Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), 90 giorni dopo la 50esima ratifica, quella dell'Honduras. Fra le ratifiche quelle di Austria, Irlanda, Messico, Nigeria e Sud Africa, paesi che col Brasile hanno largamente guidato i lavori per la definizione del trattato; il Brasile ha firmato immediatamente il TPNW, ma il nuovo presidente Jair Bolsonaro ne ha bloccato i lavori di ratifica.
Il testo del trattato venne approvato il 7 luglio 2017 da una speciale conferenza indetta dall’Assemblea generale dell’ONU con 122 voti a favore, uno contrario (l’Olanda) e un’astensione (Singapore). Alla definizione del TPNW hanno contribuito in modo significativo organizzazioni non-governative, in particolare la coalizione ICAN, una novità senza precedenti per negoziati sulle armi nucleari.
Il TPNW, aperto alla firma presso la sede dell’ONU il 20 settembre 2017, finora ha raggiunto la firma di 86 paesi con 51 ratifiche, mentre alcuni dei 122 paesi che avevano approvato il testo hanno deciso di non accedervi.
I 9 paesi con armi nucleari e loro alleati hanno osteggiato l’indizione della conferenza e non hanno partecipato ai lavori. Francia, Russia, UK e USA hanno denunciato il trattato come un pericolo per la sicurezza mondiale, e Corea del Nord, Cina, India, Israele e Pakistan lo hanno praticamente ignorato. Lo scorso autunno, avvicinandosi il completamento delle 50 firme, l'amministrazione americana di Trump ha tentato invano di convincere paesi firmatari a ritirare la loro adesione al trattato.
Il TPNW rappresenta una reazione politico-legale al mancato rispetto, da parte delle potenze nucleari, degli impegni a perseguire rapidamente il disarmo nucleare, come richiesto dall’articolo VI del Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (NPT, 1970). Come approccio alternativo all’infruttuosa via al disarmo nucleare basata sulla successione di piccoli passi privilegiando a ogni stadio la stabilità e la sicurezza, i proponenti del TPNW decisero di considerare l’impatto delle armi nucleari sulla società e di ricorrere al diritto internazionale umanitario.
Il trattato (https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/bando-armi-nucleari-trattato-tpnw-proibizione) proibisce esplicitamente e formalmente alle parti di sviluppare, testare, produrre, fabbricare, comunque acquisire, possedere o immagazzinare armi nucleari; usare o minacciare di usare armi nucleari e ospitarne sul proprio territorio.
Il TPNW pone minime condizioni alle parti che dichiarano il non possesso di armi nucleari alla data del 7 luglio 2017: esse devono presentare una dichiarazione relativa all'eventuale possesso di armi o sistemi esplosivi nucleari e all'eventuale eliminazione di programmi e strutture per la loro produzione; non è prevista alcuna forma di verifica o controllo della dichiarazione stessa. Un aspetto del trattato è la mancanza di definizioni univoche dei vari termini, dando adito a interpretazioni differenti; per esempio il Sud Africa ha aderito ritenendo che il possesso di 700 kg di uranio altamente arricchito non sia un elemento di rischio per la proliferazione nucleare.
A questi paesi viene richiesto solo di conservare sui propri impianti nucleari i correnti controlli e salvaguardie dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA); in mancanza di accordi con la IAEA si richiede l’attuazione delle condizioni minimali previste dall’NPT. Di fatto vengono ridotte le condizioni anti-proliferazione previste dall’NPT stesso e ci sono problemi di compatibilità del TPNW con altri trattati internazionali.
Per i paesi con armi nucleari che intendano aderire al trattato sono previste delle condizioni che prevedono un trattamento punitivo e delle procedure che difficilmente potranno essere accettate anche dagli stati che intendano rinunciare ai propri armamenti nucleari, per cui il TPNW è praticamente privo di effetti reali come strumento per il disarmo nucleare, anche perché non mira a creare le precondizioni necessarie per un mondo privo di tali armi.
Conseguenze operative
L'obiettivo principale del TPNW è di delegittimare non solo l'impiego di armi nucleari ma lo stesso possesso di armi nucleari, che le potenze nucleari giustificano come necessario per una sicurezza mondiale basata sulla deterrenza, ossia sulla reciproca capacità di ritorsione a un possibile attacco nucleare.
L'impatto e l'efficacia di un trattato internazionale, al di là della sua entrata in vigore, dipendono dal numero e autorevolezza degli aderenti, dalla rapidità con cui muove verso l'universalità, nonché dall'impatto delle istituzioni eventualmente costituite. Ad esempio il trattato per il bando totale dei test nucleari (CTBT), creato nel 1996 e non ancora in vigore per le stringenti condizioni richieste, tuttavia ha 168 parti e altri 16 firmatari e ha creato un sistema di monitoraggio universale controllato in modo efficace da un'organizzazione operativa (CTBTO) e di fatto è divenuto un obbligo universale: dal 1998 solo la Corea del Nord ha condotto dei test con la condanna di tutta la comunità internazionale.
Invece il TPNW appare tuttora "debole" nonostante la sua entrata in vigore: non ha costituito alcuna struttura, non prevedendo forme di verifica e controllo; a oltre tre anni dalla possibilità di accesso ha solo 51 parti, la grande maggioranza paesi con meno di 10 milioni di abitanti (20 con meno di un milione), per una rappresentanza totale inferiore al 12% della popolazione mondiale. Mentre i vari trattati sugli armamenti sono stati firmati per circa il 75% dei loro aderenti lo stesso primo giorno accessibile, solo 53 dei 122 paesi che hanno approvato il testo del TPNW lo hanno firmato i primi giorni e nei successivi tre anni ci sono state solo altre 33 firme.
Il trattato ha profonde implicazioni politiche e determina la politica estera dei paesi-parte, per cui è comprensibile la prudenza nella sua adesione e ratifica e si possono aspettare ripensamenti a seguito del cambiamento dell'orientamento della politica governativa.
Alcune organizzazioni non governative che hanno contribuito al TPNW si stanno mobilitando per creare un vasto supporto pubblico al trattato e l'adesione di parlamentari nei paesi della NATO, al fine di rafforzare il trattato stesso.
La NATO ha formalmente dichiarato incompatibile l'adesione al TPNW con l'appartenenza all'organizzazione, per cui i suoi membri si potrebbero trovare di fronte a scelte delicate e a una rivoluzione nella propria politica estera. Poiché in Cina e Russia non ci sono analoghe iniziative a mobilitare l'opinione pubblica, la NATO teme un suo indebolimento a fronte dei competitori nucleari.
Il nuovo trattato vuole essere considerato come punto di partenza morale e legale verso uno sforzo a lungo termine per raggiungere il disarmo nucleare, ma è ancora difficile prevedere l'impatto che il TPNW potrà concretamente avere sui temi cruciali per il controllo degli armamenti e il blocco dell'attuale corsa qualitativa alle armi nucleari.
Un primo test sarà la prossima conferenza di revisione dell’NPT, prevista per il prossimo agosto; i lavori preparatori hanno risentito delle ulteriori tensioni e contrapposizioni generate nella comunità internazionale fra sostenitori e oppositori del TPNW e si teme che possano compromettere i lavori della stessa conferenza.