MONDO SALUTE
In Salute. Sclerosi multipla, una malattia che ha cambiato volto grazie alla ricerca scientifica
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune, cronica, imprevedibile, invalidante, particolarmente diffusa e in aumento. Colpisce elettivamente il sistema nervoso centrale, dove produce un’infiammazione che danneggia il tessuto cerebrale, talvolta in modo irreparabile. Se fin qui può aver dato l’idea di una malattia con un decorso molto grave, occorre subito specificare che la malattia negli ultimi 30 anni ha cambiato volto, passando da una malattia con prognosi infausta e inarrestabile, a una prospettiva di vita piuttosto diversa. “La sclerosi multipla è la malattia neurologica che ha visto i successi terapeutici più importanti negli ultimi dieci anni” ha affermato il professor Paolo Gallo, neurologo, docente e responsabile del Centro regionale Veneto per la sclerosi multipla. Grazie alla ricerca scientifica e al grande lavoro di sensibilizzazione portato avanti dalle associazioni come Aism, Associazione Italiana Sclerosi Multipla, la malattia fa ora meno paura e sebbene non sia stata ancora trovata la cura che permetta di guarire completamente, il decorso clinico della malattia è stato rallentato.
Come funziona
Tutto inizia nel sistema immunitario, dove avviene una reazione anomala che porta alcuni tipi di linfociti ad attaccare delle componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti patogeni; per questo motivo la sclerosi multipla è definita una malattia autoimmune. Il processo infiammatorio può danneggiare quindi la mielina, che è una sorta di guaina che circonda e isola le fibre nervose, oppure le cellule che la producono, le oligodendrociti, oppure direttamente le cellule cerebrali stesse. Questo processo viene chiamato demielinizzazione e porta alla formazione di aree in cui la mielina è danneggiata e che vengono definite “placche”. Per questo motivo la malattia viene definita, talvolta, come sclerosi a placche. Le lesioni possono presentarsi ovunque nel sistema nervoso centrale, ma anche nel midollo spinale. Quando la fase infiammatoria si conclude queste aree si presentano similmente alle cicatrici, quindi rimangono ben visibili nelle analisi strumentali. In queste aree, infiammate prima e cicatrizzate poi, si può interrompere il passaggio dell’impulso nervoso e nel paziente si avrà la comparsa dei sintomi. Dato che l’ambito di manifestazione delle lesioni è l’intero sistema nervoso centrale, la sintomatologia della malattia è ampia, con caratteristiche anche molto diverse tra loro.
“Teoricamente, qualsiasi sintomo può essere il prodotto dalla sclerosi multipla” spiega il professor Gallo, che continua: “se ragioniamo in termini di percentuale di frequenza di questi sintomi possiamo dire che un 30% dei sintomi sono motori, hanno a che fare con il movimento, la motricità, le funzionalità motorie; un 30% sono sintomi che hanno a che fare con le sensibilità, quindi la sensibilità tattile, l'equilibrio, anche la sensibilità termica, dolorifica; un altro terzo dei sintomi sono sintomi che hanno a che fare con le vie ottiche e con la visione, quindi ad esempio la neurite ottica”. Proprio l’infiammazione del nervo ottico è uno dei sintomi più frequenti d’esordio della malattia nei giovani. Il restante 10% dei sintomi è rappresentato da eventi più rari, come la visione doppia, la nevralgia del trigemino, le crisi epilettiche. Alcuni altri esempi di sintomi frequenti possono essere: l’affaticamento fisico e mentale non accompagnato da effettivi sforzi che potrebbero giustificarlo, disturbi vescicali, disturbi dell’attenzione e della memoria, spasticità, disturbi dell’equilibrio. Appare chiaro quindi come sia difficile, talvolta, ricondurre un sintomo alla sclerosi multipla, soprattutto prima di ricevere la diagnosi.
Intervista al professor Paolo Gallo, servizio e montaggio di Elisa Speronello
La diagnosi
Al momento non esiste un singolo esame che sia in grado di confermare o smentire la diagnosi di malattia, ma gli specialisti hanno a disposizione dei criteri diagnostici ben precisi, aggiornati nel 2018 a livello internazionale. I criteri prevedono tre fattori da rispettare: in primis non ci deve essere una spiegazione migliore dei sintomi, quindi occorre attuare una diagnostica differenziale, in modo da escludere ogni dubbio; infine occorre verificare che le lesioni siano disseminate nello spazio e nel tempo, vale a dire che devono essere diffuse in diverse aree del sistema nervoso centrale e che si siano presentate in tempi differenti. Questa particolare fattispecie viene risolta attraverso l’esecuzione di una (o più) risonanze magnetiche, in cui si potranno vedere le lesioni infiammatorie a carico della sostanza bianca o grigia. Le lesioni in corso saranno visibili e “illuminate” grazie all’utilizzo del metodo di contrasto (in genere si utilizza il gadolinio), mentre le lesioni passate appariranno, con le loro particolari caratteristiche di forma e colore, anche nella risonanza senza l’utilizzo del metodo di contrasto. “La risonanza magnetica ci mostra le lesioni” continua il professor Paolo Gallo, “l'esame del liquor ci mostra l'infiammazione, il dato biologico dell'infiammazione all'interno del sistema nervoso centrale”. Si tratta di un esame piuttosto delicato che prevede il prelievo di una piccola quantità di liquido cerebrospinale, altrimenti chiamato liquor. Questo fluido riveste e protegge tutto il sistema nervoso centrale. L’obiettivo della puntura lombare, o rachicentesi, è quello di ricercare nel liquor due marcatori: le bande oligoclonali e l’indice IgG. Le bande oligoclonali sono delle frazioni di immunoglobuline classe G ed esprimono la presenza di un’attività immune anomala nel sistema nervoso centrale, quindi l’infiammazione. L’indice IgG è normale se minore di 6, mentre si presenta elevato nel 70-90% delle persone con sclerosi multipla.
Un altro esame strumentale che viene eseguito è quello dei potenziali evocati, un esame neurofisiologico, non invasivo, che registra il tempo che il sistema nervoso centrale utilizza per ricevere e interpretare gli stimoli nervosi provenienti dagli organi di senso (occhi, orecchie, tatto). Alcuni piccoli elettrodi vengono posizionati sulla testa del paziente per registrare le onde cerebrali, se c’è una perdita di mielina, come precedentemente accennato, la trasmissione del segnale lungo la via sensitiva risulta rallentata.
Il neurologo, prima di formulare la diagnosi di sclerosi multipla, analizza la storia clinica del paziente, esegue una visita neurologica in cui vengono analizzate diverse funzioni come il movimento, il linguaggio, il sistema sensitivo, l’equilibrio, la coordinazione, i riflessi, ecc. Infine prende in esame gli esiti degli esami diagnostici precedentemente menzionati.
“ Teoricamente, qualsiasi sintomo può essere il prodotto della sclerosi multipla Professor Paolo Gallo, neurologo, docente, responsabile del Centro regionale veneto per la sclerosi multipla
Le forme
“C'è l'idea che la sclerosi multipla, proprio perché eterogenea, imprevedibile, complessa, ecc. si classifichi in molti quadri clinici, in realtà non sono molti” spiega il professor Gallo. La principale forma, nonché la più diffusa e tipica degli esordi è la RR, vale a dire a decorso recidivante-remittente. Questa forma prevede degli episodi acuti, chiamate ricadute, poussé o recidive, alternati a periodi di parziale o completo benessere (remissioni). Alla ricaduta può seguire un totale recupero delle funzionalità compromesse, come un recupero solo parziale. Circa l’85% dei pazienti diagnosticati rientra in questa casistica. Un’altra forma è denominata secondariamente progressiva e può essere considerata l’evoluzione della forma RR, infatti la differenza con questa risiede nel non recuperare completamente le funzionalità compromesse dopo le ricadute, aumentando la disabilità nel tempo. In alcune occasioni la disabilità aumenta anche senza la presenza di ricadute, o segni di attività della malattia alla risonanza magnetica. Infine c’è la forma più aggressiva e invalidante, perché già dall’esordio è caratterizzata dal peggioramento progressivo delle funzionalità neurologiche, senza la presenza di ricadute e remissioni. Viene definita sclerosi multipla primariamente progressiva e circa il 15% dei pazienti riceve questa diagnosi all’esordio.
Le terapie
Per la sclerosi multipla non è stata per il momento trovata una cura che sia in grado di guarire il paziente completamente, ma gli attuali farmaci si concentrano sul rallentarne il decorso. “La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria, a genesi autoimmunitaria” ricorda il professor Gallo e aggiunge: ”tutti i farmaci che si usano per la sclerosi multipla hanno come obiettivo primario quello di modulare, o sopprimere, il sistema immunitario, chi più, chi meno, a seconda della potenza del farmaco”. Esistono quindi delle terapie chiamate di “prima linea” che sono sostanzialmente quei farmaci per i pazienti con una forma non aggressiva. Ci sono poi dei farmaci via via più potenti che possono portare a una soppressione immunitaria marcata, e vengono denominati “di seconda linea”, perché vengono utilizzati quando la malattia diventa più aggressiva o esordisce già in questo modo. In ogni caso i farmaci sono molti, negli ultimi anni la ricerca scientifica ha portato innovazioni, proponendo nuove molecole e nuovi metodi di assunzione. I farmaci hanno diversi meccanismi di azione: ci sono farmaci che modulano alcune funzioni del sistema immunitario, altri che eliminano le cellule, ovvero provocano un immunosopressione, quindi eliminando dal sangue circolante i linfociti T e i linfociti B, che si ritengono giocare un ruolo primario nell’immunopatogenesi della sclerosi multipla. Ci sono altri anticorpi monoclonali che eliminano gli stessi linfociti solo transitoriamente, poi ci sono altri farmaci che bloccano le cellule nei linfonodi, o nel sangue, impedendo la migrazione nel cervello. La scelta del farmaco viene operata dal neurologo tenendo conto delle caratteristiche della malattia, che va valutata singolarmente in ogni paziente, in base anche alla sua età, alla sua storia clinica.
Finora abbiamo parlato dei farmaci con cui pianificare la terapia, ma per la fase acuta della malattia l’approccio è solo uno: un’alta dose di cortisone. Quando un sintomo si presenta per una durata superiore alle 24 ore, il paziente viene generalmente visitato dal neurologo e se c’è una ricaduta in atto viene trattato con un grammo al giorno steroide in forma di cortisone, in particolare il metilpredisolone. Il professor Gallo spiega il motivo della dose così abbondante: “dobbiamo essere certi che arrivi al cervello in quantità utili a disinfiammare, da studi fatti molti anni fa con la risonanza si è visto che per riuscire a sfiammare, a eliminare le lesioni infiammatorie attive, bisogna fare una dose di cortisone sostenuta”. Gli steroidi possono essere somministrati per via orale o, più frequentemente, con iniezioni in muscolo o in vena, sotto forma di flebo.
Altre terapie
Si sente spesso parlare di cannabis, di vitamina D, del microbiota, dei metalli pesanti, delle cellule staminali, sempre associati ai pazienti affetti da sclerosi multipla. Cosa ci dice la scienza riguardo questi argomenti? Il professor Gallo ricorda che sono tutti argomenti in cui la ricerca scientifica si sta muovendo da tempo, si stanno svolgendo delle analisi approfondite. Per quanto riguarda le cellule staminali e la cannabis medica, il loro utilizzo è già stato approvato e ci sono alcune terapie che le includono e vengono prescritte ai pazienti. “Teniamo presente che la cannabis medica è stata approvata a scopo clinico per la prima volta proprio per trattare un sintomo importante della sclerosi multipla, che è la spasticità dolorosa” ha ricordato il professore, spiegando anche che ai pazienti che non rispondono ai farmaci più comuni vengono prescritti dei derivati della cannabis sativa. Per quanto riguarda, invece, la vitamina D, il professore ricorda che si ha a che fare con dei dati un po’ contraddittori: “però se un paziente ha un deficit di vitamina D si tratta di integrarlo, è una vitamina e come tutte le vitamine va data quando c'è deficit, dove è necessario appunto reintegrarla”. Discorso simile anche per quanto riguarda il microbiota: è importante che il paziente affetto da sclerosi multipla faccia particolarmente attenzione al suo stile di vita, all’alimentazione, per evitare delle disregolazioni del sistema immunitario che, talvolta, possono avvenire per fattori alimentari. “Una dieta equilibrata è molto importante” continua il professore, “ma attenzione anche agli agenti tossici, lei parlava di metalli pesanti, ma pensiamo ai pm, pm10 o ai pm2.5, perché poi, è anche vero che queste micro particelle sono nell'aria che noi respiriamo, però cadono al suolo con la pioggia, entrano nelle acque, e non è così facile filtrarli ed eliminarli. Quindi i fattori ambientali, i fattori tossici, sono da tenere in considerazione, perché agiscono su quella che è la cosiddetta epigenetica, cioè quell'insieme dei meccanismi che regolano la produzione delle proteine dal nucleo all'uscita dalla cellula, meccanismi complessi in cui queste sostanze possono veramente modificare la fisiologia dell'esposizione proteica”.
I dati
I pazienti di sclerosi multipla sono tanti e il numero sta crescendo. Si stima che siano circa 2,5 milioni nel mondo, di cui 1.200.000 in Europa e circa 120.000 in Italia. “Nella regione Veneto stiamo andando verso le 10.000 persone malate di sclerosi multipla” afferma Gallo, che racconta anche che il numero dei pazienti, in generale, è aumentato di 12 volte dagli anni Settanta, e che le stime attuali possono essere più basse della realtà perché non ci sono dati epidemiologici affidabili in alcuni paesi. “La sclerosi multipla è una malattia veramente importante, che non è più rara, è comune ed è anche una malattia molto costosa: uno studio fatto dall'Aism dice che la sclerosi multipla pesa per lo 0.28% del Pil italiano, lo 0,28% del Pil italiano è una cifra enorme, vuol dire più di 5 miliardi di euro all'anno”. La malattia può esordire a ogni età della vita, ma è più frequentemente diagnosticata nel giovane adulto, tra i 20 e i 40 anni, e colpisce più donne che uomini, con un rapporto di quasi 3 a 1.
Dalla parte del paziente
Roberta Amadeo può essere descritta con molte parole: architetto, campionessa mondiale, presidente nazionale, presidente locale, ma anche come una donna determinata, spigliata, forte, ironica, profonda, collaborativa, decisa, caparbia. Probabilmente servirebbero molte pagine per mettere in fila tutte le impressioni che si provano sentendo Roberta raccontare la sua sclerosi multipla. A partire dall’esordio, nel bel mezzo dei suoi 22 anni e della vita piuttosto normale da studentessa, da sportiva agonistica, da figlia e fidanzata. Tutto è cambiato con un’operazione al ginocchio, non la prima e nemmeno l’ultima della sua vita. “L’intervento chirurgico ha scombinato un po’ le carte, per cui le mie difficoltà motorie sembravano più un discorso infettivo da sala operatoria”. Ci sono voluti ben tre mesi per capire che si trattava di sclerosi multipla. Piano piano le sue funzionalità si stavano riprendendo, dopo il cortisone e la riabilitazione, ma solo dopo il trasferimento al San Raffaele di Milano la diagnosi è stata confermata. La notizia, quella che stava aspettando, esce dalle labbra della mamma, che arrivò a farle visita con l’enciclopedia medica per leggere insieme che cos’era poi, questa sclerosi multipla. Alla notizia le sue sensazioni sono state contrastanti: da una parte il sollievo e il senso di liberazione di aver capito cosa la stava facendo star male, dall’altra parte la rabbia, perché sapeva che non esiste una cura. Una rabbia che, però, si è presto sopita, perché l’aveva già sbollita nei mesi precedenti, quando le difficoltà le avevano impedito di alzarsi dal letto dopo l’operazione.
Roberta Amadeo incontra Rita Levi Montalcini, Giornata mondiale SM - per gentile concessione di Roberta Amadeo
Alla fine ha prevalso il senso di liberazione, che presto è mutato in quella consapevolezza di chi sa chi è il “nemico” e come “combatterlo”. Le metafore guerresche non sono troppo calzanti nella storia di Roberta, e probabilmente in molte altre storie di persone con sclerosi, perché la rabbia iniziale lascia davvero il posto alla comprensione, allo scendere a patti con la malattia e alla convivenza. A un certo punto la sclerosi non è più una malattia, diventa piuttosto una condizione con cui convivere, e lo si sente chiaramente dalle parole di Roberta, dal modo che ha persino di scherzare su alcuni episodi di spasticità, immortalati in foto ufficiali della sua carriera agonistica. Viene da chiedersi come sia possibile un tale grado di serenità nei confronti di una diagnosi che, spesso, è capace di radere al suolo ogni sicurezza, e di creare fratture profonde anche nel cuore di chi si trova nei "paraggi". Non è facile da spiegare, né da comprendere, ma è una sorta di risposta al dolore con la vita stessa, con il desiderio di vivere con e nonostante la sclerosi multipla.
Roberta Amadeo impegnata in una gara nazionale - per gentile concessione di Roberta Amadeo
Poi di Roberta colpisce anche l’impegno verso gli altri. Infatti fin da subito scopre l’Aism, di cui condivide i valori a tal punto che poi, una ventina di anni dopo la diagnosi, diventerà la prima presidentessa nazionale ad avere la sclerosi multipla. “L’unione fa la forza” dice da brava sportiva e ricorda l’importanza in primis di non sentirsi soli in una battaglia così importante, ma anche che andando, insieme, nella stessa direzione si arriva più lontano. Non stupisce allora che gli obiettivi della sua vita non solo non son mancati, ma son stati pure molti. La laurea in architettura, con alcuni esami sostenuti anche in ospedale, poi i successi nel lavoro, la presidenza di Aism, e i campionati di handbike. Viene la pelle d’oca sentirla parlare di come ha imparato a utilizzare la sedia a rotelle nel modo più funzionale possibile, e come abbia cambiato il punto di vista sugli ausili, considerandoli come mezzi e non come marcatori di disabilità (“chi mai pensa a un paio di occhiali come un ausilio?”). Fa sorridere sentirla raccontare come alcuni tutori l’abbiano fatta assomigliare a un canguro, dopotutto anche lei scoppia a ridere al solo ricordo, e come riuscisse a sfruttare alcune sue disabilità per continuare a compiere azioni in autonomia. Non c’è quindi da stupirsi quando Roberta racconta, con assoluta disinvoltura, le sue imprese in handbike, dagli esordi fino ai titoli mondiali. Tra difficoltà e successi, con un perfetto spirito agonistico. Dopotutto aveva già dimostrato di fare sul serio da bambina, quando prendeva per il bavero i suoi avversari di judo.
Allora non sembrerà strano sapere che Roberta, quando non è sulla sua handbike a sfrecciare nei dintorni di casa sua, è in prima linea nella sezione dell’Aism di Como. Non stupisce che le sue giornate siano fatte di allenamenti, sei giorni su sette per l’esattezza (e nel weekend non si riposa perché le strade sono più libere), che partecipi a molte gare, anche non organizzate dalla federazione, per potersi allenare e migliorare. Il perché di questa sua vita così piena ce lo dice lei stessa: “perché credo che una vita senza obiettivi non sia degna di essere vissuta”. Non poteva che essere così, perché lei è una campionessa, una campionessa con la sclerosi multipla.