SCIENZA E RICERCA

Sardegna immersiva. Un'esperienza turistica virtuale per promuovere le bellezze dell'isola

Una passeggiata tra i nuraghi, magari in notturna, con una lanterna in mano, ma restando nel soggiorno di casa. Un volo in stile Superman sopra la Sardegna, osservando dall'alto il paesaggio dell'isola a migliaia di chilometri di distanza sotto di noi, stesi sopra una base giroscopica. Queste sono alcune delle esperienze turistiche di realtà virtuale sviluppate all'interno del progetto SARIM - Sardegna Immersiva: nuovi linguaggi per la promozione turistica dell’Isola, finanziato da Sardegna Ricerche con i fondi POR FESR Sardegna 2014-2020. Le 17 aziende coinvolte nel progetto hanno messo in gioco le loro competenze in materia di programmazione, foto 3D, hardware e software per ideare e realizzare contenuti per la realtà immersiva per incentivare il turismo nell'isola. Hanno sviluppato perciò diversi scenari simulati dei luoghi più suggestivi del territorio, all'interno dei quali si viene catapultati semplicemente indossando un visore per la realtà virtuale. In questo modo, un potenziale turista che sta scegliendo la meta per la sua prossima vacanza oppure un viaggiatore che si trova già in Sardegna può visitare in maniera virtuale le bellezze dell'isola e scoprire le opportunità di turismo che offre.

Per capire quali tecnologie sono state impiegate per rendere possibile un'esperienza immersiva tra i paesaggi della Sardegna e capire come si svolge una visita simulata tra i più bei luoghi dell'isola abbiamo parlato con Massimo Deriu, ricercatore del CRS4 e responsabile scientifico del progetto.

“I dispositivi per la realtà virtuale sono sempre più diffusi”, racconta a Il Bo Live. “È abbastanza facile trovarli dentro le case delle persone, abbinati alle varie console di gioco. Abbiamo pensato perciò di utilizzare la tecnologia immersiva per proporre una specie di “trailer” di una potenziale vacanza in Sardegna”.

“Abbiamo sviluppato il nostro programma sia per i visori che per i guanti per la realtà virtuale”, continua Deriu. “Il grado di immersività cambia a seconda del visore che si utilizza. Noi abbiamo considerato, nel progetto, quelli che si trovano solitamente in commercio, dalla fascia di prezzo più economica a quella più elevata. A quasi tutti i tipi di visore, anche quelli di fascia bassa, è associato un controller che offre all'utente la possibilità di interagire con l'ambiente simulato. Schiacciando un pulsante, ad esempio, si può prendere in mano un oggetto oppure selezionare una posizione all'interno della scena virtuale e teletrasportarsi lì. I guanti, invece, sono meno diffusi perché la loro funzione è essenzialmente quella di sostituire i controller associati al visore. Non aumentano quindi la quantità di azioni che è possibile compiere, ma il grado di immersività. Per afferrare un oggetto, ad esempio, invece di spingere un pulsante basta fare il gesto con la mano”.

Lo scopo del progetto era quello di rendere l'esperienza virtuale il più fedele possibile a quella reale, permettendo all'utente di esplorare gli scenari a disposizione in ogni dettaglio.
Abbiamo ricreato alcuni scenari come VR (virtual reality) e altri in 360. In questo secondo caso, abbiamo utilizzato sia foto che video”, spiega Deriu. “Scegliere quale tipo di media utilizzare per ogni specifico scenario è stato oggetto di un'analisi sia tecnologica sia metodologica. Ci siamo chiesti, in altre parole, quali fossero le tecnologie più adatte per la produzione, per l'elaborazione e per la fruizione di ogni esperienza virtuale, specialmente quelle all'aria aperta, come un'escursione in montagna o la visita di un sito archeologico.

Per il VR, abbiamo allestito nel nostro laboratorio un'area immersiva di circa 6 x 8 metri all'interno della quale, indossando il visore, si può camminare liberamente. Negli scenari di realtà virtuale, ogni passo fatto dall'utente all'interno della stanza corrisponde a un passo nell'ambiente simulato. In quel caso, quindi, il grado di immersività è particolarmente elevato, perché è possibile osservare la scena nei più piccoli dettagli. Tutto quello che è visitabile è stato riprodotto con tecniche di fotogrammetria, ed è quindi assolutamente fedele alla realtà.

Negli scenari in 360, invece, l'avatar non ha la possibilità di muoversi in ogni punto della scena, ma è come se si trovasse all'interno di una sfera, quindi girando la testa può vedere tutto ciò che lo circonda, in ogni direzione”.

Oltre alle visite a piedi nei siti di interesse, i ricercatori hanno ricreato anche un'altra esperienza virtuale che consente di librarsi in volo sopra l'isola e osservarla dall'alto.
Abbiamo utilizzato una piattaforma giroscopica chiamata Icarus, sopra la quale ci si sdraia a pancia in giù”, spiega Deriu. “Questa struttura è sostenuta da un perno che permette alla persona che la utilizza di inclinarsi in avanti, all'indietro e ai lati con il corpo, imitando un aliante. Questo movimento, all'interno della scena, riproduce un volo aereo. Si parte dal mare, si decolla e, prendendo quota, si raggiunge la costa. In questo modo, vediamo sotto di noi una Sardegna virtuale, riprodotta in una scala volutamente falsata per poter essere facilmente sorvolata da sud a nord o viceversa in tempi ragionevoli. Salendo molto in alto vediamo chiaramente la sua forma caratteristica. Si tratta pur sempre di una riproduzione dell'isola adattata alla demo. Al suo interno, infatti, non si trovano né città né strade, ma solamente siti archeologici, con una infografica che permette di orientarsi e di riconoscere i luoghi dall'alto. Quando si sorvola un tempio, un nuraghe o un villaggio storico che si desidera vedere più da vicino, si può scendere in picchiata verso la terra”.

A causa delle restrizioni dovute al covid, gli sviluppatori del progetto non sono riusciti a realizzare la quantità di scenari che avevano previsto. “Avremmo voluto raccogliere più contenuti e realizzare molti altri siti virtuali”, racconta Deriu. “Inoltre, la pandemia ci ha precluso la possibilità di condurre una sperimentazione a fine progetto. Intendevamo infatti portare tutti i prototipi realizzati in strutture come porti, aeroporti ed eventi fieristici e raccogliere più dati possibili da parte delle persone che li utilizzavano. Questo, però, non è stato possibile”.

Nonostante questi impedimenti, gli sviluppatori sono riusciti a realizzare 9 percorsi a 360 e 10 scene ricostruite con la realtà virtuale. Queste ultime, inoltre, sono fruibili sia in modalità diurna che notturna, permettendo perciò il doppio delle esperienze immersive. “Una visita fatta in notturna è completamente diversa da una diurna”, sottolinea Deriu. “Per quanto lo scenario sia lo stesso, vederlo di notte ha un fascino completamente diverso, anche perché ci sono dei siti che nella realtà non è possibile vedere con il buio. La nostra visita notturna è particolarmente suggestiva anche perché la persona che si muove all'interno della scena ha una torcia o una lanterna che può prendere e usare per illuminare l'ambiente attorno”.

I lavori del progetto SARIM sono iniziati molto prima della pandemia. Nonostante questo, gli obiettivi che lo hanno ispirato sono coerenti con l'idea del turismo lento, un modo di viaggiare rispettoso dell'ambiente e della cultura dei territori che si visitano, che punta a un'esplorazione attenta del luogo piuttosto che al mero divertimento ed è relativamente più sicuro durante questo periodo di emergenza sanitaria, perché predilige la ricerca di luoghi incontaminati e meno conosciuti, lontani dalle località più affollate.

“Volevamo trovare un modo per contribuire a risolvere i principali problemi del turismo sardo: la stagionalità e la concentrazione dei visitatori quasi solo nelle zone costiere”, spiega Deriu. “La Sardegna, infatti, è meta di un turismo prevalentemente balneare e concentrato quasi solo nella stagione estiva. Volevamo quindi mostrare tutto quello che l'isola ha da offrire in tutti i periodi dell'anno e far conoscere luoghi meravigliosi ma meno frequentati, come i siti archeologici e i paesaggi montani.

Sappiamo che purtroppo l'uso massivo di questa tecnologia sarà penalizzato dalla pandemia. Abbiamo previsto di posizionare dei visori in alcuni punti strategici, come alberghi e aeroporti per i turisti sull'isola, insieme a dei pannelli multi-touch che permettono di selezionare le esperienze e caricarle sul visore. Sappiamo che, per quanto sia possibile indossare delle mascherine specifiche per usare i visori in sicurezza, sarà difficile ottimizzare l'utilizzo di questo strumento.

D'altra parte, ora più che mai le persone provano un grande desiderio di evasione. Chi dispone in casa di un caschetto di realtà virtuale, perché magari possiede una console di gioco, può scaricare il nostro programma dai princpali store in cui si comprano anche i videogiochi e fare una visita virtuale in luoghi bellissimi dove potrà andare di persona quando avremo la possibilità di tornare a viaggiare con più tranquillità.

Infine, al di là degli usi che ne abbiamo fatto all'interno del nostro progetto, l'utilizzo delle tecnologie immersive in un contesto di pandemia rappresenta un'occasione per risolvere molti altri problemi. Un software che consente di vivere delle esperienze virtuali può avere delle applicazioni anche a livello di sicurezza, ad esempio. Le squadre di tecnici che devono organizzare un intervento di manutenzione spesso devono condurre dei sopralluoghi per organizzare la logistica e le modalità dell'operazione da portare a termine. Questi sopralluoghi in tempi di covid richiedono una burocrazia immensa, spesso complicata dalla difficoltà di spostarsi tra le regioni. In casi come questo, un sopralluogo virtuale può rivelarsi una soluzione vincente”.

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