Al momento sono 37 i milioni di persone nel mondo contagiate da HIV. Non è ancora stato sviluppato un vaccino, ma solo dei farmaci retrovirali che ostacolano la proliferazione del virus e il contagio.

Erano passati 19 anni da quando era stato scoperto un nuovo sottogruppo del virus HIV-1 del gruppo M, la mutazione più comune tra coloro che ne sono stati contagiati. La ricerca sull'AIDS e sulle sue cause era iniziata negli anni Ottanta, dopo la comparsa della malattia nel corso degli anni Settanta nell'Africa centrale, per poi espandersi negli Stati Uniti e, in seguito, in Europa, a partire dall'Inghilterra. La diffusione fu drammatica perché, essendo questo virus ancora sconosciuto, le banche di sangue ne furono contaminate, e i pazienti che avevano bisogno di una trasfusione furono contagiati. Negli anni successivi, lo studio sull'HIV divenne prioritario, furono messe a punto terapie in grado di controllare il virus in modo tale da impedire, o perlomeno rallentare, lo scoppio della malattia e vennero portate avanti numerose campagne di sensibilizzazione mirate a migliorare la coscienza e la conoscenza dei cittadini sull'AIDS.

Un recente studio però ha individuato un nuovo ceppo, fino a ora sconosciuto, del virus. La ricerca è stata condotta da un gruppo della Abbott Laboratories, importante azienda farmaceutica a livello internazionale, ed è stato pubblicato sul Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes. Si tratta di un ceppo molto raro, che è stato chiamato sottotipo L del gruppo M dell'HIV-1, la cui scoperta ha fatto anche capire che esistono altri sottotipi ancora da scoprire.

Abbiamo perciò chiesto alla professoressa Sara Richter, docente di microbiologia clinica all'università di Padova, di spiegarci l'importanza di questo studio, raccontarci cosa comporta la scoperta di questo ceppo di HIV e di fare il punto della situazione riguardo allo stato attuale della ricerca contro l'AIDS.