SCIENZA E RICERCA
L’ordine in cui disponiamo i numeri ha origini biologiche o culturali?
Chiudete gli occhi, e provate a immaginare i numeri da uno a 15. Cosa avete visualizzato? Quasi certamente questi numeri erano disposti uno di seguito all’altro in ordine crescente lungo una linea orizzontale, e non avete visualizzato, per esempio, le cifre che fluttuavano nello spazio.
Fino a qui non c’è nulla di strano o imprevedibile, come dimostra un articolo del 1993 di Dehaene e altri ricercatori e come aveva già spiegato ben prima Francis Galton (che era tra l’altro cugino di Charles Darwin). Le cose però diventano più complicate quando si cerca di spiegare il perché di questo fenomeno.
I numeri da sinistra a destra per ragioni culturali
Molti risponderebbero che la disposizione dei numeri da sinistra a destra dipende dal fatto che siamo abituati a scrivere proprio in quel senso e a vedere schemi di questo tipo nel nostro quotidiano (un esempio è quello del calendario). In effetti per anni gli studiosi hanno pensato che dipendesse da fattori culturali, tant’è vero che in culture diverse da quella occidentale le associazioni numeriche spaziali vengono fatte in modo differente, per esempio tenendo a destra i numeri più piccoli, o disponendoli in ordine crescente dall’alto verso il basso. Quest’idea è confermata dal fatto che altri studi antropologici effettuati su culture tradizionali prive di istruzioni formali (scrittura e matematica) fanno pensare che le associazioni numeriche spaziali nel loro caso siano casuali.
Qualcosa non torna
Se però andiamo in profondità le cose si complicano ulteriormente: per esempio, basta aggiungere un orologio e l’ordine può invertirsi (numeri più grandi a sinistra nella cultura occidentale), inoltre gli esseri umani condividono con altri animali le associazioni numeriche spaziali: anche alcuni di loro dispongono i numeri da sinistra a destra in ordine crescente. Non solo le scimmie, che per molti versi sono simili a noi, e non solo i pulcini, che ormai sappiamo che hanno abilità inaspettate, ma anche le api: gli insetti hanno dei fattori culturali che li portano a ragionare come noi? Beh, non possiamo escluderlo completamente, vai tu a sapere cosa si raccontano le api quando si ritrovano nell’alveare, però diciamo che sarebbe strano, e di sicuro è ancora tutto da dimostrare.
Possiamo però essere abbastanza certi che noi e i nostri conspecifici non abbiamo mai insegnato a leggere e a scrivere ai neonati, che hanno altre gatte da pelare (per loro, per esempio, è più utile imparare a riconoscere la madre). Eppure anche i bambini appena nati condividono con gli adulti l’ordinamento numerico canonico.
E se nella disposizione canonica c’entrasse la biologia?
A questo punto viene il dubbio che ci sia qualcosa che vada al di là dei concetti appresi, un meccanismo biologico che predispone noi esseri umani, e probabilmente anche gli altri animali, a queste associazioni. In effetti una delle ipotesi già battute era quella che ci fossero due tipi separati di associazioni numeriche spaziali, uno biologicamente determinato, che si manifesta alla nascita, e l’altro culturale, che emerge solo in determinate condizioni.
Per comprendere meglio il funzionamento di questo meccanismo biologico, un gruppo di ricerca del Cimec (Centro interdipartimentale mente/cervello) dell’università di Trento guidato da Giorgio Vallortigara e di ricercatori francesi delle università di Parigi e Lione ha studiato gli Himba, una popolazione della Namibia priva di aritmetica formale e con una cultura unicamente orale, e li ha confrontati con degli italiani adulti e con dei bambini, sempre italiani, in età prescolare.
La ricerca, illustrata in un articolo pubblicato su Nature Communication, dimostra che il meccanismo biologico entra in gioco soprattutto quando l’ordinamento non viene richiesto direttamente, mentre viceversa possono subentrare i fattori culturali.
Gli esperimenti del Cimec
Lo studio ha coinvolto tre gruppi di persone: adulti italiani alfabetizzati, bambini italiani di cinque anni che ancora non sanno leggere, e gli Himba, che come accennavamo non sono alfabetizzati.
Nel primo test, ai partecipanti venivano consegnate dieci tessere con diversi numeri di pallini, e l’unico compito era disporle "in ordine". A differenza di altri esperimenti precedenti, non c’era nessuna regola, nessuna indicazione su come procedere: erano liberi di seguire il proprio istinto.
Foto: Cimec (Centro interdipartimentale mente/cervello)
Gli adulti italiani, abituati a leggere e scrivere da sinistra a destra, hanno quasi sempre disposto le carte seguendo questa direzione, iniziando con i numeri piccoli sulla sinistra e terminando con quelli grandi sulla destra. I bambini italiani e gli adulti Himba, che non hanno mai ricevuto spunti legati alla cultura, hanno invece mostrato un comportamento meno uniforme. Alcuni hanno scelto configurazioni non lineari, come cerchi o colonne verticali, ma tra quelli che invece hanno scelto una disposizione orizzontale la scelta di orientamento era casuale: la disposizione da destra a sinistra conviveva con quella opposta, senza che una delle due prevalesse. Questo ha confermato che il modo in cui ordiniamo i numeri nello spazio potrebbe essere influenzato dalle abitudini culturali legate alla lettura.
Ma c’è di più. Il secondo esperimento, in cui in passato si erano già cimentati neonati e animali, andava invece oltre la richiesta esplicita, e l’”ordine” non veniva in nessun modo tirato in ballo. Questa volta, infatti, i partecipanti dovevano solo osservare uno schermo dove appariva un gruppo di pallini, per esempio dieci. Poco dopo, un secondo gruppo di pallini, più grande o più piccolo, compariva sulla destra o sulla sinistra dello schermo. I due compiti erano semplici: premere un pulsante se il secondo gruppo aveva meno pallini del primo (compito decrescente) o se ne aveva di più (compito crescente). È qui che le cose si sono fatte interessanti, perché andando a vedere i tempi di reazione e la correttezza delle risposte, è venuto fuori che indipendentemente dall’età o dalla cultura tutti i gruppi – adulti italiani, bambini e Himba – rispondevano più velocemente e con maggiore precisione quando i numeri piccoli comparivano a sinistra e quelli grandi a destra. Questo suggerisce che, al di là delle influenze culturali, esista una preferenza innata nel nostro cervello per associare numeri piccoli con la sinistra e grandi con la destra.
Nessuna correlazione tra i compiti dei due esperimenti
Uno degli aspetti più interessanti dello studio è stata la dimostrazione che i compiti impliciti ed espliciti, nonostante entrambi riguardino la relazione tra numeri e spazio, non sono correlati tra loro.
Per dimostrarlo, i ricercatori hanno messo in relazione risultati dei due esperimenti: hanno analizzato statisticamente i dati per verificare se chi mostrava una forte preferenza sinistra-destra nel compito esplicito avesse lo stesso comportamento nei compiti impliciti. La correlazione è risultata assente. Non c’era alcuna relazione significativa tra il modo in cui i partecipanti ordinavano le carte e la loro capacità di rispondere più velocemente e accuratamente nel test dei pallini quando gli stimoli erano presentati in posizioni congruenti, cioè quelle che corrispondono a un’associazione mentale implicita.
Questa scoperta suggerisce che i due tipi di compiti riflettono meccanismi cognitivi diversi: il compito esplicito richiede consapevolezza e ragionamento attivo, fortemente influenzati da fattori culturali. Al contrario, il compito implicito misura una risposta automatica e istintiva, che sembra essere radicata nella biologia del nostro cervello e comune a tutte le culture. In sostanza, anche se il nostro cervello può ordinare numeri in un certo modo quando ci pensiamo, in altre situazioni agisce in modo completamente diverso, senza che ce ne rendiamo conto.
Spunti per nuove ricerche
Cosa ci dice tutto questo? Da un lato, l’esperimento con le carte dimostra che l’ordine sinistra-destra nei numeri (o viceversa) può essere appreso attraverso la cultura, per esempio con la lettura e la scrittura. Dall’altro, il test sullo schermo rivela che questa associazione potrebbe essere radicata in qualcosa di più profondo, una predisposizione biologica che condividiamo con i neonati e anche con alcuni animali e che non dipende quindi dall’esperienza e dalle abitudini di scrittura.
Il lavoro del Cimec non solo ha fornito nuove informazioni sulle associazioni numeriche spaziali, ma ha anche sollevato domande che richiedono ulteriori approfondimenti. Anche i risultati suggeriscano che il nostro cervello abbia una predisposizione biologica che ci porta a disporre i numeri da sinistra a destra, rimane ancora molto da chiarire sulle basi di questo fenomeno e sul ruolo che la cultura gioca poi nel modellarlo.
I ricercatori propongono quindi di indagare più a fondo su come le asimmetrie cerebrali influenzino il fenomeno: potrebbe trattarsi di un meccanismo radicato nella lateralizzazione delle funzioni cognitive del nostro cervello, come la specializzazione dell’emisfero destro per stimoli visivi e spaziali e anche studi comparativi su animali che mostrano comportamenti simili potrebbero offrire indizi sull’evoluzione di questa preferenza.
Un’altra linea di ricerca interessante riguarda il confronto tra compiti impliciti ed espliciti. Lo studio ha mostrato che i due tipi di compiti non sono correlati, ma resta da chiarire come e perché si sviluppino separatamente. Potrebbero essere progettati nuovi esperimenti per verificare se queste differenze dipendano dalla durata del compito, dalla complessità degli stimoli o da altri fattori, come il contesto ambientale.
Un tema da approfondire è anche l’utilizzo strategico di abilità non legate direttamente ai numeri. Gli autori notano che i partecipanti potrebbero aver usato dimensioni visive, come l’area occupata dai pallini, invece del puro valore numerico. Studi futuri dovrebbero controllare questi aspetti per garantire che i risultati siano legati solo alle associazioni numeriche.
Intanto questa scoperta ci invita a riflettere su come il nostro cervello organizza il mondo, mescolando spesso influenze culturali e istinti innati, e che i secondi, in questo caso, emergono soprattutto quando non ci viene chiesto esplicitamente di eseguire un compito legato all’ordinamento.
Quindi, la prossima volta che dovrete mettere in fila delle quantità, potreste pensare a come, in un certo senso, il cervello stia seguendo una regola che non hai mai imparato, ma che è lì da sempre.