SCIENZA E RICERCA

Rapporto Ispra: com'è cambiata la qualità dell'aria durante il lockdown

Martedì 1 dicembre l’Ispra, cioè l’Istituto Superiore di protezione e ricerca ambientale ha pubblicato il suo primo rapporto nazionale di sistema sulla qualità dell’aria. Il documento è estremamente dettagliato ed analizza le concentrazioni di gas serra sull’intero territorio della penisola. Ciò su ciò ci concentreremo ora però è un dettaglio dell’intero rapporto, e riguarda la qualità dell’aria in un periodo pressoché unico nella storia recente: quello del lockdown.

Il biossido di azoto

Già nei primi mesi della pandemia, quando di fatto tutto il nostro Paese ha rallentato di molto il suo ritmo, si erano viste le prime avvisaglie di un rallentamento anche nelle emissioni. Ora il report Ispra conferma quelle ipotesi. Il biossido di azoto (NO2) mediamente è calato intorno al 40%, con valori superiori al 70% in alcuni siti localizzati in prossimità di importanti arterie stradali e questo è dovuto principalmente alla riduzione dei trasporti che, nel breve termine, hanno un impatto importante sulle emissioni.

“Durante il periodo di lockdown - si legge nel report Ispra -, si sono osservate riduzioni molto significative dei flussi di traffico che hanno raggiunto, su base nazionale, a partire dalla metà del mese di marzo circa il 70% per i veicoli leggeri e il 38% per i pesanti, per poi tornare progressivamente ai livelli precedenti nella prima metà di giugno”.

I trasporti su strada, quindi parliamo di mezzi che consumano benzina, gasolio e GPL, a marzo 2020 sono diminuiti rispettivamente del 52%, 41% e 53% e ad aprile del 73%, 60% e 73% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Proprio il trasporto su strada è la principale fonte antropica di ossidi di azoto, e la sua diminuzione può spiegare quanto osservato in merito alle concentrazioni di biossido di azoto. La certezza non si può avere in quanto una comparazione con gli anni precedenti deve inevitabilmente tenere conto anche della variabilità delle condizioni meteorologiche.

Il particolato

L’indagine Ispra, che per quanto riguarda gli effetti del lockdown sulle emissioni in atmosfera va dal 24 febbraio al 3 maggio, si è poi soffermata su un altro agente inquinante. Parliamo del PM e delle sue derivazioni in grandezza PM10 e PM2.5. Queste sono particelle di polveri con diametro rispettivamente più piccolo di 10 e 2.5 micron. Di fatto sono sostanzialmente prodotti secondari delle combustioni, del traffico veicolare, delle industrie o del riscaldamento. La dinamica del particolato inoltre, è fortemente influenzata dalle condizioni meteorologiche.

Questo naturalmente influenza anche l’analisi comparativa con gli anni precedenti. Un esempio concreto per capire questo fatto è ciò che è accaduto nel mese di marzo in Italia. Dal 26 al 30 infatti le condizioni meteo in Italia sono state fortemente influenzate da una depressione ciclonica. Questa ha contribuito a portare dalla regione Caucasica e/o dal deserto del Sahara della sabbia che, “con l’ausilio di venti provenienti dall’est Europa, ha determinato un innalzamento delle polveri nel Nord-Centro Italia, coinvolgendo in parte anche la regione Lazio”.


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Il livello del particolato quindi è influenzato da diversi fattori: dall’uso di combustibili fossili alla combustione di biomassa legnosa fino ad arrivare alle attività agricole e alla dispersione di particelle avvenuta per attrito dei veicoli. 

“Fatte queste premesse - si legge nel report Ispra - si può osservare che nei mesi di marzo e aprile è stata registrata, rispetto allo stesso mese del 2019, una riduzione della domanda di energia elettrica rispettivamente pari al 10,2% e 17,2% e di conseguenza una riduzione della produzione di energia termoelettrica pari al 16% e 21,4% anche a fronte di un incremento della produzione da fonti rinnovabili in particolare idrica e fotovoltaica”. La produzione industriale inoltre è diminuita a marzo del 28.2 % rispetto allo stesso periodo del 2019. Ciò che non è diminuito, com’è facilmente immaginabile, è il riscaldamento civile che nel mese di marzo ha avuto un incremento del 4,6% dei consumi di gas.

Covid-19 e qualità dell'aria nel Bacino Padano 

Il report Ispra analizza dettagliatamente ogni Regione italiana. Noi, per capire meglio l’andamento di NO2, PM10 e NH3, prenderemo ad esempio ciò che ha prodotto il progetto Life Prepair, che ha realizzato un approfondimento ad hoc per valutare l’effetto delle misure di contenimento sulla qualità dell’aria. Il progetto è attivo dal 2017 ed ha l’obiettivo di realizzare strumenti e azioni per il miglioramento della qualità dell’aria nel Bacino del Po.

La pandemia ha fatto deviare lo studio in particolare sugli effetti del lockdown.

Le analisi hanno riscontrato, come per il resto della penisola, un abbassamento della presenza di NO2, PM10 e NH3 durante il lockdown. In ambito urbano ci sono state “riduzioni di traffico privato dal 10% al 80% e sino al 50% per quello commerciale; in ambito extraurbano, dal 20 all’80 % per il traffico leggero e sino al 50% di quello pesante; in ambito autostradale dal 10% al 85% per i veicoli leggeri e dal 10% al 55% per i veicoli pesanti” Dati che però, nel mese di maggio e quindi contestualmente con l’alleggerimento delle restrizioni ed il progressivo riavvio delle attività socioeconomiche, hanno rilevato un incremento dei flussi di traffico sia auto veicolare che commerciale. 

Mediamente quindi, nel bacino padano il progetto ha  riscontrato una riduzione settimanale massima fino al 40% per gli ossidi di azoto e fino al 21% per il PM10. Anche in questo caso quindi, gli ossidi di azoto si sono ridotti maggiormente rispetto al particolato atmosferico.

Come vediamo dal grafico sottostante prodotto dallo stesso progetto Life PrepAir, la tendenza delle emissioni si conferma del tutto similare rispetto all’andamento nazionale, compresa la particolarità, per il PM10, derivata dall’ultima settimana di marzo e di cui abbiamo parlato prima. I dati sono stati raccolti su tutto il bacino padano utilizzando le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria della rete dei partner Prepair.

Come abbiamo già detto precedentemente PM10 e NO2 sono derivati principalmente dai trasporti, dai consumi industriali, dalla produzione di energia elettrica e dal riscaldamento domestico.

Anche in questo caso si nota che la concentrazione giornaliera media di NO, NO2 e benzene “diminuisce gradualmente nel tempo da gennaio a maggio, come avviene di consueto nel passaggio verso la stagione più calda. Il decremento risulta però particolarmente evidente dal mese di marzo 2020, per poi proseguire nei mesi successivi. Il confronto con i dati dello stesso periodo, ma negli anni 2016-2019, mostra infatti come le concentrazioni dei gas presentino valori ampiamente inferiori alla media e prossimi ai valori minimi”.

Come per il discorso nazionale, anche nel bacino del Po il PM10 ha un andamento più complesso. “Il particolato  - si legge nel report - evidenzia un brusco calo a fine febbraio, quando è stato osservato un importante rimescolamento delle masse d’aria durato alcuni giorni, e successivamente si mantiene per buona parte dei mesi di marzo, aprile e maggio, seppur all’interno della variabilità della media di riferimento (minimi e massimi), con valori più bassi rispetto alla media del quadriennio precedente”.

I periodi con valori più alti di PM10 sono spesso associati a periodi di stagnazione e ridotto ricircolo e coincidono con valori elevati di PM2,5. l comportamento di questi due inquinanti è infatti molto simile, soprattutto nella stagione fredda e anche nel mese di marzo, quando il PM10 risulta composto in prevalenza da PM2,5: quest’ultima frazione granulometrica è nota avere una importante origine secondaria che è il risultato di complessi processi fisico-chimici che dipendono fortemente dalle condizioni meteorologiche. L’unico picco di PM10 in cui è scarso l’apporto di PM2,5 è quello di fine marzo causato dal trasporto di polveri a grande scala proveniente da est Europa e in prevalenza caratterizzato da granulometrica grossolana. Dall’analisi delle immagini da satellite (ESA SENTINEL-3) si è potuto inoltre evidenziare, nella giornata del 24 marzo, la formazione di un “dust-storm” (tempesta di polveri) nella zona del lago di Aral (est Europa, zona del Mar Caspio), attualmente del tutto prosciugato. Queste masse d’aria ricche di “dust” si sono poi introdotte, nei giorni seguenti, all’interno del bacino padano rimanendo intrappolate dall'arco alpino e appenninico”. 

Il report Ispra quindi, ci fornisce, se ancora ce ne fosse il bisogno, la certezza che se si vogliono perseguire politiche volte alla riduzione di NO2 in atmosfera, è necessario ed inevitabile agire sul settore dei trasporti. La quantità di mezzi in circolazione è direttamente proporzionale alla presenza di NO2 in atmosfera. Abbiamo visto però, sia a livello nazionale che più ristretto nel bacino del Po, che in periodi di condizioni meteorologiche di stagnazione, tipiche per altro della Pianura Padana, anche una riduzione delle emissioni come quella avvenuta durante il lockdown non è sufficiente. Anche in questo caso quindi, sarebbero utili politiche volte a ridurre l’emissione di PM10 (e PM2.5 la cui correlazione l’abbiamo vista precedentemente). Ancora una volta quindi, la scienza ha fornito i dati, ma ora la palla decisionale passa alla politica.

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