Il presidente del Consiglio del governo portoghese, Antonio Costa
Il Portogallo si avvia alla consultazione elettorale del 26 maggio con l’etichetta mediatica di rappresentare uno degli ultimi esempi virtuosi di sinistra di governo. Da quattro anni, infatti, il premier Antonio Costa guida un governo socialista di minoranza che gode dell’appoggio esterno della sinistra radicale di O Bloco e del Partito Comunista. Costa ha condotto il Paese fuori dalle sacche della Grande Recessione e ha saputo mediare tra gli ultimi desiderata di Bruxelles e le esigenze della popolazione. Di fatto, però, ha beneficiato dei risultati prodotti dagli enormi sacrifici imposti dalla troika e accettati dal precedente governo di centrodestra, non a caso punito alle urne nel 2015.
Il governo attuale gode di buona popolarità, gli indici economici indicano una robusta e duratura ripresa, a cui contribuisce anche un significativo afflusso di persone e capitali stranieri, ivi inclusi il noto fenomeno dei pensionati italiani che spostano la residenza a Lisbona e dintorni e la tradizionale “invasione” di turisti britannici nella zona dell’Algarve.
Il Portogallo si appresta a inviare a Bruxelles 21 eurodeputati, ma la competizione europea rischia di essere offuscata, o perlomeno influenzata, dalla campagna elettorale per le elezioni politiche, previste per l’autunno. Qui i socialisti sono in vantaggio nei sondaggi, ma anche stavolta dovrebbero essere “costretti” a costruire una coalizione alla loro sinistra, probabilmente riproponendo lo schema uscente. Le rilevazioni in vista delle europee fotografano un’identica situazione, con la differenza che, votando con un sistema puramente proporzionale, qui non ci saranno formule di coalizione da individuare. A differenza di quasi tutti gli altri Paesi europei, in Portogallo la questione migratoria non è centrale, sia perché non si tratta di “terra di sbarchi”, sia perché nessuno sembra soffiare sul fuoco della propaganda, enfatizzando situazioni effettivamente marginali. Il paese rimane anche convintamente europeista (almeno secondo i dati dell’Eurobarometro) per cui non sembrano qui potersi applicare i classici temi della dinamica populista. Qualcosa è però cambiato nell’ultima settimana, quando un’improvvisa protesta degli autisti di autobotti dedite al trasporto dei carburanti ha paralizzato il Paese. I sindacati degli autotrasportatori chiedono aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, la trattativa col governo si è interrotta quasi subito e appena tre giorni di sciopero hanno messo in crisi trasporti e popolazione, con scene di panico tra gli automobilisti: file chilometriche alle stazioni di servizio, sconfinamenti in Spagna per fare il pieno, elettricità razionata e pericoloso ricorso alle riserve energetiche per ospedali e altri servizi primari.
Costa ha immediatamente ordinato che siano garantiti i rifornimenti a tutti i servizi essenziali, ma la protesta si è solo parzialmente placata. Il timore dalle parti della maggioranza è la nascita di un movimento del tipo dei “gilet gialli” francesi (d’altronde l’origine della protesta sarebbe la stessa) o comunque lo sfogo congiunto di rabbie represse che potrebbero essere cavalcate dall’opposizione di centro-destra. L’uscita dalla crisi è infatti comunque costata un taglio agli assegni pensionistici e ai salari di medici, infermieri e insegnanti, paradossalmente parte della base elettorale tradizionale dell’attuale compagine di governo.
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Per questo i comunisti di de Sousa e gli alleati di O Bloco tentano di volta in volta di smarcarsi dalle politiche di Costa. Il timore infatti è quello di essere elettoralmente “fagocitati” dai Socialisti che, mediaticamente, incarnano l’intera azione di governo. Volgendo invece lo sguardo ai partiti all’opposizione va ricordato come, lo scorso anno, il partito conservatore del PSD ha portato alla leadership Rio Rico, ex sindaco di Porto, ponendo di fatto fine alla lunga era di Passos Coelho, rimasto alla guida dell’opposizione anche dopo la fine del suo mandato da primo ministro. Rico era già dieci anni fa il principale avversario interno dell’ex premier e fiero critico delle politiche di austerity accettate. La sua nomina ha riportato il partito su posizioni più centriste e di fatto marginalizzato la figura di Passos Coelho, molto divisiva per quasi un decennio. Non è un caso che appena prese le redini del partito, Rico abbia firmato un memorandum di collaborazione con il premier Costa, un piano volto ad avviare una riforma federalista del Paese e collaborare all’agenda dedicata alla destinazione dei fondi strutturali europei. Un atto di fiducia bipartisan fatto nell’interesse nazionale che ha anche contribuito a limitare i possibili eccessi di polarizzazione tra i due grandi partiti.
Più accesa è quindi certamente l’opposizione fatta dal Partito Popolare, ora guidato dalla carismatica Assunção Cristas, che compete con il PSD per i favori dell’elettorato moderato. Cristas ha apertamente criticato Rico per la collaborazione con il governo e ha portato più a destra il suo partito puntando su posizioni apertamente anti-abortiste e proponendo un programma elettorale basato su aiuti alle scuole private e abbassamento per tutti delle tasse.
Ultimo partito che potrebbe trovare rappresentanza nel prossimo parlamento europeo è il Pessoas Animais Natureza (PAN), partito animalista che nel 2015 ha eletto il suo primo deputato a livello nazionale. Si tratta di uno dei partiti animalisti europei meglio strutturati e, proporzionalmente al Paese, tra i più popolari. Non è un partito radicale, come invece lo sono alcuni suoi omologhi d’oltreconfine (l’Animal Welfare Party britannico, per esempio) e assieme alle istanze animaliste porta avanti anche le classiche battaglie ambientaliste e, ideologicamente, si pone nell’alveo della sinistra tradizionale.