SCIENZA E RICERCA

Quei benedetti errori

Non ci piacciono ma non c’è modo di evitarli e alla fine ciascuno di noi, ripensando alla propria vita, non potrà che concludere che siano stati importanti almeno quanto gli obiettivi raggiunti. Eppure gli sbagli continuano a essere un tabù, nonostante siano essenziali in ogni percorso professionale e di vita: “C’è del genio nell’errore”, esordisce in Storie di errori memorabili (Laterza 2024) Piero Martin, fisico dell’università di Padova e vecchia conoscenza de Il Bo Live, una vita passata a studiare la fusione nucleare prendendo parte ai più importanti progetti di ricerca internazionali.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Barbara Paknazar

Del resto è la stessa natura a commettere ‘errori’: come nelle mutazioni genetiche, che però permettono l’evoluzione; per molti anzi è la vita stessa a essere un (meraviglioso) scherzo del caso. A maggior ragione anche la scienza ha una storia tutt’altro che lineare, piena com’è di deviazioni e di vicoli ciechi: alcuni provocati dall’ottusità e dal conformismo, altri invece decisamente fecondi, nel senso di riuscire a rompere gli schemi mentali dai quali anche gli scienziati, come ogni essere umano, sono influenzati. A questo riguardo il tipico esempio è quello di Alexander Fleming e della sua scoperta più importante, la penicillina, simbolo di quella serendipità che sempre più affascina scienziati e lettori; “Pochi però conoscono il medico italiano Vincenzo Tiberio, che trent’anni prima di Fleming osserva che non appena un pozzo viene pulito dalla muffa chi beve della sua acqua si ammala più frequentemente – spiega Martin durante l’incontro di presentazione tenutasi recentemente a Padova –. Sull’argomento Tiberio pubblica un articolo che purtroppo però viene ignorato dagli altri scienziati, così oggi a ricordarlo c’è solo una piccola targa nel suo paese natale, in provincia di Campobasso”. 

Anche i grandissimi sbagliano: è il caso di Enrico Fermi, che durante le ricerche in via Panisperna in un primo momento si convince di aver trovato due nuovi elementi più pesanti dell’uranio, pomposamente battezzati esperio e ausonio, salvo in seguito scoprire – grazie alle osservazioni di Lise Meitner, Otto Frisch, Otto Hahn e Fritz Strassmann – di essere di fronte alla fissione dell’atomo. Una scoperta che in seguito sarà alla base dei successivi studi condotti dal fisico italiano negli Stati Uniti, e che lui stesso decide di ammettere in una postilla alla versione scritta della lezione tenuta a Stoccolma dopo aver ricevuto il premio Nobel. Un esempio di come lo sbaglio individuale sia non solo comune, ma quasi necessario nel dibattito scientifico, purché prontamente verificato, riconosciuto e ammesso. 

Proprio come nell’evoluzione della vita infatti anche quella della scienza necessita di saggiare diverse strade prima di scegliere la più adatta. Del resto lo stesso universo in cui viviamo, ha scritto una volta Telmo Pievani, “è precario perché non è perfetto, perché non è necessario e concluso in sé, perché avrebbe potuto essere diversamente”. Una riflessione che a sua volta ha ispirato a Giovanni Battista ‘G.B.’ Zorzoli, già sodale di Umberto Eco e tra le personalità più influenti in Italia nella ricerca su energia e ambiente, l’interessante libro Gli errori fecondi (Il Mulino 2024). "Se il primo organismo vivente fosse stato perfetto non si sarebbe mai evoluto, così oggi vivremmo in un mondo di organismi cellulari tutti uguali: statico, noiosissimo e senza homo sapiens”, ha spiegato durante l’incontro citato l’autore, che nel volume non si limita alla scienza ma mette in luce anche tanti altri felici equivoci ed incomprensioni nell’economia come nella storia, da Cristoforo Colombo a Rockefeller: “Vergognarsi degli errori è uno dei limiti della natura umana e ho scritto questo libro proprio per rivendicare il diritto all’errore in un paese libero – aggiunge Zorzoli –. Chi vuole costruire una società perfetta spesso va a finire nel giustificare l’oppressione”. Per concludere, alla fine un modo per non sbagliare ci sarebbe: stare fermi e non far nulla. Ma sarebbe forse l’errore più grosso.

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