SCIENZA E RICERCA

Missioni in aumento: alla Luna servirà un "codice della strada"

Dopo decenni di relativa inattività, la Luna è tornata al centro dei programmi spaziali internazionali. Negli ultimi due anni si sono susseguite una dozzina di missioni, provenienti da Stati Uniti, India, Giappone, Russia, Cina e operatori privati, e il numero potrebbe aumentare sensibilmente nel prossimo decennio. L’avvicinarsi delle prime missioni con equipaggio del programma Artemis, la crescita dei lander commerciali e l’ingresso di nuove aziende nello scenario lunare stanno cambiando in profondità la natura dell’esplorazione. L’orbita lunare e lo spazio cislunare, per lungo tempo zone relativamente poco frequentate, stanno diventando luoghi dove coesistono missioni scientifiche, attività di dimostrazione tecnologica, test di navigazione e progetti dedicati alle future infrastrutture.

Questo nuovo contesto introduce però un insieme di complessità operative che fino a pochi anni fa non esistevano. Le orbite intorno alla Luna, pur collocate in un ambiente molto più ampio rispetto a quello terrestre, tendono a concentrarsi in regioni specifiche. Alcune di queste sono determinate dalla dinamica gravitazionale – come le traiettorie quasi stabili intorno ai punti lagrangiani – mentre altre sono scelte per ragioni operative, ad esempio per facilitare l’accesso al polo Sud, la regione attualmente più ricercata per la presenza di acqua ghiacciata. In questo scenario, la crescita del numero di veicoli solleva nuovi interrogativi sulla sicurezza e sull’affidabilità delle operazioni lunari.

Un ambiente lunare più complesso di quanto sembri

La prospettiva che emerge dagli studi pubblicati negli ultimi mesi è chiara: l’aumento del numero di missioni porterà con sé una maggiore probabilità di interferenze, congiunzioni ravvicinate e manovre non pianificate. Sono elementi già noti a chi lavora nell’ambito del traffico spaziale terrestre, ma che ora si ripropongono in un ambiente più grande e allo stesso tempo più difficile da controllare.

Negli ultimi anni, lo scenario si è evoluto rapidamente. Alle ambizioni delle grandi agenzie nazionali – NASA, CNSA, ISRO, JAXA ed ESA – si sono affiancati operatori privati come Ispace in Giappone, Intuitive Machines e Astrobotic negli Stati Uniti, fino ai primi progetti di servizi commerciali di comunicazione e navigazione da utilizzare in orbita lunare. Per la prima volta, accanto alle missioni scientifiche e ai lander robotici compaiono anche componenti di un futuro ecosistema infrastrutturale: satelliti per telecomunicazioni, stazioni di servizio orbitale, piattaforme per logistica e supporto alla permanenza sulla superficie.

È un cambio di paradigma: la Luna non è più soltanto un obiettivo scientifico o simbolico, ma un ambiente operativo dove stiamo iniziando a progettare una presenza continuativa. In questo contesto, la questione del traffico non è più un problema ipotetico, ma una variabile concreta da integrare nella pianificazione delle missioni.

Cosa dicono modelli e simulazioni

Tra gli studi più approfonditi rientra una ricerca pubblicata sul Journal of Spacecraft and Rockets, che analizza diversi scenari di congestione attorno alla Luna attraverso modelli astrodinamici avanzati. I ricercatori hanno simulato orbite tipiche utilizzate dalle principali missioni scientifiche e operative, inserendo un numero crescente di veicoli per valutare in che misura aumentino le probabilità di incontri ravvicinati.

Il risultato più significativo riguarda la soglia di circa 50 satelliti in orbita lunare. Secondo lo studio, a partire da questo numero ogni veicolo dovrebbe effettuare in media quattro manovre l’anno per evitare potenziali collisioni. Non si tratta di valori elevati rispetto al traffico in orbita bassa terrestre, ma nel contesto lunare assumono un peso diverso. Le riserve di carburante sono infatti limitate, spesso al minimo indispensabile per garantire la durata della missione. Ogni manovra richiede pianificazione, tempo e compromessi sulle attività scientifiche.

Gli autori sottolineano inoltre come questa soglia non rappresenti un limite assoluto, ma un indicatore dell’evoluzione in atto: con il numero di missioni previste per i prossimi dieci anni e con l’arrivo delle prime costellazioni dedicate ai servizi di navigazione lunare, lo scenario modellato potrebbe diventare realistico già entro la fine del decennio.

Quando poche sonde bastano a creare problemi

Uno degli esempi più citati riguarda la sonda indiana Chandrayaan-2. Tra il 2019 e il 2023, ISRO (l’Agenzia spaziale indiana) ha dovuto compiere tre manovre di evitamento in un periodo in cui attorno alla Luna erano presenti appena sei veicoli. Il caso mostra come, anche in condizioni di bassa densità orbitale, l’incertezza nella determinazione delle orbite e l’assenza di un sistema di coordinamento possano generare criticità operative.

Le dinamiche lunari sono infatti più complesse rispetto a quelle terrestri. Il campo gravitazionale della Luna è irregolare e presenta variazioni locali dovute alla presenza dei mascons, concentrazioni di massa che alterano le traiettorie. A ciò si aggiunge l’influenza della Terra e del Sole, che può perturbare l’evoluzione delle orbite. Questo richiede modelli predittivi più sofisticati e un monitoraggio più frequente, necessari per aggiornare la posizione di ciascun oggetto con un margine di incertezza accettabile.

La difficoltà di ottenere misurazioni precise può inoltre generare falsi allarmi: manovre pianificate per prudenza anche quando il rischio reale è minimo. Per agenzie e operatori privati ciò si traduce in costi aggiuntivi, riduzione della vita operativa delle sonde e complicazioni nella gestione delle attività.

Il problema del monitoraggio

Il monitoraggio dello spazio cislunare è oggi uno dei temi più discussi nella comunità spaziale. I sistemi di sorveglianza sviluppati negli ultimi decenni sono ottimizzati per tracciare oggetti in orbita terrestre, mentre risultano meno efficaci a distanze lunari. Il bagliore della superficie, la debolezza del segnale radar e le limitazioni geometriche rendono difficile ottenere dati affidabili sulle orbite lunari.

Per colmare questo gap, diverse agenzie hanno avviato programmi dedicati. Il più avanzato è Oracle, una missione dell’Air Force Research Laboratory statunitense che sarà posizionata in un punto lagrangiano tra Terra e Luna, da cui potrà osservare lo spazio cislunare con continuità. La NASA sta lavorando alla creazione di servizi comuni per le missioni lunari e all’idea di un sistema di space traffic management integrato. In Europa, l’ESA valuta l’integrazione di funzioni di navigazione e controllo del traffico nel programma Moonlight/LCNS, che fornirà comunicazioni e servizi di posizionamento per veicoli governativi e privati.

Le prime bozze di regole operative per il traffico lunare

Accanto agli sviluppi tecnologici, negli ultimi due anni sono comparse le prime proposte tecniche di lunar traffic rules, pensate per ridurre le interferenze tra missioni. In sede COPUOS (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space – Comitato per l’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico) alcuni Stati hanno suggerito linee guida minime per notificare in anticipo le manovre, condividere finestre di lancio e pubblicare parametri orbitali in formato standardizzato. Non si tratta ancora di documenti vincolanti, ma rappresentano un primo passo verso la costruzione di un linguaggio operativo comune.

Anche l’industria sta avanzando proposte autonome. Consorzi statunitensi ed europei coinvolti nello sviluppo di servizi lunari hanno avviato gruppi di lavoro per definire protocolli interoperabili di scambio dati, modelli unificati per la previsione delle traiettorie e procedure standard per le orbite più frequentate. L’obiettivo è evitare che la frammentazione dei sistemi renda impossibile una visione d’insieme del traffico lunare. Strumenti come gli Artemis Accords, che già prevedono “zone di sicurezza” e notifiche trasparenti, stanno contribuendo a delineare un quadro emergente che però rimane eterogeneo e non coordinato.

Regole ancora in costruzione

L’esistenza di bozze e proposte non significa però avere già un sistema di governance efficace. Il quadro normativo attuale si basa su principi generali, come l’obbligo di evitare interferenze dannose, ma non offre procedure operative per la gestione coordinata del traffico lunare. La frammentazione tra approcci nazionali e commerciali crea inoltre un ecosistema complesso, in cui la condivisione dei dati non è garantita e la trasparenza rimane volontaria.

Il futuro dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra sovranità nazionale, esigenze commerciali e cooperazione internazionale. La scelta sarà tra un modello frammentato, in cui ogni attore stabilisce procedure autonome, e un sistema cooperativo basato su protocolli comuni. Solo quest’ultimo può garantire stabilità nel lungo periodo, ma richiede un accordo politico che oggi non è scontato.

Il Lunar Anthropocene

Accanto alle questioni operative emerge una riflessione più ampia: la Luna sta entrando in una fase in cui l’impatto umano diventa misurabile e crescente. Il concetto di Lunar Anthropocene sintetizza questa idea: la superficie e le orbite lunari stanno iniziando a essere modellate dalle attività scientifiche, commerciali e operative. Le future costellazioni, le infrastrutture di comunicazione, i lander e le missioni robotiche contribuiranno a definire un ambiente sempre più antropizzato.

La gestione del traffico, in questa prospettiva, non è solo un tema tecnico ma parte della visione con cui l’umanità decide di utilizzare e preservare la Luna. Governare in modo responsabile l’espansione delle attività orbitanti significa garantire un uso sostenibile e pacifico dell’ambiente lunare.

La Luna come laboratorio politico

La gestione del traffico cislunare sarà uno dei principali banchi di prova della futura governance spaziale. Le decisioni prese oggi, quando il numero di missioni è ancora relativamente contenuto, determineranno il contesto operativo della prossima fase dell’esplorazione, quella che prevederà infrastrutture permanenti, basi di ricerca e servizi commerciali in orbita e sulla superficie.

Ciò che sapremo fare attorno alla Luna costituirà la base per affrontare sfide più complesse, come l’esplorazione di Marte e la gestione delle attività nello spazio profondo. La Luna, in questo senso, è destinata a diventare un vero laboratorio politico, tecnico e istituzionale della nuova era spaziale.

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