SCIENZA E RICERCA

Senza ali e camminatori. Gli insetti nelle isole dell'Oceano Meridionale

Mosche senza ali, che camminano. Incapaci di ronzare intorno a qualcosa o qualcuno. Falene che strisciano sul terreno, private delle loro ali. Non è una scena di un film dell’orrore, né quella di un film distopico. È la realtà: nelle isole dell’Oceano Meridionale, a metà strada tra l’Antartide e l’Australia, alcuni insetti noti per essere grandi volatori si sono ritrovati senza ali anche per “colpa” del vento. «Charles Darwin aveva ragione» come scrivono sui Proceedings of the Royal Society B Rachel Leihy e Steven Chown della Monash University School of Biological Sciences.

Uno dei crucci che assillavano il padre dell’evoluzione era proprio la condizione di atterismo secondario negli insetti, ovvero specie che normalmente dovrebbero essere provviste di ali e che invece non le hanno. La maggior parte delle oltre 900.000 specie di insetti conosciute – almeno in una fase della loro vita – può spiccare il volo: ditteri (mosche), coleotteri, lepidotteri (farfalle e falene) e così via. Ma a livello globale circa il 5% degli insetti volatori ha perso questa straordinaria capacità e si è ritrovata a camminare.

Nel suo L’origine delle specie, Charles Darwin aveva inserito un catalogo delle specie di coleotteri di Madeira e sottolineava come, su 550 specie, ben 200 erano attere. Secondo lui infatti gli insetti atteri si trovavano soprattutto sulle isole e per una spiegazione semplice. «Se voli, vieni spinto in mare dal vento. E se non vuoi finire in mare devi sprecare più energie. E dunque chi vola meno e ha ali più piccole viene favorito dalla selezione naturale, così la capacità di volare verrà persa» spiega Rachel Leihy, autrice dello studio. 

Il suo caro amico e confidente Joseph Dalton Hooker però non era d’accordo. Hooker, militare e appassionato di botanica, aveva letto il Viaggio di un naturalista intorno al mondo e ne era rimasto molto impressionato. A tal punto da voler conoscere Darwin: il loro incontro secondo alcuni è avvenuto a Trafalgar Square, prima che Hooker salisse a bordo del brigantino Erebus che avrebbe ricalcato in parte il percorso del Beagle. Fatto sta che i due divennero amici e confidenti, scambiandosi innumerevoli lettere (a noi ne sono giunte ben 1400) in cui dibattevano di natura ed evoluzione. Hooker, dunque, trovava l’idea di Darwin addirittura troppo lamarkiana e secondo lui il numero di specie attere che si potevano rinvenire sulla terraferma o sulle isole era paragonabile. Non c’era alcuna differenza significativa.

Da allora la ricerca scientifica sembrerebbe aver dato ragione a Hooker: Roff nel 1990 per esempio confermò la tesi del botanico militare. Eppure quasi tutte queste discussioni scientifiche fino a oggi hanno ignorato le isole sub-antartiche, situate tra i “ruggenti 40” e i “furiosi 50” gradi di latitudine sud: le isole più ventose della Terra.

Per questo Rachel Leihy e Steven Chown della Monash University hanno concentrato la loro attenzione su 28 isole dell’oceano Antartico. Hanno costruito un nuovo e ampio dataset che mettesse insieme le variabili ambientali e la morfologia delle specie di insetti endemici di queste isole e i loro risultati sembrano confermare l’ipotesi di Darwin.

Stando alle analisi, quasi la metà degli insetti endemici delle isole dell’oceano Antartico è incapace di volare: il 47,4% di loro presenta atterismo secondario. Dieci volte più della media globale e circa sei volte i casi di atterismo osservati su altre isole, come quelle artiche, dove la percentuale di insetti atteri è pari all’8%. Senza contare che tra le specie introdotte, le specie aliene in sostanza, la percentuale di insetti atteri è del 17%: comunque molto alta. Nelle isole considerate, poi, i coleotteri sono l’ordine che registra la maggior parte dei casi di atterismo, anche se la sua incidenza sorprendente di più tra lepidotteri, ditteri e imenotteri perché, al di fuori dell’Oceano Antartico, la perdita del volo in entrambi i sessi è eccezionalmente rara.

Inoltre tra tutte le variabili ambientali utilizzate nel modello, dalla dimensione delle isole al clima, è proprio la velocità del vento la variabile che spiega meglio una tale concentrazione di insetti atteri. Certo, il vento non è l’unico fattore: anche gli altri concorrono, ma in misura minore, tendono a precisare gli autori. Infatti l’atterismo secondario si è evoluto nelle isole dell’oceano Antartico almeno 60 volte indipendemente, e soprattutto nelle isole più ventose tra le 28 considerate. Pertanto, l’ipotesi del ruolo del vento avanzata da Darwin non può essere respinta.

«Il vento così forte su queste isole rende il volo degli insetti più difficile ed energeticamente costoso. Pertanto, gli insetti avrebbero smesso di investire nel volo e nelle strutture del volo come ali e muscoli alari, reindirizzano le risorse in altre strategie riproduttive. Se Darwin avesse davvero sbagliato, la velocità del vento non spiegherebbe in alcun modo perché così tanti insetti hanno perso la capacità di volare su queste isole» ha specificato Rachel Leihy. Insomma almeno qui, dall’altra parte del mondo, le idee di Darwin sull’evoluzione si dimostrano di nuovo un passo avanti. Nonostante abbiano compiuto i 160 anni d’età.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012