CULTURA

Spazio e libertà alla Biennale Architettura di Venezia

Una società cresce e progredisce quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno sedersi  (proverbio greco)

Libertà come generosità e senso di umanità, collocate dalla pratica architettonica al centro della propria agenda. Libertà di movimento, d’ispirazione al passato o di previsioni future. Libertà di costruire o meno, anche solo di proporre. Libertà di ricondurre l’architettura alle sue qualità essenziali, alla materialità delle superfici, alla disposizione in sequenza degli spazi. Libertà di rivelare la potenzialità e la bellezza dell’architettura.

Spazio libero e gratuito. Questo il concetto al centro dell'attenzione dell’edizione 2018 della Biennale veneziana di architettura (26 maggio - 25 novembre 2018), per la quale le curatrici, gli architetti irlandesi Yvonne Farrell e Shelley McNamara, hanno scelto appunto il titolo Freespace. È un concetto che celebra l’abilità dell’architettura di trovare una nuova e inattesa generosità in ogni progetto, anche nelle condizioni più private. “Con l’architettura  si creano sempre beni pubblici, che non possono essere oggetto di negoziazione” ha affermato il presidente della Biennale Paolo Baratta il 2 marzo alla presentazione ufficiale della 16ma Mostra internazionale di architettura. “Il progetto può offrire opportunità straordinarie perché diventa dono che si fa nello spazio: costruire per sé significa costruire anche per la città, è un atto di dono allo spazio. E questo non significa solo generica benevolenza: il gesto può nascere anche dal desiderio di autorappresentazione e diventare comunque e inevitabilmente un atto pubblico”.

Tutti hanno il diritto di beneficiare dell’architettura. Da questo assunto le curatrici attribuiscono all’architettura un ruolo semplice, umano, fondamentale: quello di “offrire un riparo ai nostri corpi e di elevare i nostri spiriti. La bella parete di un edificio che costeggia la strada dona piacere ai passanti, anche se non vi entreranno mai”.

La mostra vuole insomma puntare sul coinvolgimento emotivo e intellettuale, anche attraverso una importante presenza spaziale e fisica, enfatizzando il peso dell’architettura nel quotidiano, il contributo reale e duraturo che l’architettura offre alla vita umana. “Consideriamo la Terra come un cliente. Questa visione implica una serie di responsabilità a lungo termine. L’architettura è il gioco di luce, sole, ombra, luna, aria, vento, forza di gravità con modalità che rivelano i misteri del mondo e tutte queste risorse sono gratuite”.

Il rapporto fra architettura e società civile è dunque ancora una volta protagonista alla Biennale, che in diversi edizioni ne ha indagato la complessità, non esitando a mettere in luce quello che Paolo Baratta in più occasioni ha definito un vero e proprio “scollamento”: una chiara ammissione della crescente difficoltà dell’architettura a predisporre risposte adeguate a esigenze che non sempre riescono ad essere comprese fino in fondo. Ma è altrettanto limpida, secondo le curatrici, la rivelazione che la pratica architettonica abbia proposto, in luoghi molto distanti fra loro e su scale drammaticamente diverse, anche esempi di generosità e di sollecitudine, promuovendo e supportando l’importante contatto che sussiste tra le persone e lo spazio. L’entusiasmo di Farrell e McNamara si esprime con chiarezza: “Concentriamo la nostra attenzione su queste qualità perché pensiamo che l’ottimismo e la continuità ne siano parte costitutiva. Confrontandoci con i moltissimi architetti che partecipano a questa mostra, abbiamo scoperto invenzione e creatività in micro e macro scala: edifici storici liberati dall'intelligenza degli architetti; edifici dimenticati riportati alla vita; necessità infrastrutturali tradotte in strutture pubbliche e civiche”.

Fra i 65 padiglioni degli altrettanti paesi partecipanti sono sette le nazioni presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan e anche la Santa Sede, che già ha partecipato due volte alla sezione Arte della Biennale, ma che quest’anno per la prima volta si presenta con un proprio padiglione nel bosco dell’Isola di San Giorgio Maggiore. Il “dono” che l'invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto verrà dunque tradotto in decine di linguaggi del mondo, declinando libertà, gratuità, pluralità. Freespace.

Chiara Mezzalira

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