CULTURA

Riflessioni su presente e futuro dei luoghi dell'arte

I musei e i siti archeologici si preparano a riaprire. Il 18 maggio è la data indicata da tempo, ma di certo non si ripartirà tutti insieme. Per alcuni si parla di fine maggio, per altri addirittura di giugno. Uno per volta, un passo alla volta, dunque, valutando opportunità, possibilità e rischi. Ma la nostra relazione con gli spazi dell'arte resterà la stessa o ne uscirà trasformata? Sicuramente noi visitatori, appassionati frequentatori di musei e gallerie, ci dovremo adattare a una realtà inedita, con regole nuove, almeno per qualche tempo, finché - dimenticato il virus e le sue conseguenze - le cose non torneranno alle condizioni pre-pandemia. Sceglieremo una mostra, prenotando online, varcheremo la soglia del museo, muniti di mascherina, e cercheremo di ricordarci com'era, per ritornare a quel rapporto intimo, di confidenza e stretta vicinanza che abbiamo sempre cercato muovendoci tra le sale, ammirando un'opera d'arte. Proveremo a riconnetterci con quegli spazi ma avremo anche paura. Ci guarderemo intorno, valuteremo le distanze seguendo percorsi obbligati, infilandoci preferibilmente nella sala vuota, quella che non ci costringerà a contemplare un capolavoro in compagnia di altri visitatori. Cercheremo la solitudine - che nell'arte è buona cosa, sacra potremmo dire - ma la cercheremo per difenderci. In questi due mesi di quarantena siamo stati invitati a partecipare a infinite visite virtuali, ora ristabilire un contatto con la realtà potrebbe risultare un po' faticoso: ci vorrà tempo e, per ritrovare un equilibrio, serviranno spirito di adattamento e accettazione, da parte di tutti, di queste nuove condizioni. "Nel momento in cui mi trovo in piedi in una sala di fronte ad una scultura realizzata nel quinto secolo avanti Cristo, un quadro dipinto 500 anni fa o un’installazione video di un artista vivente, non c’è niente a frapporsi tra me e il creatore originale. Percepisco la forma e il peso dell’oggetto in uno spazio condiviso, la vibrazione dei colori sulla tela, l’ampiezza della pennellata, o il contorno della linea sul foglio di carta. Sono oggetti realizzati da un altro essere umano, che registrano la sua percezione o sensazione del mondo, e le sue convinzioni, così come giungono a noi oggi. È quest’intensità – che su internet non si trova (nonostante l’indubbio fascino degli enormi ingrandimenti di dettagli dei grandi capolavori visibili su Google) – a portarci ad essere testimoni della creatività umana proprio lì", scrive Nicholas Serota, direttore della Tate dal 2008 al 2017 nell'introduzione al libro Pezzi da museo (Sellerio), in cui ventidue scrittori raccontano le loro collezioni preferite, prediligendo spazi espositivi piccoli e poco noti, quelli che, forse, ora, risentiranno di più dell'obbligo di social distancing, faticheranno a riorganizzare la riapertura. Certamente tutti, grandi e piccoli, dovranno adeguarsi a nuove modalità di accoglienza e gestione della visita, rinunciando a sale piene e numeri record.

Gli spazi vanno ripensati e riadattati: quali sono le opportunità, quali i rischi e le maggiori difficoltà? Cambieranno i flussi, verranno ridotti gli ingressi e, di conseguenza, le entrate economiche, già duramente colpite da due mesi di chiusura. Per un po' di tempo si dovrà procedere con la prenotazione online, si dovranno indossare le mascherine e rispettare percorsi per evitare assembramenti. In Italia la data di riapertura coincide con l'International museum day 2020, giornata dedicata quest'anno alla diversità e all'inclusione. E intanto, dal resto del mondo giungono notizie che ci permettono di comprendere la portata della crisi in atto, sanitaria, culturale, sociale, economica: negli Stati Uniti è stato dato il via libera alla vendita delle opere d'arte da parte dei musei "più provati", in gravi difficoltà finanziarie a causa del Covid-19. A comunicarlo, l'Association of art museum directors. 

Sulla trasformazione dell'esperienza artistica e del rapporto tra musei e visitatori, abbiamo chiesto un commento a Chiara Casarin, storica dell'arte contemporanea e curatrice, ex direttrice dei Musei civici di Bassano del Grappa, a Francesca Rossi, direttrice dei Musei civici di Verona, e ad Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano di Padova.

Chiara Casarin, ex direttrice dei Musei civici di Bassano del Grappa, storica dell'arte e curatrice della prossima mostra dedicata a Giambattista Piranesi che inaugurerà il 20 giugno prossimo a Palazzo Sturm, non ha dubbi: "Se osserviamo attentamente, la stragrande maggioranza dei centri culturali non soffriva, in condizioni pre-pandemia, di sovraffollamento. L'esperienza che il visitatore vivrà tornando a visitare le mostre sarà sostanzialmente identica a prima, avrà solo prenotato l'ingresso, come accade già in molti musei del mondo, e al posto dell'audioguida avrà scansionato un qr code dal suo cellulare. Il resto sarà immutato. Quindi a livello psicologico ne risentirà chi entrava in un museo solo per l'opening, oppure chi era solito entrare per poi sostare tutto il tempo al buffet. Noi stiamo studiando i protocolli ministeriali e tra curatori ci stiamo quotidianamente confrontando: non ci viene chiesto nulla di impossibile, per cui non vi sono rischi, a patto che anche i visitatori abbiano il buon senso di rispettare le regole. Confesso invece che ciò che mi preoccupa di più è non aver ancora visto, in questi due, quasi tre mesi, una produzione artistica rivoluzionaria, come mi sarei aspettata, ma solo questa iper-produzione di storytelling, di una quotidianità trasformata. Sono certa che, tra gli artisti italiani e di tutto il mondo, a breve, qualcuno emergerà con tutta la sua potenza visionaria, perché in fondo è proprio questo lo scopo dell'arte: farci vedere il mondo e le sue trasformazioni".

Francesca Rossi, direttrice dei Musei civici di Verona: "Dovendo mantenere numeri ridotti di visitatori sarà necessario riformulare le modalità di gestione di certi servizi esternalizzati affinché il rapporto pubblico/privato stia in equilibrio. Fino a oggi il sistema era regolato per molta parte sul numero dei visitatori e sui ricavi delle biglietterie, questo parametro non sarà più l'unico elemento essenziale. Si dovranno cercare costi ridimensionati delle iniziative e si dovranno individuare nuove forme di finanziamento dei progetti. Come in tutta Europa, il settore delle mostre sarà forse il più penalizzato in questo senso. Almeno per un certo periodo, data l'incertezza che vediamo sulle possibilità di circolazione delle persone e dei beni culturali. Vedremo forse mostre più piccole, dedicate addirittura a una sola opera, ma non per questo meno valide, perché la qualità sarà più importante della quantità. I musei concentreranno maggiormente le iniziative sulle proprie collezioni, per farle conoscere [...] Vedo molto positivamente il modello di uno slow museum, anche come via d'uscita virtuosa alla visita 'mordi e fuggi' che spesso non lascia una emozione duratura al visitatore. Che cosa significa slow museum? Favorire una esperienza più intima ed esclusiva tra il pubblico e gli oggetti di un museo, una relazione culturale più stretta che possa fare innamorare il visitatore e indurlo a tornare più e più volte [...] Un buon museo non si misura dal numero di visitatori, ma dalla sua capacità di evolversi e trasformarsi con i cambiamenti della società, come quello che stiamo vivendo oggi, che è radicale, sconvolgente e rapidissimo. I musei sono degli indicatori preziosi della capacità di una comunità di rigenerarsi, anche nei momenti più difficili. E questo, oggi, è il principale compito che ci attende".

Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano di Padova: "Della riapertura dei musei dobbiamo gioire, perché è ritornare un po' alla volta alla normalità, quella normalità che ci stiamo dimenticando e che dovrebbe essere ripensata, riprogrammata. All'apertura non troveremo più quelle folle che chiedono di entrare e ammirare le collezioni, i luoghi monumentali che caratterizzano le nostre città, così diffusi in tutto il territorio nazionale, non ci saranno più i gruppi, i turisti che venivano appositamente in Italia da altri Paesi, ma non per questo dobbiamo fermarci e arrenderci [...] Va detto, ci sono risvolti e conseguenze da temere e, nei bilanci dei prossimi anni, ci saranno sempre più tagli, come se non bastassero i già ridotti budget riservati alla cultura... Saranno penalizzati quei professionisti che nel mondo museale operano con precarietà, le attività didattiche ed educative rischiano di non essere garantite. Dovremo concentrarci su poche proposte e di qualità, evitando di disperdere energie e risorse e ancora una volta, sarà importante esercitare politiche sensate e ragionate [...] Come abbiamo dimostrato grande creatività nell'utilizzo della comunicazione nel web e nei social, così nel periodo estivo dovremo modulare l'orario di apertura in funzione di frequenze diversificate, dovremo rivolgerci a pubblici nuovi, saper confezionare modalità di visita e programmi adeguati. C'è sempre un pubblico a cui non abbiamo pensato e questa è l'occasione per accoglierlo [...] Nel muoverci in questi spazi (espositivi, ndr), quasi fosse la prima volta, proveremo tutte le paure del caso: saremo molto prudenti, faremo attenzione a chi ci è vicino, lo guarderemo con aria indagatrice, però la cosa più importante sarà ritrovare l'altro in tutte queste occasioni. Solo così potremo riprenderci la cultura, non come fatto isolato ma come fatto comunitario, che ci lega, dopo aver vissuto una esperienza che sicuramente ci hai segnati".

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