Moneta romana che ritrae Augusto, imperatore dal 27 a. C al 14 d. C.
Solitamente si pensa all’inquinamento ambientale come un problema tipico dei nostri tempi, figlio della società industrializzata degli ultimi due secoli.
Un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Jospeh R. McConnell, della divisione di scienze idrologiche del Desert Research Institute di Reno, in Nevada, ha pubblicato su PNAS un lavoro che ricostruisce l’inquinamento da piombo che ha interessato l’Europa durante la pax romana, un periodo di prosperità che è durato circa due secoli a partire dal 27 a. C., quando salì al potere Ottaviano Augusto. “Per quanto ne so, è il primo esempio di inquinamento industriale diffuso” ha detto al New York Times il primo autore dello studio.
Le principali fonti di dispersione di piombo nell’aria sarebbero state l’estrazione mineraria e la fusione dell’argento. Analogamente a come accade oggi con il particolato sottile (PM10 e PM2,5), le minuscole particelle di piombo sospese nell’aria venivano inalate o ingerite, fino a depositarsi nel flusso sanguigno. Oggi sappiamo che la presenza di piombo nel sangue è associata a una serie di problemi di salute, come nascite precoci e ridotte prestazioni cognitive, sia in età infantile che anziana.
Durante la pax augustea l’impero romano raggiunse la sua massima espansione territoriale, tenendo insieme Nord Africa, Medio Oriente e arrivando fino in Britannia. Oltre che dall’ordinamento giuridico, la società e l’economia romana erano tenute insieme dallo scambio di monete d’argento. L’estrazione dal sottosuolo del metallo però aveva un costo ecologico e sanitario invisibile: “per ogni oncia di argento si producevano all’incirca 10.000 once di piombo” ha spiegato McConnell. Un’oncia equivale a 28 grammi e 10.000 once a circa 283 kg.
DRI scientists, led by Joe McConnell, used Arctic #IceCores to study atmospheric pollution and found that lead was the likely cause of widespread IQ declines in #AncientRome. Read more: https://t.co/xfge8jGwzj. #DiscoverDRI
— Desert Research Institute (@DRIScience) January 7, 2025
Per ricostruire le quantità di piombo cui erano esposti gli antichi romani, i ricercatori si sono rivolti a un luogo che di certo non era stato conquistato dall’impero romano: l’Artico. Una volta sollevate in aria dalle operazioni minerarie e metallurgiche infatti, le particelle di piombo venivano trasportate dalle correnti atmosferiche. Alcune di queste sono ritornate a terra intrappolate nei cristalli di neve. I ghiacci dell’Artico ancora conservano quelli caduti 2.000 anni fa.
Nei campioni di ghiaccio artico analizzati i ricercatori hanno trovato proporzioni minuscole: circa una molecola contenente piombo ogni 3.000 miliardi di molecole d’acqua. Partendo da questo dato, hanno compiuto un calcolo a ritroso di ingegneria inversa.
Naturalmente solo una piccola parte del piombo presente nell’aria dell’Europa meridionale compiva un viaggio di migliaia di chilometri per finire depositato tra i ghiacci dell’Artico. Utilizzando modelli computazionali sul funzionamento dell’atmosfera del pianeta e facendo diverse assunzioni sui luoghi di estrazione mineraria, i ricercatori hanno stimato quante emissioni di piombo dovessero venir prodotte per ottenere i valori registrati nel ghiaccio artico.
Diverse simulazioni hanno prodotto un possibile intervallo di risultati: in quel periodo i romani emettevano una quantità compresa tra 3.300 e 4.600 tonnellate di piombo all’anno. Le concentrazioni in atmosfera variavano molto, ma arrivavano a più di 150 nanogrammi (µg) di piombo per metro cubo nei pressi dei siti di estrazione.
Ottenuto quest’altro dato, i ricercatori hanno calcolato quanto piombo finisse nel sangue degli antichi romani, appoggiandosi alle conoscenze e ai dati epidemiologici odierni. I bambini in particolare sono una categoria particolarmente esposta alle conseguenze di questo genere di inquinamento, tramite inalazione e ingestione. Nel sangue di quelli vissuti in Europa 2000 anni fa, secondo gli autori dello studio, c’era un aumento di circa 2,4 nanogrammi di piombo per decilitro di sangue, rispetto ai valori che si sarebbero trovati nel sangue di un bambino del Neolitico (1 µg/dl).
Oggi la benzina che si trova alle pompe di rifornimento è tutta senza piombo, ma per buona parte del XX secolo il piombo veniva utilizzato come additivo per il carburante. Il metallo era presente anche nelle vernici e nelle pitture a uso domestico, con funzione antiruggine o antifungina. Studi epidemiologici condotti su bambini vissuti prima degli anni ‘70 negli Stati Uniti hanno trovato un eccesso di 15 µg di piombo per dl di sangue, cui è stato associato un declino medio di 9 punti del quoziente intellettivo. I ricercatori hanno pertanto stimato che il calo cognitivo medio dei bambini dell’impero romano dovesse essere corrispondente a circa 3 punti di Q. I.
Il Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie nel 2021 ha stabilito che nessun livello di piombo nel sangue al di sopra dello zero è privo di rischi. Livelli più alti negli adulti provocano infertilità, anemia, perdita di memoria, man anche livelli bassi sono associati a disfunzioni renali, prestazioni cognitive e attentive più basse, malattie cardiovascolari, tumori e di nuovo infertilità.
Negli ultimi 150 anni l’esposizione a inquinamento atmosferico da piombo è stata causata principalmente dal consumo di combustibili fossili, tra cui il carbone e la benzina. Per quanto riguarda l’antica Roma, l’intossicazione da piombo era già stata documentata dai ritrovamenti archeologici (scheletri e denti). Il piombo era contenuto nelle tubature dell’acqua, ma anche in alcuni utensili, vasellame, giocattoli, ornamenti e cosmetici. Se queste fonti però esponevano soprattutto gli abitanti delle città, l’inquinamento atmosferico causato dall’estrazione e dalla lavorazione metallica era pervasivo, secondo gli autori dello studio, e raggiungeva anche gli abitanti delle zone rurali, il bestiame e i campi agricoli.
Studiando la presenza di piombo negli strati di ghiaccio è possibile anche ricostruire un andamento delle emissioni nell’antichità. “Variazioni nell’inquinamento da piombo durante l’antichità sono legate a eventi storici specifici come la scoperta, lo sfruttamento e l’esaurimento di regioni minerarie come nella penisola iberica e nell’isola britannica, e periodi di disordini sociali come la crisi della Repubblica romana nel I secolo a. C. subito prima dell’ascesa dell’impero romano” scrivono gli autori del lavoro.
Netti cali di inquinamento da piombo hanno invece coinciso con l’epidemia che ha colpito l’impero di Antonino tra il 165 e il 180 d. C., a testimonianza del fatto che l’industria mineraria, assieme a tutta l’economia romana, in quel periodo ha subito un rallentamento, proprio come le emissioni di CO2 sono calate nel 2020 durante la pandemia da Covid-19.