SOCIETÀ

Aumentano i rischi climatici in Europa

Il 2023 è stato l’anno più caldo degli ultimi 10.000: tra febbraio 2023 e gennaio 2024, la temperatura media globale si è attestata a 1,48°C sopra i livelli dell’epoca preindustriale. Ma questa media globale nasconde significative differenze regionali: l’Europa è il continente che si sta riscaldando più velocemente al mondo. Dagli anni ’80 ad oggi, nel continente europeo le temperature sono aumentate di circa il doppio rispetto alla media globale. Negli ultimi anni, inoltre, sul suolo europeo si è registrato il superamento di diversi record: ondate di calore, alluvioni e prolungati periodi di siccità sono solo alcuni dei rischi climatici che l’Europa si troverà ad affrontare, con sempre maggiore frequenza, con l’avanzare del cambiamento climatico.

L’Agenzia ambientale europea (European Environment Agency, EEA) si è occupata di valutare in maniera approfondita i diversi rischi climatici a cui il territorio e la società europea sono esposti e ha raccolto le proprie valutazione in un nuovo rapporto intitolato “European climate risk assessment”. I più ampi rischi climatici analizzati nel rapporto sono 36, raggruppati in cinque aree d’intervento: ecosistemi, cibo, salute, infrastrutture, economia e finanza.

È essenziale tenere a mente che ognuno di questi 36 rischi, preso da solo, «è in grado di causare un significativo degrado ambientale, danni economici, emergenze sociali e tumulti politici; i loro effetti combinati hanno impatti ancora più potenti». Inoltre, sottolineano gli autori del rapporto, pressoché tutti i fattori di rischio presi in considerazione possono raggiungere livelli critici o addirittura catastrofici già entro la fine di questo secolo. È per questo che interventi politici mirati non solo a rallentare l’avanzata del cambiamento climatico (mitigazione) ma anche ad alleviarne gli effetti sugli ecosistemi e le persone (adattamento) sono essenziali e sempre più urgenti.

Alla luce di tale contesto, gli autori del rapporto hanno identificato, per ognuno dei rischi catalogati, un livello di intervento su una scala di cinque possibili risposte: più della metà dei rischi richiedono “più azioni adesso”, mentre per otto di questi la necessità d’intervento è stata classificata come “particolarmente urgente”. Questi rischi sono distribuiti in tutte le cinque aree d’intervento, suggerendo che «tutte le iniziative politiche devono impegnarsi di più in termini di ambizione, portata e implementazione».

Inoltre, bisogna considerare che il cambiamento climatico è un “moltiplicatore di rischi”: i rischi direttamente causati dall’alterazione del clima, infatti, interagiscono costantemente – e in modo non lineare – con i rischi non direttamente causati da fattori climatici (come l’inquinamento, la frammentazione degli ecosistemi, pratiche agricole e industriali insostenibili, modelli sbagliati di uso dell’acqua e del suolo e diseguaglianze sociali).

Un ulteriore livello di complessità è dato dalle differenze geografiche, sociali ed economiche presenti nel territorio europeo, che determinano il modo in cui diverse zone e diverse società sapranno rispondere agli stessi rischi. Ad esempio, l’Europa meridionale, le aree costiere con più bassa altitudine e le regioni ultraperiferiche dell’Unione possono essere considerate hotspot per i rischi climatici. In particolare, il Sud Europa soffre gli impatti crescenti delle ondate di calore e della siccità sulla produttività agricola, sulle attività lavorative all’aperto, sul turismo estivo, sull’incidenza degli incendi. Le aree costiere sono esposte a fenomeni alluvionali, all’erosione e alla risalita del cuneo salino, tutti rischi rapidamente aggravati dall’aumento del livello dei mari. Le regioni ultraperiferiche dell’UE (Guiana francese, Martinica, la Guadalupa, Saint Martin, La Réunion, Mayotte, le isole Canarie, Madeira e le isole Azzorre) sono più esposte ai rischi climatici soprattutto a causa delle loro posizioni remote, della debolezza infrastrutturale e della vulnerabilità economica.

Ecosistemi

Gli autori del rapporto mettono in luce che «il cambiamento climatico è una delle principali cause della perdita di biodiversità e di degradazione degli ecosistemi in Europa». In questa categoria d’intervento, ben tre dei dieci rischi climatici analizzati sono stati classificati nella categoria della “necessità di azione urgente”. Gli ecosistemi senz’altro più colpiti sono quelli marini e costieri, sottoposti al fuoco incrociato di innalzamento del livello dei mari, riscaldamento delle acque, alta densità di pesca, inquinamento agricolo e industriale. Anche le foreste europee sono a rischio: a causa degli effetti congiunti del cambiamento climatico e della deforestazione, la loro capacità di sequestro di carbonio è diminuita in maniera costante negli ultimi dieci anni, trasformando in alcuni casi le foreste in fonti di emissione di anidride carbonica, con conseguenze anche sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.

Per far fronte a questi rischi e minimizzarne le conseguenze, le politiche di preservazione e ripristino degli ecosistemi dovrebbero essere rafforzate sia dalle istituzioni dell’Unione che dagli Stati membri. Bisognerebbe aumentare i progetti di afforestazione e protezione delle foreste esistenti, poiché questi ecosistemi forniscono un grande contributo nel mitigare il cambiamento climatico. Gli Stati membri – suggeriscono i ricercatori dell’EEA – dovrebbero implementare la Nature Restoration Law (ancora non approvata dal Parlamento europeo) per massimizzare la protezione e il ripristino degli ecosistemi. Inoltre, la riduzione delle fonti di inquinamento agricolo e industriale dovrebbe essere una priorità in tutta l’Unione.

Cibo

Tra i rischi cui è esposto il sistema alimentare, il più pressante riguarda senz’altro la riduzione della produttività agricola: la gravità di questo rischio è già a un livello “critico” in Europa meridionale, e in assenza di politiche di mitigazione del cambiamento climatico la situazione non potrà che peggiorare. I periodi di siccità, il caldo estremo e le precipitazioni di grande intensità rappresentano rischi concreti per l’agricoltura, come abbiamo già avuto modo di constatare in questi anni. Tra gli effetti a cascata di questo rischio vi sono le conseguenze sociali ed economiche di una ridotta produttività agricola, come l’aumento dell’insicurezza alimentare tra le persone più vulnerabili. Bisogna inoltre considerare il fatto che l’approvvigionamento alimentare europeo non dipende solo dalla produttività interna all’Unione, ma fa in larga misura affidamento sull’importazione da altre regioni del pianeta: per questo, i rischi posti dal cambiamento climatico alla produzione alimentare, agli ecosistemi e alle catene di approvvigionamento al di fuori dell’area europea hanno impatti diretti anche all’interno dell’Unione.

Gli ambiti in cui è necessario un impegno politico per affrontare i rischi climatici legati alla produzione alimentare sono diversi. Innanzitutto, è importante attrezzarsi per affrontare i periodi di siccità, anche riducendo l’utilizzo dell’acqua e migliorandone l’allocazione come risorsa. In tal senso, lo sviluppo di pratiche agricole sostenibili e trasformative è essenziale non solo per garantire la sicurezza alimentare, ma anche per supportare la resilienza degli ecosistemi. È importante incorporare i rischi climatici nelle politiche europee rilevanti per questo settore, come la PAC (Politica agricola comune). Infine, bisogna puntare non solo sul settore della produzione, ma anche su quello del consumo: incentivare cambiamenti nelle abitudini alimentari dei cittadini (in particolare, l’adozione di diete almeno parzialmente d’origine vegetale e la riduzione del consumo dei prodotti di origine animale) è importante per ridurre il consumo di acqua dolce e la dipendenza da mangimi importati da paesi extra-europei. Tutte queste misure devono essere messe in atto cercando di non trascurare interventi che garantiscano la giustizia sociale, per non lasciare indietro le fasce di popolazione più vulnerabili e svantaggiate.

Salute

Che esista un legame diretto tra cambiamento climatico e salute è noto. Per quanto riguarda l’Europa, la maggiore preoccupazione per la salute pubblica è rappresentata dalle ondate di calore, sempre più ravvicinate e prolungate, che negli ultimi anni hanno mietuto molte vittime soprattutto tra i gruppi più vulnerabili (anziani e bambini in primis). Solo nell’estate 2022, ricordano i ricercatori, sono state attribuite alle temperature eccessivamente alte tra le 60 e le 70.000 morti in Europa.

Anche gli incendi, resi più frequenti e più difficili da domare a causa dell’interazione tra alte temperature e minori precipitazioni, mettono a rischio la salute umana: non solo le potenziali ustioni, ma anche i fumi rappresentano un grave fattore di rischio. È dunque necessario mettere in campo azioni per ridurre l’incidenza degli incendi, che colpiscono soprattutto l’Europa del Sud.

Infine, un altro effetto collaterale del cambiamento climatico, che sta facendo virare il continente europeo verso un clima tropicale, è la crescente diffusione di malattie diffuse da vettori: è il caso di patogeni come il virus West-Nile, la dengue e la chikungunya, trasmesse da diverse specie di zanzara e sempre più diffuse in Europa meridionale. Anche l’incidenza delle malattie trasmesse dalle zecche sta aumentando, seguendo una traiettoria geografica compatibile con il fatto che le zecche, beneficiando di un clima più temperato, si stanno spostando verso nord.

Ancor più che negli altri settori di rischio, nel campo della salute pubblica è essenziale tenere in considerazione le differenze socio-economiche che incidono sull’esposizione di singoli e gruppi ai rischi climatici. Come sottolinea l’Agenzia ambientale europea, infatti, «i rischi climatici per la salute sono più pesanti per le popolazioni vulnerabili» come bambini, anziani, persone con disabilità, immunodepresse o con comorbidità, «e la capacità dei sistemi sanitari di proteggerle potrebbe essere compromesso in un contesto di cambiamento del clima».

Di conseguenza, il suggerimento diretto ai decisori politici è di incorporare la tutela della salute, soprattutto per le persone svantaggiate, «in tutte le politiche rilevanti e nelle misure di adattamento al cambiamento climatico».

Infrastrutture

Anche le infrastrutture e le aree abitate rischiano di subire profondi impatti per via delle conseguenze del cambiamento del clima. Uno dei rischi più pressanti, e già in atto, in Europa proviene dall’aumento della frequenza e della severità delle alluvioni, che mettono a rischio soprattutto le zone costiere marine e fluviali. Ovviamente, anche l’innalzamento del livello dei mari e l’aumento dell’incidenza di tempeste e cicloni contribuiscono all’incremento del rischio in tal senso.

Il sistema dei trasporti e le infrastrutture energetiche sono esposti a diversi rischi e, dato il livello di interconnessione a livello continentale, la probabilità che si verifichino effetti a cascata è alta. Tuttavia, questa eventualità è ancora poco indagata: per comprendere quali sono le maggiori vulnerabilità e individuare le priorità d’intervento, è necessario condurre analisi più approfondite sui punti di debolezza delle infrastrutture esistenti e sulle strategie più adatte per proteggerle e adattarle alle nuove condizioni ambientali, aumentandone la resilienza a potenziali shock.

Economia

In questo settore, i rischi classificati come più pressanti riguardano i meccanismi di solidarietà europea, messi a dura prova dalle sfide poste dalla crisi ambientale, il sistema finanziario e fiscale pubblico e il mercato delle proprietà e delle assicurazioni. L’intervento delle istituzioni comunitarie è centrale in questi ambiti: sarà necessario incentivare, con meccanismi ad hoc, il processo di adattamento delle aziende – anche mediato da nature-based solutions – che, oggi, è ancora molto limitato; bisognerà rafforzare la resilienza delle finanze pubbliche degli Stati membri, così da renderle capaci di far fronte a eventi imprevisti, attraverso sistemi finanziari e assicurativi; inoltre, sarà fondamentale facilitare l’accesso a prodotti assicurativi per gli eventi estremi tanto per i privati quanto per le imprese.

Un approccio sistemico

In generale, quel che è richiesto oggi all’Europa, per affrontare con adeguata preparazione l’incertezza del prossimo futuro, è un approccio sistemico nella pianificazione delle misure per l’adattamento e la resilienza a livello comunitario e statale. È evidente, affermano i ricercatori, che «gli effetti del cambiamento climatico possono essere esacerbati dagli effetti congiunti di diversi fattori climatici e dall’interazione tra rischi climatici e di altra natura». Dunque, «è necessario un approccio olistico e integrato per assicurare che le politiche attuate siano coerenti» e che si raggiunga un adeguato livello di adattamento. In particolare, da questa analisi emerge che «interventi politici legati agli ecosistemi, all’agricoltura e alla salute hanno un elevato potenziale di adattamento in diversi settori».

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