Nei giorni scorsi il museo di Storia naturale di Venezia ha annunciato l’avvio di un progetto di ricerca in collaborazione con l’associazione Faunisti veneti e il Comune di Venezia che intende monitorare la presenza di scoiattoli nell’area urbana di Mestre. Nessun errore: scoiattoli, in città. Basta dunque faticose camminate nei boschi per avvistare questi animaletti che saltano furtivi e veloci di albero in albero, è sufficiente una passeggiata in centro. Con sollievo dei più pigri. Se infatti storicamente lo scoiattolo comune (sciurius vulgaris) era assente dalla pianura veneta, negli ultimi 20 anni si è diffuso in pianura, fino a raggiungere anche le città. E lo scoiattolo è solo uno degli esempi di animali che non ci aspetteremmo certo di incontrare andando a prendere un aperitivo.
A Milano se vi spostate tra la stazione centrale, la torre di San Siro e l’ospedale San Paolo potrebbe capitarvi di incrociare il gheppio, un piccolo rapace diurno presente ormai in modo stabile in quelle aree, che si adatta a nidificare in palazzi ricchi di nicchie e anfratti oltre che sugli alberi. Nelle zone fluviali a nord-est di Milano e in molte altre zone periurbane dell’Italia settentrionale i procioni hanno formato vere e proprie colonie. A Bologna (ma anche a Milano, Firenze e Roma) potreste incontrare il falco pellegrino che nidifica su grattacieli e campanili. Non lontano da Torino, Parma, Forlì, Lucca, Roma, Ascoli e Matera è stato poi avvistato il lupo, specie protetta che occasionalmente può spingersi fino alle periferie delle città seguendo prede come i cinghiali. Ma non è finita. A Roma, se raggiungete Villa Ada o Villa Pamphili, i grandi parchi che confinano con l’aperta campagna, magari all’alba o al tramonto, potreste scorgere popolazioni di volpi che si adattano a mangiare ciò che offre la città, dalla pizza agli hamburger. Ad Ancona il tasso, pur essendo un tipico abitante dei boschi, si aggira con andatura goffa per i parchi e le aree periferiche della città alla ricerca di cibo e il gabbiano reale, che solitamente nidifica in isole remote o promontori rocciosi, a volte alleva i suoi piccoli sui tetti del centro.
Uno scorcio di Villa Ada a Roma
Siamo abituati a pensare ai centri urbani come ad agglomerati di case, palazzi e strade trafficate fortemente antropizzati, in cui gli unici esseri viventi oltre all’uomo sono gli animali domestici come i cani, i gatti o altri animali da appartamento. E in effetti si tratta di una presenza importante se si considera che in Italia gli animali domestici sono circa 60 milioni, l’equivalente della popolazione italiana. Ma non sono i soli. Oltre a questi, infatti, pure gli animali selvatici hanno raggiunto le aree urbane, anche a seguito dell’alterazione dei meccanismi naturali di competizione e predazione. A fornire la prima mappa delle specie selvatiche presenti nelle principali città italiane è il rapporto del Wwf Urban Nature 2017, nato dall’omonima iniziativa che sarà riproposta anche quest’anno a ottobre nelle nostre città.
Contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, la città rappresenta un ecosistema dinamico e presenta una biodiversità inaspettatamente ricca. Le condizioni climatiche sono più favorevoli, con una temperatura superiore di qualche grado rispetto alle zone extraurbane, minore ventosità e umidità. Per molte specie sono ambienti più sicuri delle aree limitrofe dove la caccia è consentita e, oltre all’acqua, il cibo può essere trovato in abbondanza, se si pensa alla quantità di rifiuti prodotti dagli abitanti. Non da ultimo, numerosi ambienti urbani assomigliano agli habitat naturali in cui vivono molti animali selvatici. Si pensi innanzitutto ai giardini, agli orti urbani e soprattutto ai parchi, con prati, arbusti e talvolta veri e propri boschi, ma anche a tetti e terrazzi che ricordano lande solitarie dove i rumori giungono attutiti e possono dare ricovero a barbagianni e civette. Ci sono poi monumenti e ruderi, scelti da animali che in natura vivono in ambienti rupestri, come le lucertole muraiole, il gheppio e, nelle zone a clima più mite come le coste, il geco comune e il geco verrucoso. I fiumi che attraversano le città sono punto di riferimento per gli uccelli migranti e ospitano pesci che dal mare risalgono i corsi d’acqua, come gli storioni. E anche le fogne possono dare riparo ad animali che solitamente vivono in luoghi distanti dalle città. Come nel caso dello scorpione giallo brasiliano (Tityus serrulatus), uno dei più pericolosi, che si è adattato a vivere nella spazzatura e nelle macerie delle aree urbane, spostandosi dall’habitat naturale della savana.
Se da un lato ci sono animali che si allontanano dai loro habitat naturali e si avvicinano alle città, dall’altro ne esistono altri considerati estinti che a distanza di tempo ‘ricompaiono’. È il caso, ad esempio, della cosiddetta rana arlecchino, un piccolo animale delle foreste dell’America centrale. Dopo anni in cui a Panama se ne erano perse le tracce a causa di un fungo che faceva ammalare e morire gli esemplari esistenti, gli anfibi hanno iniziato a ripopolare quelle zone. Gli scienziati, nell’ipotizzare le cause del fenomeno in un articolo apparso su Science, suppongono che l’animale possa essere diventato più resistente al fungo, anche se vanno considerati anche altri aspetti tra cui l’influenza dei cambiamenti climatici in atto (il fungo sopravvive meglio alle basse temperature).
Anche la cosiddetta aragosta di terra (Dryococelus australis), un insetto dell’isola di Lord Howe a circa 600 chilometri dalla costa orientale dell’Australia, era stata dichiarata ufficialmente estinta. Poco tempo fa invece un gruppo di ricercatori ha dimostrato che è sopravvissuta, attraverso il confronto tra il genoma mitocondriale di una popolazione di insetti simili scoperta nel 2001 sull’isola di Ball’s Pyramid con quello di esemplari di Dryococelus australis conservati in molte collezioni museali.