SOCIETÀ

Raid anti-immigrazione, proteste e arresti: Trump militarizza Los Angeles

È inevitabile: a furia di fomentare odio e violenza prima o poi lo scontro arriva. E Donald Trump, che si muove con la grazia di un rinoceronte nelle stanze di cristallo della democrazia, proprio questo cercava quando ha deciso di inviare a Los Angeles gli uomini dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) per eseguire una serie di raid contro l’immigrazione irregolare: l’esasperazione del conflitto sociale, la repressione violenta di qualsiasi forma di dissenso, l’esibizione di un autoritarismo che sempre più sarà la vera “cifra” della sua presidenza. Perciò, a partire da sabato scorso, ha schierato circa 4.000 soldati della Guardia Nazionale senza interpellare il governatore della California, il democratico Gavin Newsom, per far fronte al dilagare delle proteste. Proteste che, sia detto per inciso, sono scoppiate in risposta all’azione messa in atto dagli agenti federali in tuta mimetica che hanno passato al setaccio il distretto dell’abbigliamento a Los Angeles alla ricerca di persone sospettate di essere immigrate nel paese senza permesso legale. 

L’American Civil Liberties Union (ACLU) sostiene che gli arresti siano stati effettuati senza alcun mandato giudiziario. L’Immigrant Defenders Law Center (ImmDef) denuncia invece che alle famiglie detenute è stato vietato qualsiasi contatto con i loro avvocati. Alle proteste spontanee, inizialmente isolate, gli agenti hanno risposto lanciando contro i manifestanti gas lacrimogeni e granate flash bang. La rabbia è cresciuta, centinaia di persone si sono unite ai manifestanti. Il caso è diventato nazionale. Trump allora ha inviato 700 uomini del corpo dei Marine - truppe da combattimento federali - “per ristabilire l’ordine”. Non accadeva dal 1992, quando i Marine furono schierati dall’allora presidente Bush (però d’accordo con il governatore della California) che invocò l’Insurrection Act (mossa che Trump non ha ancora fatto) durante i disordini successivi all’assoluzione dei 4 agenti di polizia responsabili del brutale pestaggio ai danni del tassista afroamericano Rodney King. La sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha imposto il coprifuoco in alcune zone del centro della città, dalle 20 alle 6 del mattino “per fermare vandalismi e saccheggi”. Il risultato è la cronaca di questi giorni: gli arresti di immigrati “illegali” sono migliaia, e secondo il Washington Post  (la Casa Bianca ha bollato la notizia come falsa) 9.000 di loro potrebbero essere trasferiti nelle prossime ore nel carcere di Guantanamo, a Cuba, un “buco nero dei diritti umani” aperto nel 2002 al culmine della guerra contro il terrorismo. Ci sarebbero  cittadini europei, anche italiani, britannici, francesi: tutti paesi alleati, uno “strappo” che, se realizzato, avrà conseguenze. “Libereremo la città e impediremo che venga conquistata da un nemico straniero”, è stato il commento di Trump.

Escalation e provocazione

La decisione del presidente ha portato la tensione interna negli Stati Uniti a livelli inimmaginabili soltanto pochi mesi fa. Il governatore della California Gavin Newsom ha definito l’ordine di Trump “volutamente provocatorio”, sostenendo che il governo federale stava inviando le truppe perché voleva “uno spettacolo”. Il presidente ha replicato “suggerendo” che “il governatore della California dovrebbe essere arrestato per come ha gestito la questione dei disordini”. Newsom ha reagito immediatamente e senza giri di parole: “Il presidente degli Stati Uniti ha appena chiesto l’arresto di un governatore in carica”, ha scritto in un post su Instagram. “Questo è un giorno che speravo di non vedere mai in America. Non mi interessa se sei un democratico o un repubblicano, questa è una linea che non possiamo oltrepassare come nazione: questo è un passo inequivocabile verso l’autoritarismo. Questi sono gli atti di un dittatore, non di un presidente”. Assai esplicito anche il commento di Hina Shamsi, direttrice del National Security Project presso l’American Civil Liberties Union (ACLU): “Ogni mossa che il presidente Trump ha fatto da sabato sera è stata un’escalation e una provocazione. L’idea che questi Marine abbiano anche solo lontanamente il tipo di addestramento richiesto per sorvegliare le proteste nel rispetto dei diritti costituzionali delle persone sarebbe ridicola se la situazione non fosse così allarmante. Fin dall'inizio, il dispiegamento di truppe da parte dell’amministrazione Trump nelle strade della California, nonostante l'obiezione del governatore, ha sollevato serie preoccupazioni costituzionali. Quest’ultima mossa non fa che aumentare il rischio legale ed etico per le truppe e mette ulteriormente in pericolo i diritti della popolazione. I coraggiosi abitanti di Los Angeles che stanno pacificamente difendendo i diritti dei loro vicini immigrati meritano di meglio”.

Com’è evidente la questione va ormai ben oltre gli scontri di Los Angeles, che poi si sono spostati anche a San Francisco (manifestazioni sono previste da Washington a Seattle, da Austin a Chicago) . E indipendentemente da quel che accadrà nei prossimi giorni in California, o altrove se la protesta dovesse ulteriormente dilagare, spetterà ancora una volta ai tribunali americani, sempre più unico e vero argine di fronte alle pretese di chi gioca contro le regole democratiche, definire se e in quale misura sono stati varcati i confini del lecito. Per dirne una: l’utilizzo di truppe federali sul territorio degli Stati Uniti è per lo più vietato. Il Posse Comitatus Act del 1878 limita il coinvolgimento dei militari nell’applicazione della legge civile a meno che il Congresso non lo approvi o in circostanze “espressamente autorizzate dalla Costituzione” (ma Trump ha fatto di testa sua, senza chiedere l’approvazione del Congresso). L’unica eccezione sarebbe proprio l’Insurrection Act cui facevamo riferimento prima: una legge che risale al 1807, firmata dall’allora presidente Thomas Jefferson, che recita così: “Ogni volta che c’è un’insurrezione in uno Stato contro il suo governo, il presidente può, su richiesta del suo governatore, chiamare al servizio federale tali milizie degli altri Stati, nel numero richiesto da quello Stato, e utilizzare tali delle forze armate, come ritiene necessario per sopprimere l’insurrezione”. E in un’altra disposizione afferma che l’esercito può essere utilizzato “ogni volta che il presidente ritiene che ostruzioni, combinazioni o assembramenti illegali, o ribellione contro l’autorità degli Stati Uniti, rendano impraticabile l’applicazione delle leggi in qualsiasi Stato attraverso il corso ordinario di procedimenti giudiziari”. Ma diversi esperti legali ritengono che la legge, scritta 218 anni fa, sia eccessivamente vaga per essere applicata. “Le leggi in questo ambito sono incerte e non testate”, ha commentato Rosa Brooks, professoressa di diritto della Georgetown University, interpellata dal quotidiano Politico. “Federalizzare le truppe della Guardia in questa situazione e sollevare lo spettro di inviare anche personale militare in servizio attivo, è una trovata politica, e pericolosa”.

Però bisogna anche tener presente che non si tratta di un “colpo di testa” di Trump, di un’improvvisazione. Il presidente sta semplicemente applicando uno schema, il suo schema. Scrive il New York Times, in un articolo pubblicato nell’agosto 2024, dunque tre mesi prima della sua nuova elezione, che già durante il suo primo mandato, nell’estate del 2020, “il presidente Trump si era infuriato con i suoi consiglieri militari e legali, definendoli “perdenti” per essersi opposti alla sua idea di utilizzare le truppe federali per sopprimere i focolai di violenza durante le proteste a livello nazionale per l’omicidio di George Floyd, a Minneapolis, da parte della polizia. Nel suo primo mandato, Trump non ha mai realizzato la sua visione espansiva di usare le truppe per far rispettare la legge sul suolo americano. Ma mentre cercava di tornare al potere, ha chiarito che intende utilizzare l’esercito per una serie di scopi di applicazione della legge interna, tra cui il pattugliamento del confine, la soppressione delle proteste che ritiene si siano trasformate in rivolte e persino la lotta al crimine nelle grandi città governate dai democratici”. Previsione facile: ma lui, Trump, l’aveva pianificata. Se di “pazzia” si tratta, è estremamente lucida.

Autoritarismo senza regole

La minaccia è sempre la stessa, da molti evocata fin dal primo giorno del suo nuovo insediamento alla Casa Bianca: la deriva autoritaria.  A lui quello piace, senza dover badare alle regole, ai contrappesi. Senza giornalisti a far scomode domande, senza giudici a bloccare con le loro sentenze le disposizioni più radicali e sovversive, senza il fastidio di quei manifestanti che chiedono il rispetto dei diritti e delle regole democratiche, senza le Università che formano il pensiero e che invece dovrebbero essere costrette, secondo i suoi desideri, ad allinearsi con l’agenda politica dell’attuale capo della Casa Bianca. Un presidente che pensa e agisce allo stesso modo anche sulla scena internazionale con conseguenze sul piano diplomatico e commerciale. Ora la partita “interna”, scatenando una ribellione civile che non si vedeva dai tempi della guerra in Vietnam e minacciando di usare l’esercito “contro” lo stesso popolo americano, invocando una legge che si applica solo in caso di rischio d’invasione, di ribellione o di insurrezione contro l’autorità del governo degli Stati Uniti (ed è evidente che non è questo il caso). 

L’analista politico Sandile Swana non ha dubbi: “L’imposizione da parte di Trump dell'esercito per affrontare le proteste a Los Angeles senza consultare il governatore dello stato e il sindaco locale è un segno di crescente dittatura. Vuole soltanto mettere a tacere gli oppositori”. Sostiene il sito di giornalismo investigativo AlterNet: “L’uomo che ha lanciato un tentativo di colpo di stato negli Stati Uniti nel 2020 e ha istigato un’insurrezione al Campidoglio che ha provocato cinque morti ora afferma che le persone a Los Angeles stanno tentando un’insurrezione. Non è così. A Trump non importa se le truppe sono necessarie. Né gli importa quante persone sono rimaste ferite o addirittura uccise nel suo raid su Los Angeles. La dimostrazione della forza militare è il punto. Gli dà l’apparenza del potere. Trump sta inviando l’esercito a Los Angeles in un momento in cui i funzionari statali e locali dicono che non ce n’è bisogno. Cerchiamo di essere chiari: Trump e i suoi lacchè vogliono il sangue nelle strade. Lo hanno pianificato. Ma la lotta centrale della civiltà è sempre stata quella di fermare la brutalità. A meno che non impediamo al più forte di attaccare o sfruttare il più debole, nessuno di noi è al sicuro. Una società civile è l'opposto di ciò che Trump cerca. Una società civile non permette ai forti di brutalizzare i deboli. Il nostro dovere è fermare la brutalità”. 

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