La sua Padova, quella che ritraeva giorno dopo giorno, era nelle piazze, nel ghetto, sotto i portici. Giovanni Umicini, classe '31, in città ci era arrivato venticinquenne, e se ne era innamorato.
La sua carriera di fotografo l'ha portato a collaborare con Stati Uniti e Inghilterra, a lavorare come dirigente alla Kodak e come direttore della fotografia nel cinema. É diventato un maestro della Street Photography, la fotografia che ritrae il quotidiano delle strade, e di chi le abita.
Giovanni Umicini ci ha lasciati, ma la sua fotografia continua a parlarci di lui, della sua Padova, di come la leggevano i suoi occhi.
É la città delle persone nelle osterie, al mercato, in processione per sant’Antonio, nella nebbia fitta che d’inverno avvolge le piazze. Raccontata in foto come frammenti di vita che si sommano dando forma e sentimento a spazi, occhi, mani, luci, strade. Un ritratto dipinto in molti decenni, una celebrazione dell’urbanità padovana e, allo stesso tempo, un trattato di sociologia. Umicini ha raccontato Padova nel centro storico, con l’ombelico nelle piazze. Gli angoli illuminati dai lampioni di notte, le scie delle auto in Prato della Valle, i portici protagonisti nelle strade del ghetto e brulicanti di vita.
Foto di Giovanni Umicini
“Oltre che di qualche donna, mi sono innamorato di questa città. La sua bellezza sta nella gente: uomini, donne, bambini. Che camminano, lavorano, si baciano. Ogni volta che esco nelle piazze, ho davanti a me un film nuovo. Se non faccio foto, mi siedo in un’osteria e guardo. E litigo e parlo con questa gente” ci raccontava qualche anno fa il fotografo.
La periferia nelle sue foto non c’era. Assente perché è della “città vecchia” che Umicini s’era innamorato, quella che aveva conosciuto quando s’era trasferito qui nel 1951 e che aveva continuato a fotografare, giorno dopo giorno, componendo un’immagine di collettiva quotidianità: “Di straordinario qui non c’è niente” dichiarava, quasi orgogliosamente, il maestro della Street Photography che delle strade di Padova ha fatto il suo studio, la sua casa.
Ecco le sue foto: anziani fanno la spesa sotto al Salone nel 1967; ragazzi innamorati stanno seduti nella nicchia sulla facciata del Duomo, nel 1997. Un vecchio col cappello in testa siede sul muretto lungo il canale di Prato della Valle: è il 1959. Nella sua visione Padova non cambiava con il tempo, perché è rappresentata dall’insieme di tutto ciò che lui fotografava, ogni singolo viso, ogni angolo, in ogni singolo momento; l’anno della registrazione non aveva importanza. Non c’era differenza fra le immagini delle calzette dei bambini, dei carretti dei venditori, delle fontane, dei bicchieri di vino. La città era - ed è ancora nelle sue foto - tutto contemporaneamente.
Foto di Giovanni Umicini
“La peculiarità di Umicini sta nella sua capacità di immortalare quell’attimo di tempo, quell’istante particolare in cui i soggetti da lui fotografati, proprio perché inconsapevoli, lasciano trasparire, quasi rivelandoli, non solo i propri sentimenti ma anche quelli verso gli altri e verso la realtà circostante”, osservava Naomi Rosemblum nel 2001.
Ecco la vecchina piegata sui cartoni delle uova, silenziosa venditrice nel frastuono del mercato: in un momento la sua immagine attraversa l’obiettivo che ne imprigiona i pensieri, l’emotività. Muto anche l’uomo che tira il carretto sulla strada ciottolata, come anche lo spazzino all’alba nelle piazze, le serrande dei negozi ancora abbassate; una coppia di anziani parla sommessa, quasi all’orecchio. Ascolta, guarda i passanti, tace, beve un bicchiere di bianco, l’uomo seduto fuori dall’osteria. La città è in ogni momento catturata dalla macchina fotografica, anche di notte. Il silenzio di ciascuno diventa un rumore di pensieri, immagini e vita, di attimi e di anni che si sovrappongono, di buio e luce, di solitudini che si uniscono e fanno una città intera.
Questa rimane la Padova che le foto di Giovanni Umicini continuano a raccontare, anche ora che lui non c'è più.
Foto di Giovanni Umicini