SOCIETÀ

La Rus’ di Kiev e la “riunificazione”

La propaganda putiniana già da tempo porta avanti un’idea di continuità col passato, con una mitica starina (età antica), che ha reso celebre l’espressione, prima confinata quasi solo al linguaggio degli storici dell’Europa orientale e degli slavisti, di Rus’ di Kiev. Avevamo dapprima intenzione di scrivere un po’ di scarne notizie su quest’entità geopolitica, che in nessun caso può essere paragonata con uno Stato nel senso moderno, ma poi abbiamo pensato che, in fondo, i più potranno cercare qualche sommario ragguaglio in un’enciclopedia online, mentre i più curiosi, pazienti e amanti dei dettagli potranno fare riferimenti a M. Garzaniti, Gli slavi. Storia, culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, nuova edizione a cura di F. Romoli, Roma, Carocci, 2019 (evitiamo di proposito di rinviare a un libro di storia specificamente dedicato a uno degli Stati contemporanei). Qui proponiamo alcune riflessioni estemporanee sull’uso di questo concetto nella retorica immediatamente precedente l’attacco all’Ucraina e sulla sua improvvisa popolarità anche in contesti non accademici e non specialistici fuori dai confini della Russia.

Già in un articolo del 12 luglio 2021 Putin sosteneva che russi, ucraini e bielorussi fossero un unico popolo, le cui sorti si erano divise dal XIV secolo. Fin qui… tutto bene! (Ma solo perché tralascio alcune porzioni di testo per evitare digressioni; del resto, si sono già sobbarcati ben altri studiosi l’onere di smentire le inesattezze – ecco un assaggio). L’entità geopolitica denominata Rus’ di Kiev si disgregò in effetti progressivamente in seguito a processi avviatisi già tra XI e XII secolo, in particolare a causa delle lotte fratricide che si scatenarono per la contesa del trono di gran principe dopo la morte di Jaroslav il Saggio (1054). Un periodo di nuovo splendore fu quello di Vladimir Monomach (1113-1125), ma poco dopo la sua morte venne a mancare una forte figura unificatrice e i processi centrifughi ripresero. Le orde tataro-mongole che giunsero dalle steppe all’inizio del XIII secolo entrarono in un territorio enorme che non aveva però una decisa guida coordinata. Ciononostante, è importante riconoscere che i principi dei diversi appannaggi della Rus’ riuscirono a smorzare l’impatto dell’Orda sull’Europa. Fra XIII e XIV secolo si delinearono percorsi differenti per diverse parti della Rus’: la parte settentrionale con Novgorod, grazie al principe Aleksandr Nevskij, riuscì a far fronte a svedesi e cavalieri teutonici e ad addivenire col khan tataro-mongolo a un accordo, che evitò la devastazione alla città e che procurò al principe il titolo di gran principe; la parte orientale, dopo un’iniziale preminenza di Vladimir e Suzdal’, dal XIV secolo vede crescere il ruolo di Mosca; la parte occidentale, coi principati di Galizia e Volinia, finisce nell’orbita polacco-lituana (cfr. M. Garzaniti, op. cit., pp. 241-243).

Putin procede poi spiegando che solo la parte orientale, con Mosca, nel corso dei secoli (e mi fermo qui prima della metà del XVII secolo, per ragioni di spazio) ha conservato la fede ortodossa, e procede poi lungo la stessa linea retorica tessuta attorno al concetto di ricongiungimento (vossoedinenie) coi supposti custodi dell’autentica dottrina.

Il mito del vossoedinenie è una costante della narrazione russa sui rapporti con gli slavi orientali situati più a ovest. Un altro caso emblematico in cui si fece ricorso ad esso riguardò i rapporti fra Chiese. Nel 1839 la Chiesa Unita (chiamata anche Greco-Cattolica, all’epoca presente in Belarus e Ucraina) nell’Impero Russo fu soppressa, e uscì la pubblicazione O vossoedinenii uniatov s Pravoslavnoju Cerkoviju v Rossijskoj Imperii (Sulla riunificazione degli uniati con la Chiesa Ortodossa nell’Impero Russo), Sanktpeterburg 1839 (ristampa anastatica nel 2012). Nel periodo sovietico il termine vossoedinenie è entrato a far parte dell’armamentario retorico legato all’idea di “bratskie narody” (popoli fratelli), in cui si poneva l’accento sulla originaria unità di russi, ucraini e bielorussi, con lo scopo di legittimare l’URSS. Significativo è il caso della celebrazione degli accordi di Perejaslav del 1654, allorché, semplificando molto, l’etmano Bohdan Chmel’nic’kyj/Bogdan Chmelnickij, nel contesto di una guerra contro la Polonia, si sottomise allo zar Aleksej Michajlovič, portando di fatto all’incorporazione dei territori che aveva conquistato, la parte orientale dell’attuale Ucraina, nell’Impero russo. In realtà, questa sua scelta era dettata dalla necessità di procurarsi un alleato potente per contrastare il nemico principale, la Polonia, ma le conseguenze andarono oltre le aspettative dell’etmano. Anche questo episodio è stato rappresentato in età sovietica usando il termine vossoedinenie: nel 1954 una miscellanea di studi in occasione del terzo centenario degli accordi di Perejaslav fu intitolata Vossoedinenie Ukrainy s Rossiej. 1654-1954 (La riunificazione dell’Ucraina con la Russia. 1654-1954, Moskva 1954). Mezzo secolo dopo, nel 2004, sul sito Lenta.ru, allineato al governo, appare un articolo che biasima i mezzi di comunicazione non governativi di non avere dato spazio alla commemorazione del vossoedinenie del 1654, lamentando anche la scelta dello Istoričeskij Muzej (Museo Storico) di Mosca di non usare il termine nel titolo di una mostra per voler essere politically correct. Nel 2014 di nuovo è usata la stessa parola con riferimento all’annessione de facto della Crimea.

Su questo sfondo è facilmente comprensibile l’utilità del ricorso alla retorica del vossoedinenie anche in occasione dell’attacco all’Ucraina. Si tratta di una formula già attiva e radicata nel discorso pubblico russo, nella storiografia semplificata e addomesticata. L’uso di vossoedinenie consente di presentare chi svolge in tale processo una parte attiva come soggetto che porta unità, rimuove fratture artificiali di provenienza esogena (viene sottolineato il ruolo della Polonia…), attribuendogli il ruolo di mirotvorec (paciere). Nella visione imperiale prima, sovietica poi, putiniana successivamente il processo di vossoedinenie ha però portato con sé una componente di omologazione, per cui l’unificazione consisteva di fatto in un’adozione dello standard moscovita. Lo si vide nella politica religiosa già nel XVII secolo, lo si vede in età sovietica con la creazione (o, meglio, riattivazione) del mito dei bratskie narody, lo si constata anche oggi nella pubblicazione di un articolo che espone una certa visione storiografica (o, piuttosto, ucronica) sul sito ufficiale del centro di potere da parte della massima autorità statale.

Non è neanche il caso di sottolineare la mancanza di ogni qualsivoglia fondamento nell’applicazione di categorie concettuali contemporanee al passato, lasciando il compito a storici e studiosi delle scienze politiche.

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