UNIVERSITÀ E SCUOLA

Università e imprese alleate per un nuovo modello di innovazione

“La luce della scienza cerco e 'l beneficio”. La frase partorita dal multiforme ingegno di Leonardo Da Vinci potrebbe essere eletta a motto di un'era, la nostra, in cui l'innovazione è il nuovo mantra delle imprese. Venerdì 18 maggio, all'interno della cornice della Innovation week, in Aula magna al Bo si è fatto il punto in materia di trasferimento tecnologico, punto nodale di quella terza missione che mira a restituire al territorio e alla società la conoscenza prodotta nelle aule e nei laboratori universitari, trasformando la ricchezza impalpabile in bene materiale.

Al convegno è intervenuto Luigi Nicolais, ex ministro dell’innovazione, coordinatore della segreteria tecnica per le politiche della ricerca del Miur, ex presidente del Cnr e presidente di Materias, una start up volta a selezionare e sviluppare idee e tecnologie creative nell'ambito dei materiali avanzati. “Persino la rivista Science ha esortato i ricercatori a lavorare gomito a gomito con le imprese: occorre spostare la barriera della conoscenza ma anche andare sul mercato. Dobbiamo smaterializzare i prodotti e riempirli di conoscenza. Per fare questo dobbiamo avere una filiera corta, dobbiamo mettere insieme coloro che producono la conoscenza e coloro che la utilizzano”.

Luigi Nicolais ha illustrato i 3 pilastri di Horizion Europe (2021-2027), il programma europeo di finanziamenti alla ricerca che sostituisce e rinnova Horizion2020 (2014-2020). “È stato approvato un budget di 100 miliardi di euro (80 quelli del precedente quadro, ndr) e insieme alla mobilità la ricerca è l'unico settore che ha visto un aumento”. Dei tre pilastri, Open Science, Open innovation, e Global challenges and industrial competitiveness, il secondo sarà il punto di riferimento per le innovazioni ad alto potenziale. Lo European Innovation Council in particolare sarà lo strumento che prevede finanziamenti veloci e flessibili e il coinvolgimento di investitori privati; sarà il punto di riferimento per lo sviluppo di tecnologie ad alto impatto (tecnologie breakthrough e market creating) e per le aziende che hanno il potenziale di scalare velocemente il mercato.

“In Italia la ricerca funziona bene, non funziona altrettanto bene il trasferimento, ovvero la trasformazione della ricerca in ricchezza” ha detto Luigi Nicolais. “L'università oggi ha bisogno di un organo snello e veloce per sviluppare le potenzialità di un prodotto, una volta individuate. Serve a ridurre le distanze tra università e mondo industriale. Serve a superare quella che gli americani chiamano la 'valle della morte', ovvero l'ingresso nel mercato, riuscire a trasformare con successo la ricerca in prodotto”.

Occorre spostare la barriera della conoscenza ma anche andare sul mercato Luigi Nicoalis

Nel paradigma dell'open innovation i tradizionali modelli di rinnovamento e di aggiornamento con il mondo che cambia sono superati, così la ricerca dell'innovazione avviene oltre i confini dell'impresa stessa. E proprio a tal fine nasce Unismart (inaugurata a dicembre 2016), un'impresa privata, costola dell'università di Padova, interamente partecipata da quest'ultima. Unismart è un porto amico per le imprese che hanno voglia di investire in ricerca e sviluppo, offre servizi di scouting, consulenze e analisi per capire in che direzione un'azienda può rinnovarsi e quale porzione di mercato andare ad aggredire. Unismart mette a disposizione delle aziende la ricchezza intellettuale e le competenze dell'università: porta la conoscenza sul mercato.

“Nel mio lavoro unisco le stelle” ha spiegato Stefano Carosio, direttore di Unismart, “mediando tra due mondi: parliamo di business agli imprenditori e di scienza ai ricercatori. Facciamo come Google translate, tutti i giorni. Combiniamo due concetti diversi di libertà, quella dell'impresa e quella della ricerca. All'interno dell'università lavoriamo con diversi uffici: quello di ricerca internazionale, l'ufficio di comunicazione, l'associazione Alumni. Aiutiamo il processo di aggregazione, aiutiamo le aziende a fare sistema e a fare rete, individuiamo roadmap e obiettivi. Siamo un'impresa, ma non siamo sul mercato”. Ad oggi la community di Unismart conta 51 collaboratori, che vanno dalla Spagna alla Silicon Valley; l'ultimo, in ordine di arrivo, è il comune di Bassano.

A illustrare questo prezioso lavoro ci hanno pensato direttamente gli imprenditori le cui aziende sono diventate partner di Unismart. “Noi siamo una piccola impresa, che costituisce il tessuto imprenditoriale italiano” ha detto Mauro Longo di Ambiente Ufficio. “Il nostro settore è il comfort acustico, stiamo studiando una bolla acustica immateriale e stiamo facendo ricerca su materiali nuovi e mettendo insieme 5 dipartimenti. La mia azienda non ha competenze tecniche e economiche per raggiungere certi risultati. Abbiamo conosciuto Unismart e cominciato un percorso a febbraio che in pochi mesi sta già dando risultati. Questo strumento è geniale, aiuta le piccole e medie aziende a trasformarsi e a trovar elementi innovativi da inserire nei loro prodotti. Il vantaggio non è solo la conoscenza scientifica, si può anche fare domanda per ottenere finanziamenti europei per la ricerca, avendo come partner l'università”.

Francesco Sinico, di Dab Pumps, rappresenta invece un'azienda più grande. “Produciamo elettropompe, 300 milioni di euro di fatturato, abbiamo ottenuto diversi brevetti, ma facciamo fatica a trovare sinergie per l'innovazione. Con l'università si parte da un business plan, si fa un'analisi e portiamo a casa informazioni. Vediamo cosa è già stato fatto e vediamo cosa possiamo fare di nuovo. Grazie a Unismart collaboriamo a un progetto su nanoparticelle che si applicano a componenti plastici. Entrare nella community serve a questo, ad allargare la filiera”.

Filippo Comunian di Comunian Vini è titolare di una piccola-media impresa, 25 dipendenti, gestita da 3 fratelli, che si occupa di distribuzione di bevande per locali. “Gestiamo la manutenzione di impianti come quelli per la spillatura della birra, soggetti a manutenzione continua. Spesso dobbiamo correre a risolvere il problema a ore strane per noi, ma non per i nostri clienti (sabato e domenica sera). Allora abbiamo chiesto come risolvere questo problema a Confindustria che ci ha indicato Unismart, che ci ha consigliato un sistema di monitoraggio da remoto e un tipo di riparazione predittiva, ovvero sostituire il pezzo prima che si rompa. Vorremmo brevettare questo sistema di monitoraggio, al momento non esiste molto nemmeno a livello europeo. Questo è l'IoT (Internet of Things, ndr), non è il futuro, è il presente”.

Grazie a Unismart collaboriamo a un progetto su nanoparticelle che si applicano a componenti plastici Francesco Sinico

Una collaborazione tra università e imprese che sembra funzionare. “L'università per il nostro settore è diventata sexy” ha dichiarato Enrico Del Sole, in rappresentanza di Confindustria, tra i partner di Unismart, che viene vista come uno strumento essenziale anche per guidare la transizione delle aziende del Nord-est verso l'industria 4.0, definita da Luigi Nicolais non solo un cambiamento tecnologico, ma un nuovo modo di pensare la società e di organizzare il lavoro. “Le imprese venete vedono l'IT (information technology, ndr) come commodity (materia prima, ndr) e non come opportunità per fare leva competitiva” ha aggiunto Enrico Del Sole. “In due anni la necessità di risorse IT raddoppierà e c'è una grande domanda di competenze IT”. Esistono infatti nuove professionalità che fino a 5 anni fa nemmeno esistevano e oggi sono già strategiche, come il data analyst, che l'università può mettere a disposizione delle aziende.

Proprio in questa direzione va il Contamination Lab, menzionato da Fabrizio Dughiero, prorettore al trasferimento tecnologico e ai rapporti con le imprese, che mette a disposizione delle imprese gli studenti migliori che arrivano da diverse aree di ricerca per creare innovazione assieme all'azienda. “Iniziative come le hackathon hanno la doppia funzione di risolvere i problemi alle aziende e far conoscere i nostri giovani alle aziende” ha aggiunto il prof. Dughiero. Con il trasferimento tecnologico promosso dall'università cambia il paradigma di interazione con le imprese: “Non è più l'università che viene visitata, siamo noi che usciamo e andiamo a cercare le aziende”. Figlio della medesima filosofia è lo SMACT – Competence Center, nascituro partenariato pubblico-privato che vede coinvolti, oltre all'ateneo patavino, 9 enti di ricerca pubblici (7 università, INFN e Fondazione Bruno Kessler), e che viene considerato da Enrico Del Sole “strumento strategico per il rapporto tra ricerca e imprese”.

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