SCIENZA E RICERCA

Riparte LHC, l’acceleratore del CERN a caccia di nuova fisica

Dopo una pausa lunga più di tre anni, lungo l’anello di 27 km costruito 100 metri sotto Ginevra sono tornate a sfrecciare le particelle di LHC, il Large Hadron Collider del CERN (Consiglio europeo per la ricerca nucleare).

Siamo ancora alle fasi di collaudo, ma nel giro di poche settimane l’acceleratore con cui nel 2012 è stato scoperto il bosone di Higgs tornerà a produrre dati, molti di più di quanti ne abbia prodotti nel corso delle due volte precedenti messe insieme (la run 1, dal 2009 al 2013, e la run 2, dal 2015 al 2018).

Gli interventi realizzati durante il periodo programmato di spegnimento hanno consentito sia di migliorare le strumentazioni di rilevazione, sia di sostituire componenti deteriorate dopo più di 15 anni di lavoro. LHC è ora in grado di aumentare la probabilità con cui avvengono le collisioni, che al contempo sono più stabili, durano più tempo (pur sempre frazioni infinitesimali di secondo) e consentono di raccogliere quantità maggiori di dati.

Anomalie come indizi di nuova fisica

L’obiettivo dichiarato della run 3 è quello di scoprire indizi di nuova fisica, quindi nuove particelle o nuove interazioni che non sono previste dal Modello Standard. Questa è la teoria fisica che descrive con altissima precisione le proprietà e il comportamento della galassia delle particelle fondamentali come quark (che compongono i protoni), leptoni (di cui fanno parte gli elettroni) e bosoni (mediatori delle interazioni fondamentali), ma al contempo ha dei limiti dichiarati, come ad esempio l’incapacità incorporare nel proprio apparato teorico l’interazione gravitazionale o ad esempio le particelle che dovrebbero comporre la materia oscura.

Negli ultimi anni la comunità di fisici sperimentali ha accumulato nei risultati una serie di anomalie che i fisici teorici hanno preso molto seriamente in considerazione. Potrebbe trattarsi di semplici errori di misurazione, oppure le anomalie potrebbero essere indizi di qualcosa di fondamentale e non ancora conosciuto che si cela dietro queste inattese misure.

La massa del bosone W

Una delle misurazioni che verrà effettuata in questa tornata di esperimenti al CERN è quella della massa del bosone W. Il CDF (Collider Detector at Fermilab) di Batavia, poco fuori Chicago, ha da poco pubblicato i risultati della misurazione della massa di questa particella (responsabile dell’interazione debole), che è risultata di poco ma significativamente superiore alle predizioni del Modello Standard.

Le precedenti misurazioni effettuate proprio da LHCb e ATLAS al CERN però non sono in accordo con i risultati di CDF. I fisici del CERN, e in particolare quelli al lavoro a CMS (Compact Muon Solenoid), utilizzeranno i dati della run 2 e quelli della run 3 per capire se la massa del bosone W sia davvero la porta verso una nuova fisica.

Il decadimento del mesone B e del quark b

Un’altra anomalia riguarda il decadimento del mesone B, una particella composta da quark (in varie combinazioni possibili) che ha una vita brevissima e che decade rapidamente in altre particelle.

In questo decadimento vengono prodotti più elettroni che muoni (i cugini più pesanti degli elettroni), ma il Modello Standard non ha ragioni valide per spiegare perché questo sbilanciamento dovrebbe esserci. Anomalie simili sono state osservate, con gli acceleratori di particelle del Giappone e degli Stati uniti, anche in alcuni decadimenti del quark b (che sta per bottom o beauty).

LHCb è specializzato proprio nello studio del quark b e più dati spiegheranno se questi effetti sono reali o figli di fluttuazioni statistiche.

Alla ricerca dei leptoquark

Secondo alcuni fisici teorici, alcune delle anomalie riscontrate potrebbero venire spiegate dall’esistenza di particelle che tengono insieme proprietà dei quark e dei leptoni, chiamate leptoquark. Questa particella ibrida, la cui esistenza è per il momento solo ipotizzata, unificherebbe l’interazione elettromagnetica, debole e forte, un po’ come negli anni ‘70 i fisici Sheldon Lee Glashow, Abdus Salam e Steven Weinberg proposero l’unificazione dell’interazione elettromagnetica e debole con la teoria elettrodebole (che ancora oggi è l’architrave del Modello Standard), che valse loro il Nobel per la fisica nel 1979.

Inoltre il leptoquark sarebbe anche in grado di spiegare un’altra anomalia registrata dal FermiLab, ovvero che i muoni sono più magnetici dell’atteso. LHCb sta già vedendo risultati interessanti a riguardo di particelle che potrebbero interagire con il leptoquark.

Big Bang e Supersimmetria

Solitamente LHC genera la collisione tra protoni, ma l’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experimenti) lavora con ioni. Dalla loro collisione ALICE sta studiando un brodo di particelle (quark e gluoni), che come un plasma caldo potrebbe essere esistito appena dopo il Big Bang.

ATLAS (A Toroidal Lhc ApparatuS) invece sta indagando la possibile esistenza di una particella massiccia che si potrebbe nascondere intorno a energie di 1,4 TeV (Tera elettron Volt), circa 10 volte più massiva del bosone di Higgs (che ha massa attorno ai 125 GeV).

Un’intera famiglia di teorie fisiche, per ora solo ipotizzate, prevede che a fianco della materia ordinaria esista una supermateria in cui alcune caratteristiche fondamentali come lo spin sono invertite. Se le particelle fondamentali fossero palle da tennis lo spin misurerebbe la loro rotazione attorno al proprio asse. Quindi per ogni particella di materia ordinaria a spin frazionario (i fermioni che includono quark e bosoni) esisterebbe una superparticella speculare ma a spin intero. Allo stesso modo per ogni particella di materia ordinaria a spin intero (i bosoni, incluso quello di Higgs) esisterebbero delle superparticelle speculari ma a spin frazionario.

Queste teorie della supersimmetria sarebbero in grado di fornire spiegazioni valide ad alcune lacune del Modello Standard, come ad esempio la materia oscura, ipotizzando l’esistenza di particelle particolarmente massicce.

Se queste si trovassero tra valori compresi ad esempio tra i 500 GeV e i 5 TeV, LHC nella sua conformazione attuale sarebbe in linea di principio capace di trovarle. Fino ad ora tuttavia queste particelle non sono emerse dall’enorme messe di dati che l’acceleratore di Ginevra ha raccolto.

Potrebbe darsi che nascosto nei server e nei database il segnale della loro esistenza ci sia, ma non sia ancora stato notato. Potrebbe essere che le particelle previste dalla supersimmetria siano ancora più massicce: in tal caso occorrerà attendere acceleratori di particelle che lavorino a energie ancora più alte (LHC alzerà gradualmente l’energia a cui lavora nei prossimi anni). O potrebbe anche essere che la natura ha semplicemente trovato soluzioni diverse da quelle predette dalle teorie della supersimmetria e che dunque quelle particelle non esistano. Forse nei prossimi anni avremo una risposta, ma forse anche no.

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