SCIENZA E RICERCA

La svedese e il clima

Ci dispiace, perché leggiamo sempre con molto piacere Letti da rifare, la rubrica di Alessandro d’Avenia su Il Corriere della Sera. Ma questa volta lo scrittore palermitano ha preso più di qualche granchio pubblicando ieri il Dialogo di una Svedese e la Natura. Dove la Svedese è Greta Thunberg e la Natura è, semplicemente, la natura. Anzi, il clima del pianeta Terra.

Il primo e il più grosso dei granchi è l’affermazione secondo cui la scienza sui cambiamenti climatici «è tutt’altro che unanime». E no, caro Alessandro. La comunità scientifica competente – quella dei climatologi, per intenderci – è più compatta che mai nel sostenere – anzi, nel dimostrare – che i cambiamenti climatici sono in atto. Che, in altri termini, il clima sta cambiando. Ormai non c’è nessuno che non abbia preso atto – dati alla mano – che la temperatura media del pianeta è già (e sottolineiamo già) aumentata di 1°C rispetto all’epoca pre-industriale e che il livello dei mari è aumentato di circa 19 centimetri. 

Pochissimi ricercatori – un’esigua minoranza – mettono in dubbio che la causa dei cambiamenti climatici sia l’uomo, con i suoi consumi di combustibili fossili e le sue pratiche di cambiamento del regime dei suoli (leggi deforestazione, ma non solo). Ma la comunità dei climatologi è quasi del tutto unanime nel ritenere che i cambiamenti del clima sono stati accelerati dall’uomo. La probabilità che siano altre le cause è minima, molto al di sotto del 5%. 

È sulla base di questa constatazione – e sulla base di questi fatti – che si muovono Greta e i milioni di giovani che hanno voluto seguirla in tutto il mondo. Non vogliono chiedere alla Natura il senso della vita. Vogliono molto più pragmaticamente chiedere ai governi di agire per rendere più desiderabile la vita nei prossimi anni. Che poi abbia o no un senso la vita, resta questione filosoficamente irrisolta. Ma visto che dobbiamo (possiamo) vivere, facciamolo in maniera dignitosa: questo è quanto chiedono con estremo pragmatismo Grata e i suoi ragazzi.

Già perché gli scienziati con la quasi totale unanimità pensano che con l’attuale ritmo di emissioni di concretissimi gas serra e con l’attuale tasso di utilizzo dei suoli, nel prossimo futuro la temperatura continuerà a crescere e così il livello dei mari

Certo, nell’indifferenza sia della Natura che della natura. E anche del Pianeta o, se si vuole, del pianeta. Ma con grossi danni per l’umanità: eventi meteorologici estremi, inondazioni, onde di calore, desertificazioni, migrazioni bibliche (sì, bibliche). 

Gli scienziati, nell’unanimità quasi completa, hanno parlato chiaro: se vogliamo contenere questi danni in termini accettabili dobbiamo riuscire a contenere l’aumento della temperatura da qui a fine secolo entro i 2 °C e possibilmente entro gli 1,5 °C. Se superiamo questa soglia, nell’indifferenza della Natura e della natura, del Pianeta e del pianeta, per noi umani potrebbero essere guai seri. In termini economici e soprattutto sociali. 

Greta e i milioni di ragazzi che l’hanno ascoltata sanno benissimo che per ascoltare ciò che dicono gli scienziati dovranno fare dei sacrifici. Ma non possono aspettare di diventare adulti e decidere di cambiare l’attuale sistema produttivo che altera il clima.

Sempre gli scienziati, caro Alessandro e non qualche pifferaio magico, ci dicono che il tempo per riuscire nell’impresa che lascia indifferente la Natura e anche la natura, ma non la società umana, è poco. Una decina di anni, non di più. Ecco perché i ragazzi chiedono a noi di intervenire. Se aspettiamo che loro raggiungano l’età in cui potranno essere i decisori sarà troppo tardi. Per molti di noi, per tutti i nostri figli e per i nostri nipoti.

Non che scompariremo, come Homo sapiens. Ma che vivremo molto, ma molto peggio di adesso. E Greta con i suoi ragazzi non ci stanno. Vogliono pragmaticamente ereditare da noi delle condizioni ambientali le più comode possibili. Tutto qui. La Natura e la sua indifferenza non c’entrano.

Loro ne sono consapevoli. E noi? 

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