SOCIETÀ

Visioni del futuro urbano: la città tra privato, pubblico e sacro

Visioni del futuro urbano: il titolo scelto per definire l'intera serie di conversazioni e approfondimenti dedicati alla città evidenzia la pluralità di sguardi e voci in essa contenute. L'idea nasce dall'incontro tra Il Bo Live e il dipartimento Icea (Ingegneria civile edile e ambientale) dell'ateneo padovano e si pone l'obiettivo di offrire spunti e stimoli di riflessione ampia sul futuro delle nostre città e, quindi, sul nostro futuro nelle città.

Proveremo a lanciare lo sguardo oltre la pandemia per immaginare come e dove vivremo domani, in grandi o in piccoli centri, immersi nella vita frenetica delle metropoli o nella tranquillità di un paese di pochi abitanti. Ci interrogheremo sulla memoria dei luoghi, esploreremo la vita nei borghi, approfondiremo i progetti di riqualificazione delle periferie, dal punto di vista urbanistico, ma anche etico ed ecologico, provando a ripensare (e rifondare) il rapporto delicato e prezioso tra essere umano e ambiente.

Il protagonista del primo episodio, presentato in forma di intervista, è Edoardo Narne, docente di progettazione architettonica del dipartimento Icea. A lui è affidata una riflessione sulla evoluzione della città tra privato, pubblico e sacro - omaggio all'architetto Charles Correa (1930–2015), autore di un saggio dal titolo Il pubblico, il privato e il sacro -, partendo dunque dagli spazi domestici, attraversando quelli del lavoro e, infine, raggiungendo i luoghi della meditazione e della preghiera.

Montaggio: Elisa Speronello

"La pandemia ha messo in crisi le modalità di progettazione - spiega Narne a Il Bo Live - Oggi si parla di ambienti salubri, di spazi da arieggiare. Luoghi un tempo poco considerati, come quelli delle terrazze, delle logge, delle corti, dei patii mediterranei potrebbero diventare gli spazi ideali dove condividere il buon vivere con la propria famiglia [...] Va accelerato l'indirizzo di una nuova progettualità: la casa del futuro guarderà molto a questi spazi esterni, non più solo alle questioni performanti e di ingegneria, legate ai pacchetti murari [...] Il futuro riguarderà gli spazi vuoti, più che gli spazi dei materiali con cui è realizzata la casa".

Sui luoghi del lavoro, riflette: "Già 50 anni fa alcuni modelli erano andati in crisi [...], ma era rimasta un'idea secondo cui gli spazi pubblici dovevano essere collocati dentro edifici monofunzionali: oggi emerge, forte, una richiesta di orientarsi verso attività in smartworking ma senza perdere la dimensione del sociale, senza rinunciare alla possibilità di incontrare persone, anche a un metro e mezzo di distanza, con le dovute precauzioni, e al tempo stesso verso soluzioni che permettano di scindere la dimensione privata da quella pubblica". Dunque, se l'edificio monofunzionale non può essere più proposto, risultano invece interessanti alcune ibridazioni di funzioni, precisa Narne: "La dimensione lavorativa si può sviluppare in alcuni piani, quelli a ridosso della strada e del flusso delle persone, e una residenzialità temporanea può permettere, per esempio alle giovani coppie, di vivere una dimensione di cohousing e coworking, come già avviene nel nord Europa".

Infine, l'attenzione viene rivolta agli spazi del sacro, quelli dove si crea una relazione individuale e collettiva con il trascendente: "Qui la riflessione va oltre la pandemia. Tra il 2050 e il 2060 le città accoglieranno tra il 70 e l'80% della popolazione: non si parlerà più di città medie, ma di grandi agglomerati urbani, soprattutto in Oriente, dove dovranno trovare spazio le varie religioni [...] Io ho penso che nel modello delle città indiane si possa individuare la giusta risposta: in India vi è libera espressione delle religioni anche per la strada".

"E anche in Europa, in questo senso, si farà forte la necessità di portare serenità alla popolazione", cercando di creare condizioni ottimali per favorire l'incontro tra vari etnie e diversi credo. "Nelle periferie italiane vive un gran numero di extracomunitari, persone a cui dobbiamo dare delle risposte, anche in termini di espressione religiosa: io penso che le strade e le piazze possano aiutare a trovare soluzioni, affinché tutti si possano sentire accolti dalla nuova urbanistica. Questo è un tema poco affrontato oggi, in piena pandemia, ma che diventerà presto centrale, per evitare futuri conflitti. L'urbanistica e l'architettura possono favorire la condivisione e l'incontro delle diverse comunità".


Pagine per approfondire: 

L'abitare condiviso - Le residenze collettive dalle origini al co-housing di Edoardo Narne e Simone Sfriso (Marsilio)

Abitare intorno a un vuoto - Le residenze a patio dalle origini al contemporaneo di Edoardo Narne e Angelo Bertolazzi (Marsilio)

L’ineffabile in Charles Correa di Edoardo Narne (LetteraVentidue)

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