SOCIETÀ

Global Sumud Flotilla: la società civile naviga verso Gaza

È partita. Da Barcellona, da Genova e nei prossimi giorni anche da tanti altri porti, come Tunisi il 4 settembre prossimo. La Global Sumud Flotilla ha iniziato il suo viaggio verso Gaza, con l’intento di rompere il blocco e portare aiuti umanitari, cibo e farmaci, alla popolazione palestinese. Una missione unica, nata completamente dalla società civile, non dalle associazioni umanitarie né dalle Ong. Un'evoluzione della Freedom Flotilla che aveva già tentato di rompere il blocco israeliano su Gaza, con le navi Madleen e Handala, nei mesi scorsi. Navi che sono state intercettate da Israele, con il sequestro degli attivisti e la successiva espulsione. 

Ora la Flotilla è cresciuta, è globale, sono decine e decine di navi, e arrivano da 80 paesi del mondo. Oltre 400 i volontari che salpano, tra migliaia e migliaia che si erano registrati. Un risultato straordinario, che è stato messo in piedi in soli due mesi dopo il fallimento dei tentativi precedenti, quando è risultato ovvio che solo una forza civile cospicua, visibile e massiccia può sperare di riuscire a rompere il blocco imposto da un paese che non si fa alcuno scrupolo ad attaccare anche missioni pacifiche che portano aiuti umanitari e chiedono il rispetto dei diritti umani più elementari.

L’abbiamo seguita anche noi de Il Bo Live, da Barcellona, la città scelta come punto di partenza ufficiale della missione. Tre giorni di incontri, parole ma anche musica e performance artistiche. 

E dunque, nel pomeriggio di domenica, alle 15:30 circa, una dopo l’altra le navi hanno preso il mare. Tra migliaia e migliaia di persone ammassate lungo la banchina e nel parco retrostante, che cantavano, salutavano, ringraziavano. Un'atmosfera carica non certo di festa, vista l’obiettivo chiave della missione, ma di speranza e di orgoglio, dell’idea che le persone normali possono ancora fare qualcosa di molto speciale se si mettono insieme. 

Sono state ore di grande emozione collettiva quelle di questi giorni al Moll de la Fusta, tra la fine delle Ramblas e l’inizio della Barceloneta. Un accompagnamento fisico dopo settimane di condivisioni online, di reel, di testimonianze. Giorno dopo giorno, infatti, abbiamo visto l’adesione a questa iniziativa diventare sempre più massiccia, con sostegno espresso da accademici, artisti, divulgatori, comici, giornalisti, tantissimi creators e, soprattutto, da una parte molto importante della società civile. Prima solo sulle piattaforme social e sui media indipendenti e poi, non potendo più ignorare la dimensione di quello che stava accadendo, finalmente anche su quelli generalisti.

Qui al porto di Barcellona, sotto un sole nuovamente cocente, quello di domenica in particolare è stato un vero bagno di folla per gli equipaggi che si imbarcavano. Tantissime persone, di provenienze disparate, in un clima estremamente tranquillo, anche per l’adesione convinta della città alla manifestazione. 

Barcellona è una città che sa impegnarsi, ha ricordato Ada Colau, ex sindaca della città che si è imbarcata con la Flotilla, nella conferenza stampa affollata che si è tenuta domenica mattina proprio sulla banchina, di fronte a una delle barche. “Con orgoglio ricordiamo - ha detto Colau - che Barcellona è stata la prima città europea a rompere le relazioni con Israele, già tre anni fa, grazie ai movimenti sociali e alla cittadinanza. Abbiamo dimostrato che si poteva fare, e per questo esigiamo oggi che lo stesso facciano tutte le istituzioni e i governi europei.”

Prima di Colau hanno parlato vari membri dello steering committee della Global Sumud Flotilla, anche loro arrivati da diversi paesi. Una conferenza vivace, mentre alle loro spalle arrivavano, tra gli applausi della folla, una dopo l’altra, le barche che si posizionavano in fila, con moltissime bandiere palestinesi svettanti sugli alberi che battevano però anche le bandiere dei moltissimi paesi di provenienza. Una scelta precisa, hanno spiegato i promotori, per evitare che le navi possano essere facilmente tracciate e attribuite a un unico paese di provenienza. Navi che saranno, nel corso di questa missione, ribattezzate con il nome delle città palestinesi attaccate e distrutte da Israele. Come atto simbolico ma anche come auspicio per sostenerne la liberazione e la possibilità di futuro.

“Non si tratta di noi”, ha ripetuto molte volte Greta Thunberg, attivista svedese e una delle anime  fondatrici del movimento Global Sumud Flotilla, che già si era imbarcata in una delle missioni precedenti ed era stata sequestrata da Israele. “Si tratta di loro, dei palestinesi. La storia oggi - continua Thumberg - non è su quello che stiamo per fare. Non è su di noi. È una storia che ha a che fare con il modo in cui le persone palestinesi sono deliberatamente private dei mezzi minimi per sopravvivere. La domanda è come possa il mondo, e soprattutto come possano i potenti del mondo e la gran parte delle istituzioni, tradire sistematicamente i popoli oppressi, come il popolo palestinese. Governi e istituzioni falliscono nel far rispettare le leggi internazionali. Falliscono nel mettere in campo le misure necessarie a prevenire un genocidio”. Falliscono e dunque, conclude Thunberg, tocca alle persone.

È questo il nodo centrale di questa grande mobilitazione civile. Lo ha sottolineato uno dei fondatori della Freedom Flotilla, poi diventato animatore della Global Sumud Flotilla, il brasiliano Thiago Avila, che come Thunberg è ben noto nel mondo dell’attivismo per la sua visione globale, che tiene insieme diritti umani e ambientali.

“Questa era una missione che si riteneva impossibile” ha sottolineato Avila, “ma invece abbiamo dimostrato che possiamo ottenere risultati straordinari quando mettiamo insieme un'intelligenza collettiva invece di competere e basta.” Avila ha ricordato l’impegno di tutte le migliaia di persone che hanno lavorato per rendere possibile la partenza di questa Flotilla, i meccanici, le persone esperte di navigazione, i cuochi, tutte le persone impegnate nella logistica e nella raccolta degli aiuti, e via dicendo. Regimi oppressivi come quello di Israele, ha detto ancora Avila, pensano di essere invincibili, finché non cadono. Avila ha poi fatto il paragone con il regime dell’apartheid sudafricano, ricordandone la caduta grazie a un enorme movimento di solidarietà internazionale e alle sanzioni finalmente imposte. “È quello che facciamo qui,” ha continua Avila, “Siamo solidali con il popolo palestinese. Non ce lo dimentichiamo mai. Siamo parte di un movimento internazionale che non vuole voltarsi dall’altra parte di fronte a questo genocidio. Un genocidio che è parte integrante di un sistema politico ed economico basato sullo sfruttamento, sulla distruzione e sull’oppressione. E dunque non ci accontentiamo di andare in missione con la Flotilla. Noi stiamo costruendo un movimento internazionale di popolo che risponde alla chiamata storica della propria generazione.” 

C'è un'enorme consapevolezza e convinzione nelle parole e negli occhi di queste persone. Assieme a loro, persone di tante età e professioni diverse. Attori, come gli irlandesi Liam Cunningham, noto al grande pubblico anche per il suo ruolo in Game of Thrones e il comico Tadhg Huckey, e lo spagnolo Eduard Fernandez. Ma anche giornalisti, qualche politico, come Colau ma anche la deputata portoghese Mariana Mortágua, e poi medici e avvocati e molti altri. Tutti consapevoli che non sarà affatto facile, che Israele ha attaccato già molte iniziative umanitarie in passato e potrebbe farlo anche in questo caso, anche se sono in tanti, anche se sono sotto gli occhi del mondo. Ma non pare abbiano alcuna intenzione di fermarsi. Non c’è un piano B, hanno detto esplicitamente. L'unico Piano B prevede semmai di tornare, riorganizzarsi e poi ripartire ancora più numerosi. Per ora, la Global Sumud Flotilla è in mare aperto. E possiamo solo augurarle buon vento. E che questa volta a Gaza, che ne ha un disperato bisogno, gli aiuti riescano ad arrivare. 

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