Idee che cambiano il mondo. Sfatare la "mitologia dell'innovazione"
Pensiamo spesso che l’intelligenza artificiale sia la grande rivoluzione del nostro tempo, destinata a cambiare radicalmente il modo in cui lavoriamo, studiamo e ragioniamo. Eppure, non è la prima volta che il progresso scientifico e tecnologico trasforma le abitudini quotidiane e il nostro rapporto con il mondo in maniera così profonda.
Nel suo ultimo libro, Idee che cambiano il mondo. Come nasce e si sviluppa l’innovazione (Bollati Boringhieri, 2025) Massimiano Bucchi, docente di Scienza, tecnologia e società all’università di Trento, ripercorre la storia di venti diverse innovazioni – dai voli low cost, alla cerniera lampo fino a ChatGPT – e del successo che hanno avuto nel contesto storico, culturale e scientifico in cui sono nate; un successo che in alcuni casi si è rilevato rapido e duraturo, come quello del telegrafo senza fili di Guglielmo Marconi, in altri più difficile da raggiungere ma poi dirompente, come è accaduto per le videochiamate, in altri ancora destinato a scomparire nel tempo, come quello del cercapersone.
Le venti storie di innovazione scelte dall’autore sono infatti molto diverse tra loro. Alcune riguardano oggetti, come il telecomando o il disco in vinile, altre convenzioni per ordinare il mondo, come i fusi orari, gli indirizzi e i numeri civici, altre ancora strumenti digitali per pensare e dare forma alle nostre idee, come ChatGPT e PowerPoint.
Abbiamo raggiunto Bucchi a Trieste, dove ha presentato il suo libro in occasione del Convegno Nazionale di Comunicazione della Scienza della Sissa. Ci ha raccontato che la scelta di queste venti storie era finalizzata a sfatare una certa mitologia dell'innovazione, ovvero “la narrazione secondo la quale l’innovazione sarebbe immediata, semplice e pianificabile. Ho scelto innovazioni che hanno lasciato un segno profondo, sebbene siano avvenute decenni o addirittura centinaia di anni fa. Alcune di esse hanno avuto una storia piuttosto tortuosa e rocambolesca, altre sono state introdotte da persone che non erano inventori di professione. Storie, quindi, capaci di mostrare come l’innovazione non sia semplicemente una “nuova idea” o una “nuova tecnologia”, bensì un modo nuovo di svolgere una determinata attività, la possibilità di soddisfare un bisogno che non si sapeva di avere o, in altri casi, il tassello tecnologico che mancava per completare un cambiamento sociale già maturo”.
L'intervista a Massimiano Bucchi. Riprese di Monica Panetto. Montaggio di Elena Sophia Ilari
Il progresso è trasformazione
Si tratta di un aspetto centrale nell’argomentazione di Bucchi, il quale sottolinea come la nascita di ogni innovazione sia fortemente associata ai cambiamenti dei contesti culturali e sociali di riferimento, che creano nuove esigenze e aspettative. Un esempio è quello della cerniera zip. Un meccanismo che oggi diamo per scontato, ma che all’inizio del Novecento ha rappresentato una risposta pratica a uno stile di vita più rapido e frenetico, iniziato con la Rivoluzione industriale.
Allo stesso modo, le innovazioni trasformano ulteriormente il mondo e la nostra esperienza con esso. È il caso della fotografia digitale, che ha modificato il modo di vedere e conservare i propri ricordi, o dell’anestesia, che ha liberato dal dolore le persone che necessitano di un’operazione chirurgica.
In alcuni casi, singole innovazioni hanno rivoluzionato interi settori commerciali. È il caso, per esempio, del container, che ha cambiato profondamente il mercato globale del trasporto merci (tanto che oggi si stima un transito annuo di oltre 800 milioni di container nei porti di tutto il mondo) e dei voli low cost, nati negli anni Ottanta con la geniale intuizione della compagnia Ryanair di ridurre il volo all’essenziale, rendendolo accessibile a un pubblico molto più ampio. Quest’innovazione, insieme all’invenzione del trolley e alla nascita delle piattaforme di prenotazione di alloggi online (come Booking o Airbnb), ha modificato il turismo contemporaneo e persino la nostra percezione delle distanze geografiche.
Tuttavia, la storia dei voli low cost è anche un’occasione per ricordarci che ogni innovazione porta con sé benefici e rischi. Il boom delle compagnie low cost ha contribuito a causare il problema dell’overtourism, che impatta negativamente sull’ambiente e rende intere località paradisi per visitatori, ma sempre più difficili da vivere per i residenti. Un altro esempio proposto da Bucchi per riflettere sul lato oscuro che ogni innovazione porta con sé riguarda l’aria condizionata, che in un’epoca di cambiamenti climatici rappresenta allo stesso tempo una necessità e una ulteriore fonte di inquinamento.
Le strade dell’innovazione, racconta Bucchi, sono le più disparate. A volte il loro successo è ciclico, come nel caso dei dischi in vinile, che una volta raggiunto il picco sono stati soppiantati fino a quasi scomparire, per essere poi riscoperti e riapprezzati di recente. Altre volte, le innovazioni superano le fantasie futuristiche che le hanno ispirate, come è accaduto con ChatGPT. Altre ancora sono destinate a scomparire, ma lasciano comunque una scia duratura dietro di loro, come nel caso già menzionato del cercapersone, che nonostante sia stato ormai sostituito dalla telefonia cellulare, aveva a suo tempo già gettato le basi per un mondo iperconnesso, in cui ci si aspetta che ognuno sia sempre reperibile.
Persino gli oggetti più comuni hanno significati che vanno oltre il loro utilizzo quotidiano. È il caso del telecomando: un’invenzione, scrive Bucchi, che ci parla della nostra pigrizia e ha contribuito ad abituarci all’idea che tutto debba essere rapido, immediatamente accessibile, senza sforzo e senza fatica. Questa mentalità, secondo l’autore, viene rafforzata anche dalla maggior parte delle app che usiamo quotidianamente per ascoltare la musica, prenotare al ristorante o cercare l’anima gemella, che ci hanno abituati a credere che se qualcosa non è disponibile a portata di tap allora non è stata innovata a sufficienza.
Innovazione o tradizione?
Cosa accade, invece, quando la società, o parte di essa, si rifiuta di adottare determinate innovazioni? Bucchi cita a riguardo lo stile Fosbury, l’ormai famosa tecnica per il salto in alto introdotta dall’atleta statunitense Dick Fosbury nel 1968 in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico. Oggi viene adottata da tutti gli atleti e le atlete del mondo; all’epoca, però, molti sportivi non vollero “convertirsi” al suo utilizzo. Tra loro, Bucchi ricorda l’atleta Volodymyr Yashenko, che non adottò mai lo stile Fosbury e ciononostante continuò a ottenere risultati eccellenti, come la vittoria nei campionati europei di atletica indoor di Milano nel 1978.
Si tratta, spiega Bucchi, di un capitolo dedicato alla resistenza all’innovazione. “La mitologia dell'innovazione ci spinge a dare per scontato che nel momento in cui qualcuno dimostra, come nel caso di Fosbury nel 1968, che è possibile saltare più in alto se si rivolge la schiena verso l'asta, tutti gli atleti inizieranno a farlo”, spiega Bucchi. “Al contrario, come racconto nel libro, dopo ben dieci anni dall’introduzione dello stile Fosbury c’era ancora chi saltava adottando il “vecchio” stile ventrale, riuscendo addirittura a stabilire un record mondiale. Si tratta di un’ulteriore dimostrazione del fatto che i percorsi dell'innovazione non sono necessariamente lineari o a senso unico”.
Come scrive Bucchi, infatti, può anche accadere che vecchie e nuove invenzioni trovino il modo di coesistere, senza che l’una soppianti del tutto l’altra. Ciò, riflette l’autore, sembra stia accadendo oggi con le auto elettriche o con il fax, che continua a sopravvivere ma solo in determinate nicchie di utilizzo, come per esempio in ambito ospedaliero.
Bucchi invita infine ad adottare un atteggiamento prudente quando ci si trova di fronte a un nuovo sviluppo in campo tecnologico, scientifico o culturale. “Come argomentava Bacone nel Seicento, l’innovazione aggiusta sempre qualcosa, ma produce allo stesso tempo dei danni”, osserva Bucchi. “Sebbene, quindi, la mitologia dell’innovazione ci spinge a considerare solo gli aspetti positivi, ogni novità comporta un prezzo da pagare, come la perdita di posti di lavoro, per esempio. Avere prudenza, quindi, significa valutare, anche sul piano politico, un’innovazione considerando le sue diverse implicazioni: non per rifiutarla, ma per massimizzarne i benefici e minimizzare le conseguenze indesiderate”.