SCIENZA E RICERCA

Sequenziato l’intero genoma umano. Punto di svolta per la ricerca biomedica

Il corredo genetico di ognuno di noi conta circa 3,2 miliardi di coppie di nucleotidi, molecole organiche composte da una base azotata (adenina, citosina, guanina o timina (che viene sostituita dall’uracile nell’RNA), uno zucchero e acido fosforico. L’esatta sequenza di questi minuscoli mattoni della vita definisce, per ogni individuo, l’unicità del DNA di cui sono formati i suoi cromosomi. Se immaginassimo di srotolare tutte le 23 coppie di cromosomi che si trovano nel nucleo di ciascuna delle nostre cellule, potremmo infatti osservare la coppia di filamenti di nucleotidi di cui sono costituiti. Questa lunga catena è composta, in realtà, da specifiche sequenze che si susseguono una dopo l’altra, alcune delle quali sono definite geni.

I geni, in particolare, sono quelle sequenze di nucleotidi che hanno una funzione: quella di dare le istruzioni al nostro corpo per produrre una proteina. Inoltre, alcuni geni o gruppi di geni codificano i nostri caratteri fenotipici come, ad esempio, il colore degli occhi, dei capelli, o il gruppo sanguigno. Secondo recenti studi, nel nostro DNA esistono più di 21.000 geni. Ma allora è possibile identificarli e conoscerli tutti?

Questa è la sfida che è stata raccolta a partire dal 1988 dallo Human genome project che nel 2001 ha scatenato una vera e propria rivoluzione copernicana in biologia: in quell’anno, infatti, sono stati pubblicati i primi risultati sul sequenziamento del genoma umano che allora, però, non era ancora possibile mappare completamente.

Oggi, un gruppo internazionale di scienziati, il Telomere to Telomere consortium (T2T), è riuscito finalmente a ottenere il sequenziamento completo di un intero genoma umano. Questo ambizioso progetto è stato finanziato dal National human genome research institute (NHGRI) e i risultati ottenuti faranno la differenza per il futuro della ricerca clinica e della genomica.

“L’idea di sequenziare il genoma nasce dalla storica esigenza di comprendere meglio le malattie che da sempre affliggono l’umanità”, racconta Giulio Formenti, post-dottorando alla Rockfeller University di New York, che ha partecipato a questo importante lavoro di ricerca. “Siccome molte malattie hanno una base genetica, riuscire a leggere la sequenza del DNA degli individui è fondamentale per poterle conoscere e, in futuro, anche curarle. Il Progetto genoma umano è stato quindi lanciato come un primo tentativo per iniziare a comprendere tale sequenza fino in fondo.

Questo è stato il punto di partenza della ricerca in ambito genetico e ha consentito, progressivamente, di sviluppare delle tecnologie sempre più avanzate in grado di sequenziare i genomi di migliaia di individui nell'arco di pochi giorni con dei costi contenuti. Pochi anni dopo il completamento dello Human genome project all’inizio degli anni 2000, sono stati lanciati programmi di ricerca simili, come il 1000 genomes project e, successivamente, l’iniziativa All of us, promossa dall’amministrazione Obama, che aveva l'obiettivo di ottenere il sequenziamento di un milione di genomi.

Simili progetti di risequenziamento, volti a raccogliere l’informazione genetica di centinaia di migliaia di persone, hanno lo scopo di individuare il substrato genetico di determinate malattie e dei tratti fenotipici dei singoli individui.

Il completamento del progetto genoma umano originario ha avuto quindi un impatto dirompente sulla ricerca in biologia dal punto di vista tecnico e scientifico. Trattandosi però della sua primissima versione, erano presenti alcuni errori e molti “buchi” nella ricostruzione delle sequenze.

L'intervista completa a Giulio Formenti. Montaggio di Elisa Speronello

Finora, infatti, era stato possibile sequenziare solo il 92% del genoma umano; alcune regioni del DNA che non erano ancora state mappate con le tecnologie a disposizione.

“Anche dopo la fine dello Human genome project, c’è sempre stato un team del NIH che è rimasto a lavorare al progetto e che nei vent'anni successivi ha aggiornato periodicamente la versione originaria cercando di migliorarla sulla base delle nuove informazioni che venivano raccolte”, racconta Formenti. “Nonostante questo, non è mai stato possibile ottenere una sequenza completa e senza interruzioni. La principale motivazione di questo mancato risultato è che il campione originario, usato nel progetto, non apparteneva a un unico individuo, ma era stato messo insieme utilizzando campioni prelevati da più soggetti; per questo, rappresentava esso stesso una sorta di chimera che non permetteva di ricostruire la sequenza del genoma completo di una singola persona.

L'altro problema è stato rappresentato dal fatto che le tecnologie sviluppate a partire dal sequenziamento di quel primo genoma non erano ancora state perfezionate abbastanza per riuscire a leggere le cosiddette “regioni ripetute”, che sono particolarmente complesse da studiare. Si tratta di alcune regioni di DNA piuttosto estese che si ripetono con la stessa sequenza nel genoma. Tali regioni si trovano soprattutto a livello dei centromeri (le zone centrali dei cromosomi) e rendono la lettura della sequenza e la sua ricostruzione molto difficili da realizzare. Per molto tempo, quindi, le regioni ripetute hanno rappresentato quella “materia oscura” del DNA che non era possibile ricostruire”.

Eppure, dal punto di vista biologico, era molto importante riuscire a superare questo ostacolo. Infatti, esistono alcune malattie connesse proprio a queste regioni del DNA.

“Un paio di anni fa sono state sviluppate tecnologie più sofisticate che consentono di leggere anche le regioni ripetute del DNA”, continua Formenti. “Ci siamo quindi serviti di queste recenti tecnologie per sequenziare linea cellulare molto particolare, chiamata hydatidiform mole (CHM) che, a differenza delle normali linee cellulari, il cui corredo cromosomico è ereditato in parte dal padre e in parte dalla madre, ha un unico corredo cromosomico sostanzialmente identico e quindi non ci costringe a ricostruire simultaneamente due coppie diverse di ciascun cromosoma, bensì una sola. Dopodiché, un team di bioinformatici ha analizzato i dati ricavati dal sequenziamento di CHM per capire come potevano essere meglio combinati per ricostruire la sequenza del genoma umano. Con l’arrivo della pandemia e delle restrizioni dovute al distanziamento sociale, il nostro lavoro ha incontrato alcuni ostacoli a causa dell’impossibilità di accedere agli spazi universitari e procedere con il lavoro di tutti i giorni. Nonostante questo, grazie soprattutto alla tenacia del ricercatore Adam Phillippy, siamo riusciti a raggiungere il traguardo molto ambizioso che ci eravamo posti: quello di ottenere il sequenziamento completo di un genoma umano entro la fine della pandemia, nel 2022”.

I risultati ottenuti dai ricercatori che hanno partecipato a questa serie di studi saranno fondamentali per il progresso della biomedicina. Infatti, come spiega Formenti, “per chi lavora nel campo della genetica umana, avere a disposizione una sequenza completa e corretta di DNA diminuisce di gran lunga il rischio di commettere errori di interpretazione. Finora, le “regioni oscure” del genoma che ancora non erano state sequenziate potevano essere studiate solo tramite degli approcci indiretti, cercando quindi di misurare le proprietà dei centromeri per via sperimentale.  Ora, invece, anche queste regioni sono aperte all’investigazione e sarà possibile quindi leggerne la sequenza per capire cosa distingue, ad esempio, il centromero di un essere umano da quello di un altro”.

Ma non solo. Il sequenziamento del genoma umano completo darà nuova linfa alla ricerca anche nel campo della genomica. “Questo risultato permetterà di condurre, in tutto il mondo, nuovi studi volti sia al miglioramento ulteriore delle nostre tecniche di ricostruzione genetica, sia alla mappatura di genomi ad altissima qualità che saranno utili per il progresso della medicina personalizzata. Inoltre, le conoscenze raccolte e le tecnologie sviluppate grazie alle indagini sui genomi umani hanno aperto la strada anche a nuovi filoni di ricerca, come ad esempio negli studi sulla biodiversità”.

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