SCIENZA E RICERCA

Perché la fiducia potrebbe salvarci

Immaginate di aver commesso un crimine con un complice. La polizia vi becca e vi confina in due celle separate, ma - non essendo in possesso di prove a sufficienza per incastrarvi - vi propone il seguente accordo. Se entrambi confesserete vi verrà data una pena di sei mesi; nel caso in cui entrambi neghiate la pena sarà per entrambi di solo tre mesi di reclusione, poiché le prove non sono altro che indizi; mentre se uno confessa e l’altro nega, allora la pena verrà ridotta ad un solo mese per chi ha ammesso la propria responsabilità e sarà estesa ad un anno per chi non l'ha fatto. Voi come vi comportereste?

La miglior scelta razionale sarebbe indubbiamente quella di tacere, dato che solo in questo modo scontereste il minor tempo in prigione, ovvero tre mesi. Però tacendo correte il rischio che l'altro invece parli e, tradendovi, vi faccia rinchiudere per il maggior tempo. Come potete essere certi del fatto che il vostro complice non vi tradirà, dato che non potete comunicare? Il prezzo in palio è decisamente alto e i dubbi vi attanagliano. Senza un accordo, la paura vi porterà così a confessare, sperando che l'altro neghi e vi permetta di ridurre drasticamente la vostra pena ad un mese. Questi stessi ragionamenti potrebbe farli però anche il vostro complice, che arriverebbe così alla vostra stessa conclusione, ovvero che tacere e permettervi di incastrarlo è un rischio troppo grosso da assumersi. E così vi ritroverete entrambi rinchiusi in prigione per il doppio del tempo rispetto alla pena che vi sarebbe stata inflitta se aveste intrapreso la scelta razionale di collaborare. Capite quindi come tutto questo sia viziato dalla mancanza di fiducia.

Questo classico esperimento di teoria dei giochi, noto col nome di Dilemma del Prigioniero, fu inventato dal matematico statunitense Albert Tucker e presentato per la prima volta all'Università di Stanford nel 1950. Ci viene richiesto di decidere tra screditare l'altro per vantaggio personale o cooperare, quando sappiamo bene tutti come la nostra civiltà si basi sulla collaborazione. Ciononostante, generalmente si tende in primis a pensare al nostro rendiconto personale. Ecco quindi come, in assenza di comunicazione, la fiducia decade e le persone tendono a prendere decisioni che sono buone solo per se stesse (a breve termine) ma non per la squadra (sul lungo termine). Questo dilemma è tutt'ora estremamente attuale e può essere usato per comprendere molte situazioni del mondo reale che si basano sulla fiducia.

Ad esempio, se ci fossero solo due case automobilistiche nel mondo, il prezzo a cui una mette in vendita le proprie macchine avrà una ripercussione diretta sul prezzo a cui l'altra le venderà. Se una scegliesse di venderle a un prezzo più alto rispetto alla concorrenza, finirebbe per vendere meno auto. Mentre se decidesse di venderle a un prezzo inferiore, si aggiudicherebbe anche i clienti del concorrente, perciò venderebbe più auto ma con un margine di profitto inferiore. Certamente, anche l'altra casa automobilistica ragionerà allo stesso modo, con il risultato finale che entrambe otterranno scarsi profitti. Proprio come l'interesse personale spinge i prigionieri del dilemma all'atto controproducente di confessare, anche qui questo potrebbe rendere difficile per i due concorrenti il mantenere un risultato cooperativo. Questo dilemma, evidenziando il motivo per cui due soggetti potrebbero non cooperare anche quando è nell'interesse collettivo, rimanda al fenomeno del doping illegale nello sport o all'inarrestabile corsa agli armamenti che contrappose Usa e Urss. In quest'ultimo caso, sebbene la strategia migliore fosse evidentemente quella di limitare l'arsenale per scongiurare il pericolo di una grande guerra, fu proprio la mancanza di fiducia a spingere i due blocchi ad accumulare più armi possibili. A pensarci bene, questa è la medesima logica che sta alla base del possesso di armi: gli individui possono scegliere se portare una pistola o meno, la ricerca mostra come le società siano più sicure quando nessuno possiede armi, tuttavia, le persone temono che qualcun altro abbia un'arma. In tal caso, ciò li metterebbe in una posizione di svantaggio, spingendoli a portare con sé una pistola. Vedete come in ognuno di questi casi qualcuno agisce nel proprio interesse perché crede che anche gli altri lo faranno.

In pratica, il dilemma del prigioniero dimostra come, quando gli individui perseguono solo il proprio interesse personale in un ambiente in cui il guadagno ad ogni scelta dipende anche dalle decisioni prese dagli altri, il risultato sarà peggiore rispetto a quello che avrebbero ottenuto nel caso in cui avessero cooperato. In un'epoca in cui le nostre vite sono in gioco e caratterizzata come non mai dall'interdipendenza, è chiaro come questo dilemma possa insegnarci l'importanza di una vera collaborazione, sia nell'emissione di linee guida nazionali che nelle nostre azioni personali. Ad esempio, se indossare una mascherina riduce la quantità di goccioline nell'aria che si diffondono direttamente su una persona o che contaminano le superfici, il fatto di non indossarla mentre gli altri prendono questa precauzione avrà un impatto negativo sul loro risultato. Allo stesso modo, i paesi ricchi lasciando indietro quelli poveri nell'accesso ai vaccini non stanno adottando la soluzione migliore, aggravando di fatto le disuguaglianze fra questi. Come scrive il professore di Stanford Matthew Jackson: "Proprio come non puoi curare un'infestazione da termiti fumigando solo una stanza in una casa, non si può controllare la pandemia del Coronavirus indirizzando gli interventi a una regione o un paese specifico". Se a breve termine l'accumulo di vaccini può sembrare una vittoria per un paese, questo è certamente una perdita per gli altri. Questo anche in virtù del fatto che la pandemia non finirà sino a quando i vaccini non verranno forniti a tutti, dato che in questo caso è vero quanto retorico che nessuno sarà al sicuro fino a quando non lo saremo tutti. La teoria dei giochi suggerisce che spostare la mentalità verso un gioco cooperativo è fondamentale per porre fine a questa pandemia, dato che la scelta razionale per i singoli paesi non porta necessariamente ai migliori risultati per il mondo intero. Se tutti i paesi cooperano, il mondo può ottenere il risultato ottimale di sconfiggere la pandemia in modo rapido e deciso. Se non collaborano, il Covid si trascinerà e ci saranno inevitabilmente molti più decessi.

Siamo insomma di fronte all'eterno dilemma etico fra Callicle, che sosteneva la legge del più forte, e Socrate, secondo il quale la giustizia richiede cooperazione e una visione che comprenda sia i forti che i deboli. Nel nostro contesto pandemico, Callicle si chiederebbe: perché i politici dei paesi ricchi non dovrebbero acquistare i vaccini e dare prima l'immunità di gregge ai propri elettori? Mentre per Socrate il mondo starebbe meglio se li condividessimo, in quanto la mia sopravvivenza è interconnessa alla tua salute. E la scienza è dalla parte di Socrate.

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