SOCIETÀ

Russia e rinnovabili: un binomio ancora troppo poco sviluppato

La Russia è nota per essere, tra le altre cose, un paese con enormi risorse energetiche sia rinnovabili che non. Negli anni la concentrazione degli sforzi però si è diretta sempre verso le risorse non rinnovabili, cioè quelle su cui si basa ancora la gran parte dell’economia russa. Facendo solo un piccolo esempio infatti, vediamo come l’intera Unione Europea si rifaccia in larghissima scala proprio alla Russia per importare combustibili fossili.

Nel 2019 infatti, quasi due terzi delle importazioni di greggio extra-UE provenivano da Russia (27%), Iraq (9 %), Nigeria e Arabia Saudita (entrambi 8 %) e Kazakistan e Norvegia (entrambi 7 %). 

Oltre a ciò bisogna considerare anche che tre quarti delle importazioni di gas naturale dell'UE provenivano da Russia (41 %), Norvegia (16 %), Algeria (8 %) e Qatar (5 %), mentre oltre tre quarti di combustibili solidi (per lo più carbone) provenivano dalla Russia (47 %), dagli Stati Uniti (18 %) e dall'Australia (14 %).

 

Insomma, come vediamo anche dai dati, la Russia è ancora oggi un Paese basato sui combustibili fossili. Ha però  grandi opportunità rinnovabili ed anche un enorme margine di miglioramento per quanto riguarda le azioni da mettere in campo per ridurre le emissioni di gas climalteranti. Questi due fattori li analizzeremo in profondità in seguito, ciò che è interessante vedere ora è come la Russia consuma la propria energia e da dove la produce.

 

Le due fonti di approvvigionamento energetico della Russia rimangono negli anni il gas naturale ed il carbone. Ancora oggi infatti, rappresentano più della metà delle risorse da cui lo Stato trae la sua energia, seguite dal petrolio e, in misura molto ridotta da nucleare ed idrogeno. Risorse rinnovabili come sole e vento nel 2019 rappresentavano una percentuale irrisoria dell’approvvigionamento energetico russo. 

 

L’altro aspetto interessante per avere una panoramica il più completa possibile sull’energia russa è vedere come questa viene consumata internamente. Abbiamo visto come la Russia sia uno dei maggiori Stati esportatori verso la UE, ma al suo interno ci sono tre macrocategorie che consumano la maggior parte dell’energia. Si tratta del comparto industriale, di quello residenziale ed in fine di quello dei trasporti.

 

Insomma negli anni gran parte dello sforzo del Paese verso la generazione di energia è stato rivolto allo sviluppo delle fonti non rinnovabili. Uno studio, a prima firma Ephraim Bonah Agyekum del Department of Nuclear and Renewable Energy della Ural Federal University, ha invece esaminato le opportunità e le sfide nel settore delle energie rinnovabili in Russia. 

L’energia eolica e l’energia idroelettrica sono due fonti rinnovabili già presenti in minima parte nel Paese e che lo studio mette al primo posto per possibilità di successo. Le dimensioni della Russia, la sua diversità climatica ed il fatto che nel territorio esistano molte aree non antropizzate e quindi possibili sedi di parchi eolici, mette il Paese in una situazione potenzialmente favorevole per quanto riguarda le energie rinnovabili. In particolar modo gli autori si sono concentrati nell’analizzare le aree adatte per l'installazione di parchi eolici, indicandola nei territori dei distretti federali nord-occidentali, meridionali, siberiani, degli Urali e del circondario federale dell’ Estremo Oriente.

Secondo lo studio inoltre, la quantità di energia elettrica prodotta da queste fonti potrà essere non solo sufficiente a coprire i fabbisogni interni del Paese, ma anche per esportarla in quelli europei. Una prospettiva quindi, che potrebbe mantenere la Russia tra le prima esportatrici di energia verso l’UE.

Anche in questo caso il condizionale è d’obbligo perché, nonostante l'alto potenziale, lo sviluppo delle energie rinnovabili in Russia va ancora a rilento. Secondo i ricercatori il motivo principale è proprio che il fabbisogno energetico per ora è ampiamente coperto dai combustibili fossili e dal nucleare. 

Una necessità, quella delle rinnovabili, che però dovrebbe essere una priorità non solo per il Paese, ma per il mondo intero. Dei timidi segnali sembrano iniziare ad esserci. Già durante la Cop26 la Russia ha firmato l’accordo sulla deforestazione e, considerando che il Paese ospita le più estese foreste del mondo, questa è una buona notizia. Scrivendo ciò non si vuol certo essere ingenui ed è chiaro che tale accordo è tanto importante quanto fragile, in quanto è stato firmato anche da Paesi come il Brasile che negli ultimi anni hanno agito in modo totalmente contrario rispetto ai principi dell’accordo stesso. Allo stesso tempo non si può non notare l’assenza di Vladimir Putin alla Cop26, che non rappresenta solo un momento di confronto, ma è uno delle ultime possibilità per trovare un accordo mondiale per evitare future catastrofi. 

Considerando che fino ad ora le azioni messe in campo dalla Russia sono dichiarate criticamente insufficienti dal climate action tracker, e che nonostante le NDCs russe siano formalmente migliori delle precedenti, il lavoro da fare per una reale e concreta riduzione delle emissioni di gas climalteranti è ancora molto.

 

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012