SOCIETÀ

Rapporto IRENA 2021: emerge consenso su elettrificazione, rinnovabili ed efficientamento

Il 14 luglio scorso la Commissione Europea ha adottato un pacchetto di proposte legislative volte a mettere in atto le politiche climatiche, energetiche e fiscali necessarie a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati dal Green Deal, ovvero ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni di gas serra (rispetto ai livelli del 1990) e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Il progetto è ambizioso ma più che mai necessario per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico già in atto: fenomeni meteorologici estremi come le alluvioni che hanno colpito la Germania e il Belgio in questi giorni rischiano di diventare sempre più frequenti.

La partita più importante si gioca sul fronte del settore energetico, oggi altamente dipendente dai combustibili fossili quali petrolio, gas e carbone e che proprio da questi dovrà emanciparsi per fare affidamento in quote sempre crescenti a fonti di energia rinnovabile come il fotovoltaico e l’eolico, da cui si genera elettricità senza emissioni di CO2.

Il 16 luglio, il Centro studi di economia e tecnica dell’energia Giorgio Levi Cases dell’università di Padova, diretto da Alberto Bertucco, ha ospitato la presentazione del rapporto 2021 The World Energy Transition Outlook pubblicato da IRENA (International Renewable Energy Agency), l’agenzia internazionale per le rinnovabili, associazione intergovernativa e piattaforma di cooperazione internazionale che conta 164 membri, compresa l’Unione Europea.

Elettrificazione tramite rinnovabili ed efficientamento energetico dovranno essere i due pilastri fondamentali della transizione energetica, secondo l’analisi di IRENA, e serviranno a ridurre a zero entro il 2050 gli oltre 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (36 Gt CO2 eq) che ogni anno il settore energetico immette in atmosfera.

“C’è ormai consenso diffuso attorno al fatto che una transizione energetica imperniata sulle rinnovabili e su tecnologie innovative sia il solo modo per darci una concreta possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C entro il 2050” ha dichiarato il direttore generale di IRENA, Francesco La Camera. “La transizione energetica guiderà la trasformazione economica, è una sfida che può intimorire, ma reca con sé anche opportunità senza precedenti che possono rivitalizzare le economie e portare le persone fuori dalla povertà. Il rapporto individua la cornice politico-legislativa e le strutture finanziare necessarie a rendere la transizione energetica giusta e inclusiva. Abbiamo le conoscenze, abbiamo gli strumenti e dobbiamo agire subito”.

La generazione dell’elettricità dovrà espandersi di almeno 3 volte rispetto ai valori attuali, arrivando al 2050 a produrre il 90% di elettricità da fonti rinnovabili. “Ho iniziato a studiare negli anni ‘90 le rinnovabili e sembravano qualcosa che non dovesse mai diventare reale” ha commentato Arturo Lorenzoni, professore di economia dell’energia del centro Levi Cases. “Ora sono più che reali. Fino a poco tempo fa avevamo idee molto diverse su come realizzare la decarbonizzazione. Ora ne abbiamo una ben chiara: sia l’Agenzia Internazionale per l’Energia, la IEA, sia IRENA concordano nel dire che entro il 2050 dovremo avere il 90% dell’elettricità prodotta da rinnovabili”.

“Dobbiamo investire nelle rinnovabili ma anche nelle infrastrutture necessarie alla transizione energetica” continua Lorenzoni. “Negli ultimi 10 anni abbiamo raddoppiato la capacità di rinnovabili che siamo in grado di installare ogni anno” passando da poco più di 100 GW installati nel 2010 a 260 GW nel 2020. “Ma siamo sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi? Cosa succede se ritardassimo gli investimenti?”

Siamo giunti al punto in cui la transizione ecologica non è più arrestabile, secondo Elizabeth Press, direttrice della sezione di Planning and Program Support di IRENA. “Negli ultimi 20 anni la crescita delle rinnovabili è stata netta. I costi delle rinnovabili sono calati, sono più vantaggiose dei combustibili fossili” e lo saranno sempre di più con le nuove legislazioni di carbon pricing (presenti anche nelle nuove proposte della Commissione Europea), strumento fiscale che renderà più costoso e dunque sconveniente l’emissione di CO2.

Nonostante ciò, ci sono ancora molte incognite sulla strada della transizione energetica, come ad esempio la disponibilità di alcuni minerali definiti critici. I prossimi 10 anni saranno decisivi per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati dagli accordi di Parigi. Qualsiasi ritardo ci porterebbe sulla strada di un ulteriore aumento delle temperature globali con profonde e irreversibili conseguenze economiche e umanitarie.

Nei prossimi anni enormi flussi di capitale e investimenti andranno indirizzati verso le energie pulite e dovranno venire supportati da legislazioni lungimiranti che mirino ad accelerare la transizione, ridurre le incertezze, aggirare gli ostacoli, prevenire rallentamenti e garantire una distribuzione equa dei benefici.

Il rapporto IRENA stima che da qui al 2050 saranno necessari 131.000 miliardi di dollari per trasformare le nostre economie, 4.400 miliardi ogni anno a livello globale, l’equivalente di circa il 5% del PIL mondiale del 2019, che serviranno ad aumentare l’efficientamento per ridurre i consumi di energia, installare nuovi impianti per le energie rinnovabili (fotovoltaico e eolico su tutti), aumentare i consumi finali di elettricità (generata da fonti rinnovabili), investire sulle reti intelligenti (smart grids), introdurre gradualmente l’idrogeno nel paniere energetico. Sono necessari grandi investimenti, che serviranno però a prevenire costi che in futuro diventerebbero insostenibili.

Se infatti si contabilizzano le esternalità, ovvero i costi che dovremmo pagare per sanare l’inquinamento dell’aria, i danni alla salute, al clima e di conseguenza all’economia, i benefici diventano tangibili: ogni dollaro speso oggi nella transizione energetica, stima IRENA, farà risparmiare tra i 2 e i 5,5 dollari al 2050. Il guadagno complessivo viene calcolato tra 61.000 e 164.000 miliardi di dollari.

Un altro punto chiave riguarda la geopolitica e l’equità della transizione energetica. “C’è infatti grande differenza tra regioni del mondo nella capacità di sfruttare le rinnovabili” fa notare Elizabeth Press. “L’Africa ha solo il 2% delle rinnovabili nel mondo e questo è inaccettabile”. La Cina arriva al 46%, l’Europa segue al 22%, terzo il Nord America con il 15%, secondo un rapporto IRENA di marzo 2021.

“La transizione può portare più indipendenza energetica, maggior accesso all’energia”. Ha continuato Press. Le rinnovabili consentiranno di rivoluzionare il modello di produzione, distribuzione e consumo dell’energia, passando da un sistema per lo più centralizzato a uno distribuito. Si parla infatti di prosumers, un termine che tiene insieme produttore (producer) e consumatore (consumer). “Tuttavia la natura delle rinnovabili necessita di infrastrutture, su cui investire, che devono interconnettere i cittadini” specifica Press “a livello regionale e continentale”.

“Dobbiamo guardare oltre la tecnologia e valutare l’impatto della transizione energetica su economia, società e ambiente”. Ha ribadito Rabea Ferroukhi, direttrice della sezione Knowledge, Policy and Finance di IRENA. Dobbiamo investire su politiche energetiche che rendano inclusiva la transizione, con un approccio onnicomprensivo, solo così affronteremo le sfide più ampie della transizione”.

L’analisi macroeconomica del rapporto Irena mostra infatti l’enorme potenziale che il cambiamento del paniere energetico porta con sé. Una transizione che raggiunga gli obiettivi climatici prefissati potrebbe aumentare la crescita economica del 2,4% nei prossimi 10 anni. Entro il 2050 sarebbero 122 milioni i posti di lavoro che si verrebbero a creare, più che raddoppiando quelli attuali del settore energetico (58 milioni). Quelli legati alle rinnovabili arriverebbero a più di un terzo del totale (43 milioni).

Naturalmente la cooperazione internazionale sarà indispensabile per coordinare gli sforzi di tutte le nazioni. Se non governata adeguatamente la transizione energetica rischia di generare disuguaglianze e sistemi di sviluppo a velocità diverse. A novembre la Cop 26 di Glasgow sarà un banco di prova cruciale per passare dalle parole ai fatti.

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