SCIENZA E RICERCA

Riscrivere la storia dell'impollinazione, partendo dal mare

L’impollinazione mediata da animali potrebbe essere nata centinaia di milioni di anni prima di quanto ritenuto finora. Non sulla terraferma, ma in mare, ad opera di minuscoli crostacei; e nemmeno tra piante, bensì tra le alghe. È quanto emerge da una ricerca pubblicata su Science da un team di ricercatori del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), del Max Plank Institute e dell’Universidad Austral de Chile, guidato da Myriam Valero. Il gruppo ha infatti scoperto che i crostacei isopodi del genere Idotea si comporterebbero come “api del mare”, “impollinando” l’alga rossa Gracilaria gracilis.

Per impollinazione intendiamo il trasporto di gameti maschili – il polline – all’appartato riproduttivo femminile delle piante che producono semi. Vento e acqua garantiscono l’unione dei gameti nelle gimnosperme (conifere), per lo più. Mentre nelle angiosperme (piante a fiori) c’è bisogno molto spesso dell’aiuto di organismi impollinatori: insetti pronubi, ma anche uccelli, pipistrelli, altri mammiferi e rettili.

Sott’acqua la situazione è un po’ diversa e per le piante marine, così come per le alghe, si è sempre pensato che fossero le correnti e il normale flusso dell’acqua a trasportare i gameti. Finché, nel 2016, un gruppo di ricercatori ha scoperto che alcune piante marine vengono “impollinate” da invertebrati. Si trattava però pur sempre di piante, non di alghe, la cui riproduzione fino ad oggi è rimasta idealmente affidata solo all’acqua. Ora però, lo studio pubblicato da Myriam Valero e i suoi colleghi ha cambiato le carte in tavola.

Mentre studiavano la riproduzione dell’alga rossa Gracilaria gracilis, Myriam Valero e il suo team hanno notato che nelle vasche del laboratorio, dei minuscoli crostacei isopodi – gli Idotea balthica – continuavano a fare avanti e indietro tra le alghe maschili e femminili. E la somiglianza degli spermazi con il polline gli ha fatto sorgere una domanda: e se i crostacei “impollinassero” le alghe?

L’alga rossa Gracilaria gracilis è infatti una specie dioica, cioè ci sono individui maschili e femminili. La superficie delle alghe maschili è costellata di strutture riproduttive che producono spermazi – gameti maschili – ricoperti di mucillagine appiccicosa. Mentre l’organo riproduttivo delle alghe femminili viene chiamato carpogonio. E quando si verifica una fecondazione, sulle alghe femminili si crea una struttura simile a una bolla, chiamata cistocarpo.

Un caso di interazione mutualistica tra alga e animale

Valero e colleghi hanno così rimodulato l’esperimento: hanno posizionato le alghe maschili e quelle femminili a 15 centimetri di distanza l’una dall’altra, in vasche senza movimento dell’acqua. In alcune vasche erano presenti anche gli Idotea balthica, in altre no. L’idea era quella di contare i cistocarpi, le strutture che si formano sulle alghe rosse femminili a fecondazione avvenuta, per verificare se effettivamente l’andirivieni dei piccoli crostacei poteva essere stato d’aiuto. Ed effettivamente nelle vasche in cui gli Idotea erano presenti, il successo riproduttivo delle alghe è stato circa 20 volte più alto che nelle vasche senza.

A quel punto, il team ha allestito delle vasche con acqua ferma e con solo alghe femminili. E poi vi ha aggiunto degli esemplari di Idotea esposti precedentemente in vasche con alghe maschili. E anche stavolta alcune delle alghe femminili sono state effettivamente fecondate, sviluppando cistocarpi. Infine, per la prova del nove, il team ha osservanto gli Idotea al microscopio elettronico ottenendo la conferma di come questi crostacei siano effettivamente il mezzo di trasporto dei gameti maschili: avevano il corpo costellato di spermazi, soprattutto tra le zampe, come fossero bombi spolverati di polline.

Nuotando tra talli maschili, gli Idotea si cospargono involontariamente il corpo di mucillagine e spermazi, che trasportano poi sul tallo di un’eventuale alga femminile con cui il crostaceo viene a contatto, favorendo così la riproduzione della Gracilaria gracilis. E visto che la maggior parte della riproduzione di queste alghe rosse avviene nelle pozze rocciose durante la bassa marea, pozze in cui l’acqua è per lo più ferma, il ruolo degli Idotea potrebbe essere essenziale.

Anche gli Idotea però traggono beneficio dalle alghe: queste danno loro vitto e alloggio, gli Idotea si aggrappano alle alghe per proteggersi dalle forti correnti, e si nutrono dei piccoli organismi che crescono sui talli. Siamo quindi davanti a un caso di interazione mutualistica tra un’alga e un animale. E sebbene non sappiamo ancora fino a che punto davvero il trasporto animale di gameti contribuisca alla fecondazione delle alghe – e quanta parte invece venga svolta dall’acqua – questa scoperta aggiunge un altro tassello che promette di riscrivere la storia dell’impollinazione

Prima di questa scoperta, infatti, si presumeva che l’impollinazione si fosse evoluta circa 140 milioni di anni fa tra le piante angiosperme e gli insetti, principalmente. Ma già nel 2006 questa data è stata retrocessa a più di 440 milioni di anni fa: si è scoperto che acari e collemboli possono mediare la fecondazione dei muschi, comparsi circa 300 milioni di anni prima delle angiosperme. E ora la nascita di questo sistema di fecondazione potrebbe essere spostata ancora più indietro nel tempo: le alghe rosse sono comparse sulla Terra più di 800 milioni di anni fa, nel Precambriano, questo vuol dire che la fecondazione mediata da animali potrebbe aver avuto origine centinaia di milioni di anni prima di quanto immaginiamo. Quando al posto degli Idotea c’erano altri primitivi gruppi di artropodi.

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