CULTURA

Sullo scaffale: Magnifico e tremendo stava l'amore di Maria Grazia Calandrone

Che relazione c’è tra la letteratura e la vita? Alla domanda delle domande può essere cercata una risposta convincente attraverso l’ultimo, splendido, romanzo di Maria Grazia Calandrone, Magnifico e tremendo stava l’amore appena uscito per Einaudi.

La poetessa e scrittrice, autrice dei due precedenti romanzi Splendi come vita (Ponte alle Grazie) e Dove non mi hai portata (Einaudi), in cui già andava raccontando una storia vera (la sua e quella delle sue due madri), torna a maneggiare materia viva, calda, pulsante che le ha mosso l’animo e la penna così violentemente da permetterle di scrivere il libro “con furore” – così precisa nei ringraziamenti conclusivi – in un mese, tra il 14 dicembre 2023 e il 15 gennaio 2024. E nella nota che segue (Chi scrive che c’entra. Solenoide) racconta come la vicenda a cui ha voluto dare vita sulla pagina la abbia chiamata per somiglianza alle sue altre storie: c’è una donna che subisce violenza e che si ribella alla sorte mentre il Tevere si fa custode dei corpi che, per quelle ragioni, lasciano questa terra. È una storia vera, quella che Calandrone ricostruisce: la vicenda delittuosa di Luciana Castello, vittima delle violenze del marito e responsabile della sua morte, assolta nel 2012 da Evelina Canale, con una sentenza confermata nel 2014 da Mario Lucio D’Andria e Giancarlo De Cataldo: “Una decisione sconvolgente per intelligenza e audacia – spiega ancora Calandrone – che motiva la scrittura di questo libro”.

Ma, nel trasformare una vicenda di cronaca nera in un romanzo, la scrittrice fa molto di più, perché scava nei processi più profondi e inconsapevoli dell’animo umano e, particolarizzandoli alla perfezione (questo è costruire i personaggi), li universalizza. Intervistata sulla velocità con cui il romanzo le è uscito dalla punta delle dita, dice di aver sentito di avere avuto, a un certo punto, ben chiara la materia e di aver fatto in fretta per paura di perdere quella lucidità che permette al romanziere, di fatto, di creare.

“Affermiamo che tutto si sarebbe potuto prevedere, che tutto era scritto nelle cose. Ma in realtà, mentre vivevamo, non sapevamo niente” scrive ancora in Solenoide ed è questo che rende Magnifico e tremendo stava l’amore spettacolare, perché tutto avviene con lo stesso grado di verità e di accidente con cui la vita accade.

“Questa, la vita. Una rotta di norma imprevedibile sopra le nebulose / e piccole esplosioni di coscienza dove appaiono, a lampi, le cose reali. Con gli spigoli vivi e i colori. Caparbie, insanguinate, difettose. Difettose e sgargianti. Tutte incluse nel vivere. Tutte appena cadute dalla forgia col loro destino. Industrie nella luce del mattino. Le bandiere di luce del mattino. Lancinanti e bellissime. / L’odore del reale, questo vento / ascensionale giallo / sopra un mondo altrimenti incomprensibile”.

Il libro inizia così, con una poesia in forma di prosa, e spesso in questo romanzo Calandrone – quando si avvicina al sentimento dell’amore, ha spiegato – ricorre all’espressione poetica. Ma non si pensi all’amore romantico necessariamente, bensì a una forma di amore primigenio, universale, che è a tratti pìetas o, in un’accezione completamente laica, l’amore di Dio per il creato. L’amore per le fragilità umane. La poesia torna, per esempio, quando c’è da descrivere il cadavere del marito di Luciana: “Ogni corpo insepolto dice qualcosa. È il dottor Stefano Moriani a interpretare le parole inscritte in questa carne. Questa povera carne / senza più volontà, questa povera carne / esposta, che muta / dice la verità”.

Non c’è giudizio, mai, in Calandrone. La scrittrice diviene ora l’uno ora l’altra, ricostruisce i nessi – soprattutto quelli sottesi – riuscendo in una mimesi profonda che, per l’appunto, supera il dualismo realtà-finzione perché racconta la verità dell’anima. Nella narrazione emerge l’importanza dei luoghi, del momento storico (Calandrone indugia parecchio a raccontarci cosa accade in Italia all’epoca dei fatti delittuosi), del mutare delle stagioni, delle parole dette e quelle rimaste inespresse, della storia personale di chi ci ha preceduti, e mai avremmo potuto pensare che l’interconnessione sottile di fatti, emozioni, cause e conseguenze potesse con tanta naturalità essere ricreata in un’opera che, in quanto frutto del genio, è comunque artificio.

“Nella letteratura, almeno in quella, cerchiamo il tentativo di approssimazione alla cosa che ci fa tremare e chiamiamo verità, uno spacco che sveli la polpa del reale. Cioè, il suo vuoto, che è il segreto di tutte le cose. […] Dentro il lavoro di chi scrive cerchiamo quest’altrimenti imperscrutabile / consonanza, il colloquio di tutte le cose, il loro / muto consenso / a esistere, quella conformazione musicale più forte / della nostra natura / che oscuramente, senza davvero mai comprendere, / chiamiamo amore”.

Grazie Maria Grazia Calandrone, non resta altro da dire.

Affermiamo che tutto si sarebbe potuto prevedere, che tutto era scritto nelle cose. Ma in realtà, mentre vivevamo, non sapevamo niente Maria Grazia Calandone

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