SCIENZA E RICERCA

Quando la cattiva comunicazione è nemica della scienza: il caso Papilloma virus

Hai mai sentito parlare dell’Hpv?”. Con questa domanda si è celebrata lo scorso 4 marzo la Giornata mondiale contro il Papilloma virus umano, responsabile di infezioni che possono determinare l’insorgenza di forme tumorali quali il tumore della cervice uterina, ma non solo. È ormai nota a tutti la modalità di trasmissione che avviene prevalentemente per via sessuale e anche l’esistenza di un vaccino anti-Hpv. Quest’ultimo, però, non viene ancora accettato da una parte della popolazione, scettica o totalmente contraria al suo utilizzo.

Cosa ci dice la scienza? Un recente studio ha dimostrato come tale vaccino sia incredibilmente efficace contro l’Hpv: in oltre 10 anni si è infatti registrato un importante calo dei casi di infezione e un costante aumento della protezione dai casi estremi, come il cancro alla cervice uterina. Nonostante il personale medico abbia riconosciuto la sua efficienza, non si sono però avuti risultati molto soddisfacenti sul piano della prevenzione vaccinale. I livelli di adesione alla vaccinazione risultano infatti ancora ben al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale. E non solo. Come si legge in un rapporto del ministero della Salute le vaccinazioni contro il Papilloma virus sarebbero addirittura in calo, in particolare quelle relative alla copertura dell’intero ciclo, elemento che indica come spesso si sia iniziato, ma non completato, l’iter vaccinale. Un quadro fortemente negativo, che dovrebbe senza dubbio allarmare e spronare l’intera popolazione per dare il via ad un’inversione di tendenza. Ma come si è giunti a questo?

Molti puntano il dito contro i No Vax, accusati di aver contribuito alla diffusione di un’informazione totalmente errata e ricca di falsi allarmismi, spinti da motivazioni perlopiù ideologiche, religiose o morali. Essi considerano le vaccinazioni come una pratica potenzialmente dannosa per la salute, utilizzata al solo scopo di arricchire le grandi aziende farmaceutiche a scapito della cittadinanza, ‘succube’ del sistema dominante. Per sostenere questa tesi, la loro linea di pensiero poggia ripetutamente su presunte reazioni avverse verificatevi in seguito alla pratica vaccinale: il collegamento tra prevenzione e incidenza di gravi effetti collaterali trova largo spazio all’interno di queste discussioni. Ma è una connessione legittima? Spesso si tratta di bufale che non trovano alcun riscontro scientifico: nella maggior parte dei casi la vaccinazione può infatti comportare solo lievi disturbi locali o qualche linea di febbre, sintomi che scompaiono nel giro di pochi giorni. I casi più gravi - estremamente rari - si registrano in pazienti che presentano già altri deficit immunitari o problematiche di salute, aspetti che però vengono completamente ignorati dai No Vax.

Appello dell'OMS per la vaccinazione anti-Hpv in risposta alle campagne No Vax


Svelato l’inganno celato dietro a certe affermazioni prive di nesso logico e soprattutto scientifico, sembrerebbe facile arginare questo problema di cattiva comunicazione, ma così non è. Come riporta Nature in un articolo del 9 maggio 2019, la propagazione di voci su possibili gravi infezioni derivanti dalle vaccinazioni può infatti avere un forte impatto sulla concezione di tale pratica preventiva. Le informazioni sui vaccini si diffondono generalmente attraverso la rete, dove ha luogo ormai la maggior parte di divulgazione, scientifica o meno. E proprio il cambiamento nella comunicazione della scienza da un gruppo ristretto di esperti al grande pubblico può essere identificato come uno dei possibili elementi determinanti nel processo di diffusione di fake news. In passato, la trasmissione di nozioni scientifiche - per cui, anche di informazioni sui vaccini - avveniva in una sola direzione: lo specialista in materia, a cui si riconoscevano stima, fiducia e professionalità, comunicava con l’intera popolazione fornendo conoscenze che non venivano quasi mai messe in dubbio.

Cosa è cambiato al giorno d’oggi? Grazie alla diffusione delle moderne tecnologie - in particolare, dei social network - il cittadino ha completamente abbandonato il suo ruolo passivo, con la volontà di agire in prima linea all’interno dei dibattiti di carattere scientifico, sentendosi in qualche modo protagonista assoluto delle vicende che possono riguardarlo. È così entrata in crisi la figura dell’esperto. Vi è quindi la tendenza a non fidarsi più a priori delle sue dichiarazioni: questo si verifica sia per la possibilità di accedere a molti più dati - ‘imparando da autodidatta’ - sia per l’aumento di informazioni circolanti che non riducono l’incertezza su un certo tema, ma, al contrario, aprono nuovi fronti di perplessità. Informazioni che però, come si è visto, possono rivelarsi completamente sbagliate.

Nature afferma inoltre che gli individui scelgono o meno di vaccinarsi anche in base alla loro personale percezione del rischio di possibili infezioni che potrebbero verificarsi in seguito alla pratica vaccinale. Il processo decisionale viene quindi influenzato da una serie di fattori, tra cui storico, politico, geografico, sociale, sanitario, ma anche culturale e relazionale. La comunicazione interpersonale riveste infatti un ruolo importante, soprattutto quella che avviene all’interno delle piattaforme virtuali dove si verifica quotidianamente un intenso scambio di opinioni, informazioni e percezioni che possono mutare nel tempo e condizionare i successivi atteggiamenti delle persone nei confronti delle vaccinazioni. Il rischio - di gravi effetti collaterali - percepito è un aspetto trainante nel momento in cui si tenuti a prendere una decisione: un suo lieve aumento, amplificato dai social media online e dalle conversazioni sul web, può causare un brusco calo della copertura vaccinale.

È giusto considerare anche un ultimo fattore che si riscontra all’interno della comunicazione e che prende il nome di euristica della disponibilità. In sostanza, l’uomo adotta spesso delle procedure decisionali semplificate e intuitive - le euristiche - che conducono solitamente ad una concezione errata: nel caso in esame si tende a dare rilevanza a fatti drammatici, salienti o che sono impressi nella memoria. La notizia di un vaccino che si pensa possa aver causato gravi effetti collaterali viene così ricordata più semplicemente, anche se si tratta di un episodio isolato.

Compresi i fattori che possono giocare un ruolo chiave nella cattiva percezione che a volte si tende ad avere nei confronti della vaccinazione, è quindi necessario intervenire per ridarle importanza, dal momento che essa è stata fin da sempre una delle misure più efficaci ed economiche per prevenire la trasmissione di malattie e continua ad esserlo tutt’oggi. A tal proposito, anche i principali social network hanno preso una posizione ben precisa. Dopo Facebook, Pinterest e YouTube, anche Instagram e Twitter hanno deciso di alzare i controlli contro la diffusione di fake news sulla vaccinazione, mettendo al bando post, hashtag e immagini No Vax. Una vera e propria alleanza comune per tentare di dire finalmente basta alla disinformazione.

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