SCIENZA E RICERCA

Simulazione medica e pazienti “virtuali”: accreditamento europeo a Padova

Una sala operatoria (ma anche una terapia intensiva o un pronto soccorso), medici e infermieri in camice e guanti, strumenti sui carrelli, macchinari che monitorano le funzioni fisiologiche. Al centro, il caso clinico su cui intervenire. C’è concitazione, perché le decisioni vanno prese velocemente. Descritto così potrebbe sembrare uno dei tanti momenti di quotidianità ospedaliera. In realtà qui ci si può anche permettere di sbagliare, dato che tutto ciò che avviene è una simulazione. Sono ormai più di dieci anni che l’unità di simulazione avanzata SimulARTI permette ai medici di esercitarsi su pazienti “virtuali” attraverso l’impiego di manichini robotizzati, in ambiti disciplinari come l’anestesiologia, la rianimazione, la terapia intensiva ed emergenza. È un progetto didattico, quello avviato dall’unità operativa di Anestesiologia e terapia intensiva del dipartimento di Medicina dell’università di Padova, che ha recentemente ottenuto - unico in Italia - l’accreditamento europeo dalla Society in Europe for simulation applied to medicine.  

“Molte procedure mediche – spiega Fabrizio Fabris, direttore del dipartimento di Medicina – non possono essere eseguite direttamente sui pazienti. Soprattutto quelle a più alto rischio devono essere provate in ambienti simulati, proprio per garantire al paziente una sicurezza sempre maggiore”.

Il progetto SimulARTI nasce nel 2007.  “Ci siamo chiesti quale utilità potesse avere la simulazione – spiega il direttore scientifico Carlo Ori –,  a chi potesse essere utile, quali corsi potessero essere offerti. In seguito abbiamo comprato un manichino, allestito un’aula di simulazione, un’aula di regia, una sala audio-video e un ufficio amministrativo. Abbiamo ottenuto i finanziamenti attraverso azioni di fundraising, cercando di interessare anche le industrie”. Oltre a quelli dedicati ai medici in formazione e in specialità, in 12 anni di attività sono stati impartiti circa 230 corsi a oltre 3000 medici provenienti da tutto il mondo: il 67% dall’Italia, il 25% dal Veneto e l’8% dall’estero, oltre che dall’Europa, dall’America del Sud e dall’Asia.

Riprese e montaggio di Elisa Speronello

Attualmente il laboratorio didattico dispone di un’ampia gamma di simulatori, adulti e pediatrici, utili per l’acquisizione di abilità tecniche, di competenze organizzative e per l’apprendimento e l’applicazione, su manichini-simulatori ad alta fedeltà, di tecniche diagnostiche e terapeutiche complesse in situazioni di criticità ed emergenza. Simulatori di ecografia, di ecocardiografia, di ventilazione artificiale, di procedure invasive e specifici software dedicati sono divenuti ormai indispensabili nella formazione del medico specialista. Lo Human Patient Simulator (Hps) per esempio, l’unico attualmente presente nel nostro Paese, è un manichino in scala uno a uno capace di riprodurre in maniera molto realistica le reazioni dell’organismo umano agli interventi terapeutici effettuati, grazie a software molto sofisticati. Riconosce i farmaci e risponde alla loro somministrazione, permettendo in questo modo di valutare l’efficacia del trattamento nell’ambito del quadro clinico simulato. Le sessioni di simulazione vengono videoregistrate con un sistema a circuito chiuso e trasmesse in diretta nell’aula adiacente. Il laboratorio didattico prevede poi lo svolgimento di un “debriefing”, durante il quale docenti e corsisti discutono sull’avvenuta simulazione e individuano il percorso terapeutico e comportamentale più idoneo.

La simulazione in medicina richiede molte competenze – continua Fabrizio Fabris – e quindi è necessario uno sforzo culturale e organizzativo interdipartimentale. L’auspicio, perciò, è di arrivare a costituire un Centro di Ateneo per la simulazione che coinvolga non solo i dipartimenti di area medica, ma anche i dipartimenti più di ambito tecnologico e umanistico, come Ingegneria o il dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata, ognuno per le rispettive competenze. Ci sono già molte iniziative distribuite nei vari dipartimenti. Noi collaboriamo, ad esempio, con il dipartimento di Neuroscienze, con il professor Raffaele De Caro in particolare, per la simulazione su cadavere. Ma lavoriamo anche con il dipartimento di Salute della donna e del bambino per percorsi di simulazione pediatrica e ostetrica. Dal mio punto di vista bisognerebbe accorpare tutte queste iniziative, dato che al momento manca una visione d’insieme”.

In Italia esistono già iniziative simili in altri atenei, spiega il docente. “Noi siamo in stretto contatto con Novara, una piccola università dove è nato un grande centro di simulazione che negli ultimi cinque anni ha raggiunto una grande fama a livello nazionale ed è diventato uno dei centri di riferimento. E anche Padova non può rinunciare a questa eccellenza, tra le tante che già possiede”.

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