SOCIETÀ

I popoli dell’Amazzonia, tra integrazione e isolamento volontario

Nel 1999 l’Ecuador, primo Paese al mondo, istituiva una zona intangibile riservata al diritto all’autodeterminazione dei popoli incontattati Tagaeri-Taromenane. Solo nel 2007 però la Zona Intangibile Tagaeri-Taromenane (ZITT) veniva finalmente delimitata, occupando un’area di 7.500 chilometri quadrati nella regione amazzonica ai confini con il Peru, perpetuamente vietata ad ogni attività industriale.

Più recentemente l'area è stata ulteriormente ampliata, ma continua a trattarsi di un progetto nella carta, invisibile sul terreno. Un luogo di frontiera dove l'estrazione del petrolio e la deforestazione illegale avanzano ogni giorno, provocando una perdita della diversità biologica e occultando il rischio estinzione dei Tagaeri-Taromenane: poche centinaia di persone che evitano ogni contatto con la società moderna.

Intervista completa a Milagros Aguirre, traduzione e montaggio di Anna Bellettato.

Da anni Milagros Aguirre si occupa di popoli indigeni e di diritti umani con uno sguardo acuto ed indagatore, sui fatti ma anche sulle modalità con le quali la società maggioritaria e metropolitana dell'Ecuador guarda a ciò che succede in un territorio non ancora integrato nel paese: l'Amazzonia. Giornalista e responsabile editoriale di Abya Yala, una delle editrici scientifiche più importanti dell'Ecuador e dell'America Latina, Aguirre l’11 ottobre ha tenuto a Padova una conferenza sul tema dei popoli indigeni amazzonici che mantengono gli stili di vita tradizionali e rifuggono i simboli della modernità: strade, negozi e fabbriche, ma anche scuole e ospedali.

Il tema dei popoli indigeni isolati è complesso: su loro sappiamo ancora molto poco – dice Milagros Aguirre a Il Bo Live –.In Ecuador l’ultimo gruppo con cui c’è stato contatto, in questo caso con alcuni missionari evangelici nel 1956, è stato il popolo Waorani, mentre altri si sono avvicinati alla società nazionale negli anni ’70: ci sono però ancora almeno due o tre gruppi che rimangono in isolamento e che sono soggetti a protezione internazionale”.

Oggi gli indigeni vivono in una gabbia circondata dal petrolio MIlagros Aguirre

Queste popolazioni oggi sono minacciate su vari fronti: l’avanzamento delle coltivazioni, le attività illegali (come il disboscamento e le coltivazioni illecite) e soprattutto le estrazioni petrolifere. Secondo Aguirre però “le principali minacce derivano soprattutto dalle omissioni dello Stato, che ha fatto molte leggi che in teoria servono a proteggere gli indigeni ma che nella realtà rimangono solo sulla carta. I confini di questa zona intangibile sono stati fatti sulla base delle esigenze dei produttori petroliferi, non delle necessità dei villaggi, e non sono neppure stati presi in considerazione i luoghi di culto. Potremmo dire che questi indigeni al momento sono in una gabbia circondata da petrolio. E negli ultimi anni questi gruppi hanno subito diversi attacchi, che hanno provocato almeno due morti e che non sono stati ancora chiariti di fronte alla società ecuadoriana”.

Ad accogliere Milagros Aguirre presso il Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale è stato Massimo De Marchi, esperto in conflitti e politiche territoriali ed ambientali e coordinatore del gruppo di ricerca su cambiamenti climatici, territori, diversità, che da anni si occupa di Amazzonia anche in collaborazione con la giornalista ecuadoriana. “Abbiamo parlato di protezione solo sulla carta, ma a volte questa non arriva nemmeno nelle carte, intendendo quelle geografiche – spiega De Marchi –. Da anni molte mappe ufficiali, in particolare quelle per le concessioni petrolifere, continuano a non riportare la zona riservata alle popolazioni indigene isolate”.

Proprio all’analisi e alla delimitazione cartografica dell’area De Marchi ha dedicato, assieme ad altri componenti del gruppo di ricerca, diversi studi e ricerche (tra cui il libro Zona Intangible Tagaeri Taromenane (ZITT): ¿una, ninguna, cien mil?, Cleup 2013): “L’attività di ricerca normalmente serve a produrre articoli scientifici, spesso in inglese, di cui rimane quasi nulla alle popolazioni locali – continua De Marchi –. Noi con il nostro lavoro stiamo cercando di partecipare al dibattito pubblico ecuadoriano, assieme ad attori locali come Milagros. Oggi c’è l'esigenza di rendere visibile questa zona protetta, nelle carte geografiche e anche al suolo: per questo c’è bisogno di una riflessione a tutto tondo, che vada dalle politiche alle azioni concrete e che coinvolga anche gli agricoltori e gli altri indigeni che vivono in quel territorio”.

Di equilibrio ecologico e delle culture native si sta parlando proprio in questi giorni a Roma, al sinodo della Chiesa Cattolica sull’Amazzonia. “I richiami di Papa a difendere la casa comune ci aiutano a pensare a un’Amazzonia ‘romantica’, libera e bella – conclude Aguirre –. Rimane però qualcosa di cui non si parla: le complessità, le grandi contraddizioni e le disuguaglianze che oggi caratterizzano questo territorio”.

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