativa popolare, voluta proprio dall’’associazione Libera, fondata da Don Ciotti, che il 30 giugno 1995 uscì con un appello su oltre 40 testate nazionali e locali. “Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza e lotta”. La 109/96 regolava le “Disposizioni in materia di gestione di beni sequestrati o confiscati”. 

Dal 1996 ad oggi sono passati 26 anni e molto si è fatto in tema di confische dei beni. Questo è ancora uno strumento fondamentale e lo è per diversi motivi. Uno di questi è anche il riutilizzo sociale che si dovrebbe fare di questi beni. In riutilizzo che in molti casi è virtuoso ma che ha una macchina amministrativa che negli anni ha mostrato più di qualche lentezza. Ora, alla presenza della ministra Marta Cartabia, il 21 giugno scorso si è insediato l’Osservatorio Permanente sulla raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati.

L’organismo è nato a seguito della sottoscrizione del Protocollo firmato dal Capo del Gabinetto del Ministero della giustizia, Raffaele Piccirillo e dal Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Prefetto Bruno Corda, e ha l’obiettivo di monitorare le rispettive piattaforme informatiche, individuando possibili correttivi che consentano un completo e corretto scambio di informazioni. Il lavoro da fare non è poco, anche se non si parte da zero.

Negli scorsi anni infatti, erano nati diversi progetti, locali e non, di monitoraggio civico proprio per sopperire alle mancanze dell’Agenzia Nazionale. Uno di questi si chiama conficatibene e cercava di monitorare, rendendo aperti i dati, tutti gli immobili e le aziende confiscate. Dopo la nascita di confiscatibene e la conseguente richiesta di rendere i dati aperti e machine readable, l’ANBSC ha inserito tutti i dati anche nel loro sito. 

La nascita dell’osservatorio permanente quindi dovrebbe consentire di conoscere l’intera storia di beni sottratti alla criminalità organizzata, dal sequestro fino alla confisca definitiva. Questo è un aspetto indispensabile non solo ai fini statistici, ma anche per affrontare tempestivamente ogni criticità in grado di ostacolarne la conservazione e, di conseguenza, la destinazione e il riutilizzo. Un obiettivo questo, raggiungibile solo con una perfetta interconnessione tra le banche dati del Ministero della giustizia e l’ANBSC.

“Credo che la nascita di questo Osservatorio sia un passo importante per uno sviluppo significativo relativo ad un settore che ci riguarda moltissimo: quello dei beni delle aziende sequestrate e confiscate che viene considerato da tutti uno dei capisaldi della nostra legislazione nel contrasto al crimine organizzato dentro e fuori i confini nazionali – ha dichiarato la Ministra Cartabia durante la presentazione del progetto - in questo momento poi  anche per il lavoro che si sta compiendo con le sanzioni all’Ucraina, la legislazione italiana sulla confisca e in generale sui sequestri in tutte le sue articolazioni e sfaccettature viene menzionata a livello internazionale”.

Conoscere i dati e le storie di questi beni significa anche riuscire a monitorare nel dettaglio le varie situazioni. Oltre ai beni immobili infatti, ad essere confiscate alle mafie ci sono anche intere aziende. Queste necessitano una gestione per non perdere l’intero patrimonio materiale e lavorativo. La stessa ministra però ha ricordato come  “siano 145 le aziende attive delle 2.245 attualmente in gestione pari al 6,5% del totale; il numero di quelle già destinate, attive sul mercato, è pari al 4,4% di quelle complessivamente confiscate definitivamente (90 su 1.675 aziende confiscate definitivamente)”.

Numeri definiti esigui anche per la Ministra, e si spera che l’Osservatorio possa essere utile anche a questo scopo. È necessario infatti lavorare con i dati a disposizione, mettendo in sinergia le competenze e rendendoli anche aperti, in modo tale che anche i cittadini possa effettuare un monitoraggio civico della situazione. 

“L’iniziativa di questo Osservatorio crea quello snodo di raccordo tra le varie articolazioni amministrative competenti che può semplificare molto il lavoro”-  ha poi concluso la Ministra.

Il monitoraggio stesso però ancora non è del tutto semplice da effettuare in quanto è complesso reperire la totalità dei beni confiscati e non solo quelli dati in gestione. Un piccolo passo in avanti però, seppur lento, è stato fatto. Ci auguriamo che quest’ultimo tassello, con l’operatività dell’Osservatorio permanente sulla raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati farà finalmente fare quel salto di qualità necessario per poter dire che in quei luoghi la mafia si ha perso, ma anche lo Stato ha vinto.

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