SCIENZA E RICERCA

Xylella come “socio-fitopatologia”: gli altri mondi abitati dal batterio

“Science, if it can deliver truth, cannot deliver it at the speed of politics”

La scienza, anche se potesse condurre alla verità, non potrebbe farlo alla velocità della politica”

(Collins and Evans, 2002, The third wave of science studies: Studies of expertise and experience, Soc. Stud. Sci. 32)

 

In una pubblicazione risalente al 2008 si parla di X. fastidiosa come di un batterio che fa del “vivere in due mondi” una delle sue caratteristiche distintive. La metafora dei due mondi è utilizzata dagli autori per descrivere la capacità che ha questo batterio di colonizzare non solo i vasi xilematici delle piante ospiti, ma anche l’apparato boccale dei suoi insetti vettore. L'obiettivo del nostro contributo per la focus issue di Phytopathology Addressing the new global threat of Xylella fastidiosa” era quello di riflettere sugli ‘altri mondiabitati da questo batterio, un batterio che vive e si riproduce non solo nelle piante, ma nelle scelte politiche , nelle giurisdizioni, nelle politiche della ricerca, negli immaginari collettivi. Non solo un problema di carattere scientifico e fitosanitario, ma di fatto un problema di conoscenza.

Il nostro lavoro ha dunque adottato l'approccio sociologico, o meglio della sociologia della scienza, cercando di analizzare la costruzione della conoscenza fitopatologica sul disseccamento degli ulivi in Puglia. A causa dell’importanza identitaria di questa pianta, la diffusione di questa fitopatia si è accompagnata ad accesi dibattiti riguardo l’implementazione delle misure fitosanitarie obbligatorie, il ruolo delle comunità di esperti, le cause scatenanti la patologia, e le traiettorie di ricerca che nell’opinione di alcuni movimenti civico-ambientalisti rimarrebbero ancora da esplorare al fine di ricercare una cura per gli ulivi già colpiti.

Abbiamo cercato di analizzare come la patologia abbia generato diversi approcci riguardanti ciò che abbiamo definito i “problem setting” (che cosa è? Che cosa abbiamo davanti?) e i suoi relativi “problem solving” (come lo risolviamo, cosa proponiamo). Per fare ciò ci siamo serviti di concetti analitici provenienti dai Science and Technology Studies (STS), Studies of Expertise and Experience (SEE), Social Movements Studies (SMS) e Sociologia della conoscenza/ignoranza. Ad ogni produzione di nuova conoscenza corrisponde, in maniera complementare, produzione di nuova ignoranza: si scopre che non si conosceva qualcosa e per indagarla in modo adeguato occorre scegliere in che direzione investire i propri sforzi: occorre operare una distinzione tra cosa si considera degno di essere indagato e cosa no. Il punto è stato quello di riflettere su come i diversi attori e gruppi costruiscono la non-conoscenza (non-knowledge, i known uknowns, ciò che si sa non essere noto e che si vuole conoscere) sulla fitopatia e quali sono, al contrario, le sue relative conoscenze negative (negative knowledge, le conoscenze ritenute inutili e/o dannose). In base a tali presupposti socio-epistemici ci siamo chiesti come e su che basi si forma una politica degli esperti, ossia chi sono gli esperti di disseccamento rapido degli ulivi, ed in base a cosa.

A partire dal 2010, gli ulivi delle aree rurali attorno a Gallipoli (provincia di Lecce) iniziarono a dimostrare i primi sintomi di una fitopatia caratterizzata da disseccamento di foglie e rami ed un generale imbrunimento della chioma. A tale manifestazione di sintomi fu inizialmente dato il nome di “CoDiRO” (Complesso da disseccamento rapido dell’olivo). Analisi di laboratorio rilevarono nelle piante sintomatiche una compresenza di diversi fattori che si pensava potessero esserne insieme la causa. Tra questi fattori vi era il batterio Xylella fastidiosa.

Questo è infatti il primo elemento che ci permette di discernere una particolare costruzione del problema. Infatti, X. fastidiosa, un patogeno da quarantena già noto per essere il responsabile di altre devastanti fitopatie (come la malattia di Pierce della vite in California, e la Clorosi variegata dei citrici in Brasile), a prescindere dalla sua patogenicità sull’olivo pugliese, innesca precisi processi giuridico-politici. Esattamente questi processi porteranno la Puglia ad essere suddivisa in zone delimitate in base a procedure di eradicazione prima e contenimento dopo.

Il disseccamento dunque fu inizialmente descritto come un complesso di cause. Ulteriori e successive indagini di laboratorio e di campo arrivarono a determinare la presenza di un unico fattore eziologico scatenante, ossia la sola presenza di Xylella fastidiosa subsp. pauca (ST 53), un batterio che andando ad occludere i vasi xilematici della pianta ne provoca il particolare fenomeno di disseccamento rapido.

Nel corso degli anni quindi la fitopatia stessa ha mutato il suo significato socialmente percepito: è passata dall’essere considerata un complesso di cause (complesso da disseccamento rapido dell’olivo, CoDiRO), all’essere considerata come un complesso di sintomi (la sindrome da disseccamento rapido dell’olivo, OQDS – Olive quick decline syndrome).

Questo processo di consolidamento del fatto scientifico ha avuto degli importanti risvolti di carattere epistemico e politico. Su un piano epistemico il framing del problema come OQDS ha fatto sì che ci si approcciasse ad esso ricorrendo alla “triade” Batterio-Ospite-Vettore, proponendo quindi come uniche soluzioni (realizzabili) un’azione volta a lavorare sull’interazione tra i tre elementi; in altre parole, agire sulla riduzione della popolazione dell’insetto vettore, e rendere ‘innocuo’ il batterio attraverso l’utilizzo di cultivar resistenti o tolleranti. Su un piano politico (o meglio di politiche dell’expertise) tale framing ha fatto sì che il problema venisse affrontato facendo ricorso a quelle conoscenze fornite dalle comunità di ricerca già in possesso di una certa esperienza pregressa sullo studio di tale triade conoscitiva, ovvero quei ricercatori che già sapevano come approcciare lo studio delle malattie portate da vettori (vector borne diseases’) causate da Xylella (come la malattia di Pierce). Questo tipo di expertise non si basa solo sulla specialità (epidemiologi, virologi, patologi, entomologi), ma anche sul grado di esperienza maturata sul campo, nel lavorare con l’oggetto.

La delimitazione del campo politico-epistemico ad un solo approccio (come problem setting e problem solving) e ad una ristretta cerchia di esperti (experience-based experts) ha avuto un effetto che noi abbiamo definito schismogenico (la genesi di uno scisma) tra due differenti problem setting e problem solving della patologia, due costruzioni differenti della patologia: l’OQDS e il CoDiRO.

Sebbene il CoDiRO come complesso di cause fosse stato escluso da molteplici (e solidi) studi, esso non solo ha continuato ad essere presente, ma si è caricato di significati nuovi, alimentati non solo dall’azione intellettuale e politica dei movimenti, ma anche dagli apporti epistemici provenienti da altre expertise eterodosse.

Il complesso di cause determinanti il disseccamento costruito dai movimenti si è nel tempo arricchito non solo di possibili fattori eziologici biotici e abiotici che potessero essere concausa della malattia, come lo stato microbiologico e microbiotico dei suoli o l’uso di diserbanti, ma persino di complesse causalità ecologiche, politiche, economiche e sociali (a cui talvolta si sono sovrapposte teorie del complotto che però abbiamo lasciato fuori dal nostro studio). Motivo per cui abbiamo definito il fenomeno del disseccamento rapido degli ulivi in Puglia come una socio-fitopatologia.

Il punto su cui si concentra lo scontro non è però solo il problem setting della fitopatia, ma anche il suo problem solving. Come abbiamo detto le uniche medicalizzazioni possibili dell’OQDS passano attraverso una rigorosa politica fitosanitaria e l’utilizzo di cultivar resistenti, poiché per il momento rimane assente una vera e propria cura. Al contrario, per il CoDiRO descritto dai movimenti una cura è possibile, e si materializza nelle linee di ricerca su quelle concause che, nella loro opinione, rimangono ancora inesplorate.

Ed è qui che entra in gioco la cosiddetta “ricerca a 360°” auspicata dai movimenti civico-ambientalisti pugliesi. Questo motto di fatto diviene estremamente significativo al fine di comprendere la loro prassi politico-epistemica. Allargare la “ricerca a 360°” significa in primis estendere il frame conoscitivo sul disseccamento alla ricerca su quelle multi-causalità escluse dal processo di consolidamento dell’oggetto scientifico OQDS; in secondo luogo mira ad allargare la platea di esperti a quei soggetti esclusi dal processo politico di formazione di una classe di esperti. “Ricerca a 360°” diviene quindi la volontà di ricercare una cura per gli olivi già affetti dalla patologia.

In questo senso abbiamo ritenuto che la “ricerca a 360°”, lo studio del CoDiRO come ricerca sulle concause, per quanto (e proprio perché) esclusa dal processo di consolidamento politico-epistemico dello studio della fitopatia, si possa configurare per i movimenti come ciò che negli STS e SMS viene definita undone science, termine che sta a indicare aree di ricerca non finanziate, incomplete, o generalmente ignorate, ma che i movimenti sociali o organizzazioni della società civile considerano degne di ricerca. In tal senso il CoDiRO costituisce per i movimenti una undone science, una non-conoscenza (nonknowledge) se vista dal loro punto di vista, ma una conoscenza negativa (negative knolwledge) se vista dal punto di vista degli esperti (experience based experts), certo non perché intrinsecamente inutile, ma perché già esplorata e per questo esclusa.

Le critiche portate avanti dai movimenti (ma anche dai membri eterodossi della ricerca stessa) si muovono proprio su questi due piani: una critica epistemica a ciò che da loro viene decritto come un ‘riduzionismo’ dell’approccio allo studio dell’OQDS, e una critica politica nei confronti di quel processo di consolidamento della classe di esperti avvenuto negli anni in Puglia.

Utilizzare il concetto di undone science, e con esso i modelli interpretativi che permettono di evidenziare i diversi problem setting e problem solving della fitopatia in termini di rapporto tra non-conoscenza e conoscenza negativa, non significa certo stabilire quali delle due ‘costruzioni’ sia la più fattibile, auspicabile o semplicemente ‘vera’.

L’approccio di un sociologo deve rimanere simmetrico dinanzi all’analisi delle proposte avanzate dai diversi gruppi riguardo diverse ipotesi e proposte, tenendo però presente quelle ‘discriminanti’ che determinano il valore epistemico e politico delle proposte avanzate da ciò che abbiamo definito experience based experts.

È però anche vero che, da ricercatori, non possiamo non riconoscere la veridicità di 9 diversi studi sul nesso di causalità tra il batterio X. fastidiosa e la fitopatia dell’OQDS, o che un olivo asintomatico può essere comunque affetto dal batterio a causa del suo lungo periodo di incubazione, e che l’epidemia c’è ed è reale ed a testimoniarlo è proprio quel 1.8% di alberi positivi al batterio trovati in zona di contenimento, dove idealmente il batterio non dovrebbe proprio esserci.

Ciononostante, crediamo che alcune delle istanze portate avanti dai movimenti in Puglia ci spingano a riflettere sui meccanismi di produzione e uso di conoscenze, in primis la conoscenza scientifica, e i tipi di proposte che possono essere avanzate all’interno di un frame di tipo emergenziale. Proposte che per necessità contingenziali e sicuramente funzionali, finiscono per essere inevitabilmente limitate.

Certo nessun esperto si spingerebbe a dire che, ad esempio, le variabili del suolo siano completamente da escludere, o che uno studio sulle proprietà organolettiche dell’olio prodotto da una pianta resistente sia meno importante della ricerca stessa di effettive fonti di resistenza. Nell’intersezione tra scienza e politiche della ricerca, tra cosa c’è ancora da sapere e cosa già si sa, il tempo a disposizione diviene un elemento cruciale, e talvolta un elemento discriminante, che porta a stabilire delle priorità che possono risultare divisive.

Alcune delle istanze portate avanti dai movimenti ci portano a riflettere anche su quale modello di territorio sia possibile immaginare, in una realtà globale in cui l’idea stessa di piantagione monocolturale rivela le sue contraddizioni dinanzi dall’insorgenza di ‘biologie ferali’ e dinanzi agli evidenti cambiamenti climatici in corso. 

Per questo motivo, da sociologi, riteniamo interessanti, quantomeno su un piano politico, le istanze portate avanti dai movimenti civico-ambientalisti pugliesi. Crediamo che il senso ultimo di quella “ricerca a 360°” si possa materializzare nella volontà di trovare risposte sistemiche a quesiti e complessi e più generali, quali lo stato di trascuratezza in cui versa l'agricoltura pugliese da anni, e che si possa guardare al disseccamento rapido dell’olivo non solo come una patologia vegetale, ma ad una patologia che intacca l’intero substrato culturale e sociale, delle istanze che, se ben indirizzate, possono aiutare a rispondere se non al “che cosa è?”, almeno al “come lo risolviamo?”.

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