CULTURA

Zafon e il perché di un successo

“C’è stato un tempo, da bambino, forse perché ero cresciuto in mezzo a libri e librai, in cui volevo diventare uno scrittore e vivere come il protagonista di un melodramma” confessa la voce narrante, verso l’inizio, del romanzo di esordio nella narrativa per adulti di uno dei bestselleristi spagnoli più noti del nostro tempo.

È L’ombra del vento di Carlos Ruis Zafon, volume uscito nel 2002 in Spagna (per casa editrice Planeta, quella dell’omonimo premio per inediti vinto, tra gli altri, niente meno che dal Premio Nobel Vargas Lllosa) e solo due anni dopo in Italia per Mondadori, primo della tetralogia Il Cimitero dei libri dimenticati che, sull’onda proprio di quel primo titolo che vendette ben 8 milioni di copie, di cui 1,5 nello Stivale, ebbe un grandissimo successo di pubblico.

Quelle poche parole che aprono il capitolo quinto, nel fiume di un romanzo page-turner qual è L’ombra del vento, enucleano brevemente quali sono (alcuni dei) punti di forza della narrativa dello scrittore spagnolo che, purtroppo, ieri ci lascia per un tumore al colon di cui era malato da tempo.

1. “…ero cresciuto in mezzo a libri e librai”: i romanzi di Zafon sono “meta-libri”, la vicenda cioè ruota intorno ad altri testi (qui quello scritto dal personaggio misterioso di Juliàn Carax) e questa caratteristica pare affascinare trasversalmente i lettori. Vengono in mente altri titoli costruiti con un meccanismo simile che sono diventati best seller o in ogni caso hanno venduto bene, da La verità sul caso Harry Quebert di Joël Diker (Bompiani, 2012) a Storia di una ladra di libri di Markus Zusak edito per Frassinelli (trasposto anche per il grande schermo) per non dimenticare il caso editoriale, minore rispetto ai precedenti, ma sempre ragguardevole per un editore che ancora non aveva “scoperto” L’amica geniale di Elena Ferrante, che fu La libreria del buon romanzo di Laurence Cossé (E/O). Il processo per il quale leggendo piaccia trovar narrate storie contenute in altri libri, o più precisamente, peripezie che coinvolgono l’oggetto libro in quanto tale, è tanto affascinante quanto, per alcuni tratti ,insondabile.

2. “… da bambino”: Zafon nasce come scrittore per ragazzi (con i suoi primi tre volumi, noti come La trilogia della nebbia) e in effetti il modo in cui l’autore porta il lettore dentro la storia è estremamente avvincente, come accade per tanta letteratura per giovani lettori. Mistero, avventura, amore sono intrecciati in una trama serrata fatta di colpi di scena e di suspense sostenuti da una lingua diretta che non indugia sulla riflessione ulteriore ma ragiona per fatti.

3. Infine forse la parola chiave: “melodramma”. Che potrebbe anche essere sostituita da feuilleton, o dalla più moderna noir (con i dovuti distinguo): non sarebbe cosa bizzarra immaginarsi le vicende dei suoi romanzi pubblicate a puntate come accadeva in Francia o in Inghilterra con le opere di Balzac, di Dumas, di Dickens ecc., lì dove e quando il romanzo nasceva. Le costruzioni di Zafon, infatti, sono sempre molto articolate, e vedono ruotare attorno ai personaggi principali anche comprimari altrettanto affascinanti, utili tutti a mettere insieme quel puzzle che piano piano si compone e che porta al disvelamento di un mistero, legando il lettore alla storia così come facevano i grandi maestri dell’Ottocento che – per ricordare che la scrittura è anche un mestiere, oltre che un’arte e un talento – avevano bisogno di fidelizzarlo perché l’editore commissionasse loro una puntata ancora.

Nulla di male quindi quando il romanzo, cioè, sazia una fame di “storie” e spinge chi lo prende in mano ad aver voglia di girare le pagine per scoprire come va avanti, e come finisce. Sono spesso romanzi come quelli di Zafon, in cui si crea un’alchimia tra trama, scrittura e ambientazione (nel suo caso una gotica Barcellona) ad ampliare la platea dei lettori, che in Italia consideriamo sempre troppo scarsa. Le opere dello scrittore spagnolo sono invero state tradotte in più di quaranta lingue e probabilmente quindi lette da lettori di ogni schiatta, ottenendo certo quell’effetto divisivo che spesso la letteratura suscita.

Un dettaglio incuriosisce: l’autore non voleva che la sua opera venisse portata sul grande schermo, temendo in qualche misura che i suoi elaborati intrecci perdessero di smalto se tradotti in quel linguaggio, quindi ora non abbiamo che una soluzione per il futuro: non potendoci aspettare nulla di nuovo dalla sua penna, ritornare con gli occhi e la mente su quello che ha già scritto. E, perché no, infilare un suo libro in valigia, ora che le vacanze s’avvicinano.

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