L'Africa si dota della propria agenzia del farmaco
Durante la settima conferenza sulla regolamentazione dei prodotti sanitari in Africa, ospitata a Mombasa (Kenya) tra l’11 e il 13 novembre, è stata lanciata ufficialmente l’African Medicines Agency (AMA). AMA avrà un ruolo simile a quello che hanno in Europa l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA). Si tratta del primo grande ente regolatore per i farmaci ad avviare un’attività negli ultimi 30 anni e potrebbe essere il primo passo verso l’autonomia, in questo settore, per tutto il continente.
Il problema della sottorappresentazione
Fino a oggi, i 55 Paesi che compongono il continente africano non avevano un ente autonomo che regolasse l’ingresso sul mercato dei nuovi farmaci e ha sempre dovuto basarsi sulle regolamentazioni dell’europea EMA o dell’americana FDA. Questa situazione non è però mai stata ideale. A cominciare dal fatto che gli enti regolatori devono potersi basare su test clinici solidi, ma in pochi casi vengono effettuati sulle popolazioni africane.
Come scrivono su Nature i due farmacologi sudafricani Mwila Mulubwa e Kelly Chibale, e il ruandese Leon Mutesa “sebbene l’Africa rappresenti circa il 18% della popolazione mondiale e il 25% del carico globale di malattie, la diversità genetica del continente viene raramente presa in considerazione nella ricerca preclinica o clinica”. Andando a prendere i dati dall’International Trials Registry Platform dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il registro mondiale dei trial clinici, tra il 1999 e il 2024 sono stati condotti quasi 1,3 milioni di trial clinici, di cui però solo il 2% sulla popolazione africana.
E tutto ciò mentre alcune malattie colpiscono in maniera molto più importante la popolazione africana di quella che vive altrove. È il caso per esempio dell’anemia falciforme “che colpisce circa 1 persona su 100 che vive nell’Africa occidentale”, mentre colpisce “1 persona su 15.000 che vive nell’Europa occidentale”. Scrivono ancora i tre farmacologi su Nature che “il risultato di tutto questo è lo sviluppo di trattamenti inefficaci o addirittura dannosi per alcune popolazioni africane”.
Sottoproduzione e frammentazione
L’AMA è il risultato degli sforzi dell’African Medicines Regulatory Harmonization (AMRH), un programma dell’Agenzia per lo Sviluppo dell’Unione Africana (AUDA), che da anni sta lavorando al progetto raccogliendo l’adesione dei singoli Paesi. Al momento i firmatari sono 25, oltre a 14 sostenitori che hanno firmato l’accordo ma non lo hanno ancora ratificato. Uno dei primi compiti della prima direttrice generale dell’AMA, la farmacologa ghaniana Delese Mimi Darko, sarà proprio quello di allargare il numero di firmatari e omogeneizzare il sistema regolatorio.
“ L’Africa rappresenta il 18% della popolazione mondiale e il 25% del carico globale di malattie, ma raramente partecipa ai trial clinici
In un’intervista rilasciata al Business&Financial Times, il principale quotidiano ghanese, Darko ha spiegato chiaramente il problema della frammentazione regolatoria: “durante il periodo del COVID-19, l’EMA ha reso immediatamente disponibili i vaccini COVID a tutti i Paesi europei con una sola decisione; mentre in Africa, il Ghana li avrebbe avuti e la Nigeria avrebbe dovuto poi avviare il processo”. Una situazione che ha creato difficoltà nell’accesso ai vaccini e che ha portato diversi osservatori internazionali a spingere perché l’Africa riesca ad aumentare la propria capacità produttiva.
Quello della capacità produttiva è un altro tema che l’AMA, e Darko, si è posta come obiettivo primario. Secondo le stime, sul continente si produce meno dell’1% dei farmaci mondiali e per questo motivo tutti i Paesi africani sono costretti a basarsi essenzialmente sull’importazione.
Autonomia non è automaticamente indipendenza
I passi ufficiali per la creazione dell’AMA sono iniziati almeno nel 2018-2019, con il Trattato per la costituzione dell’agenzia adottato ufficialmente dall’Unione Africana nel febbraio 2019. Il 5 novembre 2021, dopo la ratifica del 15° Stato membro dell’UA, il Camerun. il Trattato è stato ratificato e ha portato all’annuncio di quest’anno. Ma se i problemi pratici che deve tentare di risolvere la nuova Agenzia sono chiari, meno chiaro è, secondo alcune fonti, quanto potrà davvero essere autonoma.
Uno dei primi finanziamenti per la costituzione dell’AMA, infatti, arriva dall’EMA. Si tratta di 10 milioni di euro che sono stati stanziati già nel 2024 e che secondo qualche commentatore mostra uno dei nodi centrali della questione: se l’AMA non si renderà presto economicamente autonoma, l’Africa continuerà a essere dipendente dal denaro altrui, con tutti i possibili vincoli che questo comporta. Lo scrive, per esempio, Richard Bishumba, un imprenditore ruandese del settore farmaceutico, sul New Times, uno dei principali quotidiani del Rwanda, il Paese che è stato scelto come sede dell’AMA: “siamo onesti: non è così che inizia l’indipendenza continentale”.
La questione economica è ancora più cruciale dopo che alla Casa Bianca si è insediato Donald Trump. La sua politica di tagli ai fondi della United States Agency for International Development (USAID) sta già avendo un impatto diretto sulla sanità dell’Africa subsahariana. Secondo un’analisi di Coface, un gruppo di credito al commercio internazionale fondato in Francia negli anni Novanta del secolo scorso, in quest’area del continente, il peso dei finanziamenti americani alla sanità arrivavano, prima di Trump, a coprire il 38% della spesa. Facendo un paragone, per dare un'idea della dimensione di massima del budget necessario a fare funzionare l'Agenzia africana, l'EMA costa circa 600 milioni di euro l'anno. Un ulteriore motivo perché l’AMA si muova nella direzione dell’aumento della produzione interna e, potenzialmente, dell’esportazione. Così facendo si potrebbe generare un ritorno economico che, gestito attraverso l’Unione, potrebbe aiutare in questo senso.
Il nodo dei finanziamenti è legato a doppio filo con quello politico. Perché è chiaro che, finanziamenti esterni o meno, per coprire i costi di gestione bisognerà che i governi dei singoli paesi forniscano i fondi necessari nel medio e lungo termine. È su questo punto che si giocherà il futuro dell'AMA.