SOCIETÀ

Luna, atto II

Una nuova corsa al nostro satellite. A più di cinquant’anni dall’ultimo passo umano sul suolo lunare, la Luna torna al centro della competizione spaziale mondiale. Ma la corsa di oggi non somiglia più a quella degli anni Sessanta del secolo scorso: non si tratta più solamente di una sfida ideologica tra due potenze rivali, ma di una prova di maturità industriale e geopolitica. Gli Stati Uniti e la Cina rappresentano i due poli di questa nuova stagione, con programmi di esplorazione che puntano non solo a riportare l’essere umano sulla superficie, ma a restarci, costruendo infrastrutture permanenti, tecnologie di utilizzo delle risorse e basi per le missioni ancora a venire su Marte.
Da una parte, la NASA procede con la campagna Artemis, nata per riportare equipaggo al polo Sud entro la fine del decennio. Dall’altra, la CNSA (l’ente spaziale cinese) porta avanti il proprio programma Chang’e, che dopo i successi delle missioni automatiche punta a una presenza stabile attraverso la futura International Lunar Research Station (ILRS): l’antagonista in formato orientale della base in orbita lunare che pure gli statunitensi sono intenzionati a realizzare.
Due percorsi differenti, due logiche operative ma con obiettivi, spesso, a specchio. E una stessa meta in comune: la Luna come frontiera strategica.

Le ragioni del ritorno

Per la NASA, la Luna è il banco di prova della strategia Moon to Mars: uno spazio intermedio dove testare sistemi di lancio, abitabilità e risorse che serviranno per le missioni marziane. Il polo Sud, con i suoi depositi di ghiaccio d’acqua in crateri perennemente in ombra, è il terreno ideale per esperimenti sull’uso delle risorse in situ e per stabilire una presenza scientifica duratura. Sullo sfondo, inutile negarlo, non ci sono solo desideri scientifici, ma anche commerciali: il nostro satellite, oltre al ghiaccio, è denso di minerali molto preziosi. Metterci le mani, accordi internazionali permettendo, darebbe un vantaggio strategico-economico non indifferente.
Per la Cina, la logica è diversa ma complementare: la sequenza di missioni Chang’e è stata pensata sin dall’inizio come un percorso graduale, dalla ricognizione orbitale al ritorno di campioni, fino alla costruzione di una base di ricerca internazionale. La Luna è vista come una palestra tecnologica e diplomatica, capace di proiettare la potenza scientifica cinese ben oltre la sua orbita.

Due architetture, due visioni

Il programma statunitense si fonda sull’asse SLS–Orion, il grande razzo Space Launch System e la capsula per equipaggio, con l’aggiunta del lander commerciale Human Landing System, della stazione orbitale Gateway e di nuove tute e rover. È una costruzione modulare, pensata per evolvere verso una logistica marziana.
La Cina procede invece con una filiera interamente domestica: il nuovo lanciatore Lunga Marcia-10, la capsula Mengzhou e il lander Lanyue formeranno la spina dorsale delle missioni con equipaggio, mentre la rete di comunicazioni Queqiao-2 (un satellite in orbita che funge da ponte radio per le missioni che operano nelle zone “morte” dalla Terra, come il polo Sud e il lato nascosto) lanciata nel 2024, garantirà i collegamenti tra la Terra e il lato nascosto della Luna. Le due strategie, in sintesi, per gli Stati Uniti scommettono sulla cooperazione industriale internazionale; per la Cina sulla coerenza interna del proprio sistema tecnologico (e chiuso)

Le tappe e i calendari

Artemis ha già completato il primo passo nel 2022 con Artemis I, un volo senza equipaggio che ha testato il sistema di lancio, SLS, e la navetta Orion. Il prossimo traguardo è Artemis II, il primo volo con astronauti in orbita lunare, con una finestra di lancio che la NASA ha, da poco, anticipato a a febbraio dell’anno prossimo, nonostante sul sito Internet non ci siano state ancora modifiche di sorta alla tabella di marcia. La missione, allo stato attuale, rischia nuovi rallentamenti a causa dello shutdown federale ancora in corso, che limita la piena operatività della NASA e di alcuni appaltatori.
A seguire, Artemis III, prevista per la metà del 2027, dovrebbe riportare sulla Luna due astronauti, i primi dopo la missione 17 dell’Apollo. La zona di allunaggio è al polo Sud con il lander Starship fornito (per ora almeno) da SpaceX. 

Artemis IV – non prima del 2028 – inaugurerà la prima visita al Gateway, la futura stazione orbitale lunare cui contribuiranno anche l’agenzia spaziale europea (ESA) e quella giapponese (JAXA).
Sul versante cinese, la roadmap è estremamente lineare: dopo Chang’e-5 (nel 2020 ha riportato campioni dal lato visibile del nostro satellite) e Chang’e-6 (2024, primo ritorno dal lato nascosto), il prossimo passo è Chang’e-7, in programma per il 2026. La missione combinerà orbiter, lander, rover e un piccolo veicolo volante – il mini-hopper – destinato a esplorare i crateri in ombra e a cercare tracce d’acqua. L’esperimento principale sarà il Lunar Soil Water Molecule Analyzer (LSWMA), un analizzatore di molecole progettato per identificare in situ l’acqua presente nel suolo lunare: lo strumento raccoglierà campioni di regolite e ne studierà la composizione chimica, misurando eventuali tracce di ghiaccio o vapore acqueo intrappolato nelle rocce.
Chang’e-8, attesa per il 2028, testerà tecnologie di stampa 3D e utilizzo delle risorse lunari (ISRU). Insieme costituiranno il modello di base della ILRS, che la Cina e i suoi partner – tra cui la Russia – puntano a completare entro il 2035. Il primo sbarco umano cinese è invece pianificato entro il 2030.

I risultati concreti

Dopo il successo tecnico di Artemis I, la NASA ha dovuto affrontare indagini e modifiche sullo scudo termico di Orion, la verifica dei sistemi di supporto vitale e l’integrazione delle nuove tute e del lander. Nel frattempo, le missioni commerciali CLPS – Commercial Lunar Payload Services, un programma che affida a società private la consegna di strumenti scientifici sulla superficie lunare – hanno registrato esiti alterni.
Tra queste, la missione IM-2 con il pacchetto PRIME-1 (Polar Resources Ice Mining Experiment-1) doveva testare la trivellazione e l’analisi del ghiaccio lunare, ma non è riuscita a condurre l’esperimento completo a causa dell’atterraggio anomalo del lander.
La Cina, invece, ha mantenuto un ritmo costante. Chang’e-6 ha riportato sulla Terra quasi due chilogrammi di campioni dal lato nascosto della Luna, un risultato storico, mentre il sistema di comunicazione Queqiao-2 è pienamente operativo. Gli esperimenti previsti su Chang’e-7, in particolare il LSWMA, fanno ritenere plausibile che la prima individuazione diretta di acqua lunare possa arrivare proprio da Pechino. Nell’ottica di sfida con gli Stati Uniti, nel dominio dello spazio questo sarebbe un vantaggio di non poco conto per la Repubblica Popolare Cinese.

I colli di bottiglia americani

Il programma Artemis è ambizioso, ma complesso. Il cuore della difficoltà è legato allo Human Landing System (HLS), il veicolo che dovrà portare gli astronauti da Orion alla superficie e ritorno. Il contratto principale è stato assegnato a SpaceX, che utilizzerà una versione modificata della Starship, rifornita in orbita terrestre da una serie di tanker lanciati separatamente: un’operazione logistica mai tentata prima. Altri fornitori, come Blue Origin – la grande sconfitta nel contratto per il lander – sembrano possano tornare in corsa, visti i ritardi che l’azienda di Elon Musk sta accomulando.
Questa architettura “commerciale” rappresenta una svolta nella storia della NASA: più efficiente dal punto di vista dei costi, ma soggetta a ritardi, dipendenze e interfacce industriali complesse. Le nuove tute, affidate a Axiom Space, devono essere qualificate per un ambiente polare ancora inesplorato, e la costruzione del Gateway coinvolge ESA, JAXA e CSA.
Sul piano politico, la NASA deve conciliare le pressioni del Congresso e della Casa Bianca – che, con logiche diverse, chiedono di rispettare le scadenze – con la realtà di un programma distribuito tra decine di aziende e agenzie. In questa situazione, i ritardi non sono tanto il sintomo di inefficienza, quanto il prezzo della complessità e del nuovo modello di partenariato pubblico-privato che la stessa agenzia ha scelto di adottare.

L’efficienza cinese e i suoi limiti

La Cina appare più rapida, ma anche più chiusa. Il programma Chang’e segue una tabella di marcia coerente, ben poco pubblicizzata ma, allo stesso tempo, sostenuta da una filiera statale che riduce i rischi di ritardi contrattuali. Tuttavia, la trasparenza resta limitata: le informazioni sulle prove di volo dei nuovi moduli con equipaggio, sui test dei sistemi di supporto vitale e sulla maturità tecnologica reale sono frammentarie.
La costruzione dell’ILRS implica inoltre la necessità di partner disposti a condividere standard tecnici e dati scientifici. L’invito è aperto, ma l’adesione dei Paesi occidentali è frenata dalle restrizioni ITAR (International Traffic in Arms Regulations), le norme statunitensi che vietano l’esportazione o la condivisione di tecnologie sensibili con Paesi considerati a rischio, tra cui la Cina.

La scienza come terreno di confronto

L’esplorazione scientifica è la vera linea di confine della nuova corsa lunare. Entrambi i programmi guardano alpolo Sud, dove le zone perennemente in ombra conservano ghiaccio d’acqua che può trasformarsi, in futuro, in fonte di ossigeno, carburante e sostegno alla vita umana.
La missione Chang’e-7 porterà un piccolo veicolo volante, il mini-hopper, progettato per spingersi dentro i crateri e analizzare direttamente la regolite con l’LSWMA, un analizzatore capace di individuare molecole d’acqua nel suolo. Artemis III, dal canto suo, prevede il primo campionamento umano nell’area polare e la raccolta di dati che aiuteranno a capire la distribuzione del ghiaccio sotto la superficie.
I risultati di queste missioni potranno ridefinire le priorità dei due programmi: per la Cina rappresenterebbero la conferma di un’autonomia scientifica ormai matura; per la NASA, la dimostrazione che la cooperazione internazionale e la condivisione dei dati restano l’arma più efficace per avanzare nella conoscenza.

Le regole del gioco

La corsa alla Luna è anche una sfida geopolitica fatta di accordi. Gli Artemis Accords, firmati, ad oggi, da più di quaranta Paesi, non sono un trattato ma un insieme di principi che estendono l’eredità del Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967: promuovono la condivisione dei dati, l’interoperabilità tecnica e la protezione dei siti di interesse scientifico. Ogni Paese firmatario si impegna a operare in modo pacifico e a notificare le proprie attività.
La ILRS Guide for Partnership, presentata dalla Cina nel 2021, delinea invece un sistema parallelo di cooperazione basato su protocolli bilaterali e sulla condivisione diretta di infrastrutture, meno vincolato da regole occidentali e più centrato sul ruolo guida di Pechino. Nelle intenzioni cinesi, l’ILRS non è solo un avamposto scientifico, ma il fulcro di un ecosistema di partner che si riconoscono in un ordine alternativo a quello promosso dagli Stati Uniti.
In mezzo si muove l’Europa, che partecipa al Gateway con moduli e sistemi di supporto, ma mantiene un profilo diplomatico prudente, cercando di bilanciare cooperazione e autonomia strategica.

Oltre il 2030

Da qui al 2028 vedremo due traiettorie divergenti ma destinate a incrociarsi. Gli Stati Uniti, se supereranno gli ostacoli tecnici e amministrativi, potranno completare Artemis III e consolidare la presenza orbitale con Gateway. La Cina, nel frattempo, metterà alla prova la capacità di esplorare, analizzare e forse utilizzare le risorse lunari in modo autonomo.
Entro il 2030, entrambe le potenze potrebbero mettere piede sul suolo lunare con i propri equipaggi. Ma la vera posta in gioco non sarà la bandiera piantata, ma la costruzione di capacità di esplorazione e di permanenza durature: sistemi riutilizzabili, catene logistiche efficienti, infrastrutture in grado di sostenere la vita e la ricerca a lungo termine.
Per questo la nuova corsa lunare non è solo una questione di primati tecnologici, ma un banco di prova per l’intero equilibrio geopolitico spaziale. Chi controllerà l’accesso alle risorse e le regole della loro gestione potrà influenzare anche il “modello” con cui verranno affrontate le sfide oltre alla Luna, verso Marte. In questa nuova stagione, vincerà non soltanto chi arriverà per primo, ma chi saprà restare più a lungo.

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